Cibo, l’invasione degli ultra-processati: di Adriano Cattaneo

Nonostante si siano accumulate negli ultimi 15 anni, e con andamento esponenziale, prove su un’associazione tra dieta a base di Cibi Ultra Processati (CUP) e danni per la salute, la quota di questi cibi nella dieta del cittadino medio mostra un trend in continuo aumento. Vi sono paesi, come gli USA e la Gran Bretagna, dove la percentuale di CUP nella dieta del cittadino medio si avvicina al 60%. In altri, per esempio in Germania, Australia e Svezia, siamo attorno al 40%.


“Don’t look up” è un film del 2021, diretto da Adam McKay, lo stesso regista di La grande scommessa (The big short, 2015), sulla crisi finanziaria del 2007/08, e di Vice – l’uomo nell’ombra (2018), su come Dick Cheney da oscuro burocrate sia diventato vice-presidente degli USA. In Don’t look up, due astronomi scoprono che una gigantesca cometa è in rotta di collisione con la terra e potrebbe distruggerla, con la conseguente estinzione degli umani, come successe milioni di anni fa con i dinosauri. I due si rivolgono alla stampa e alla televisione per lanciare l’allerta e suggerire delle contromisure, ma il loro allarme scatena scienziati, negazionisti, rivoluzionari e filo-governativi in un enorme carosello di stupidità collettiva, con al vertice una presidentessa degli USA che, mentre lancia la parola d’ordine di non guardare in alto (don’t look up, appunto), prepara la fuga verso un altro pianeta assieme al suo cerchio ristretto di amici e collaboratori. Peccato che, all’arrivo su quel pianeta, il gruppo sia divorato dagli esseri mostruosi che lo abitano. La terra sarà invece colpita e distrutta dalla cometa, che causerà la morte di cattivi e buoni, compresi i due astronomi. Un film che consiglio a chi non l’ha visto di vedere perché mostra cosa succederebbe se a dominarci fosse la cosiddetta post-verità.

Un film che serve ad illustrare, seppure in maniera esagerata, cosa potrebbe succedere se la terra fosse invasa dai cibi ultra-processati (CUP). Questi ultimi sono al centro dell’attenzione di molti ricercatori sin da quando, nel 2009, un gruppo di accademici dell’università di San Paolo, Brasile, ha proposto la classificazione Nova:[1]

  • Cibi non processati o minimamente processati, senza aggiunta di altri ingredienti: carne, pesce, uova, latte, frutta, verdure, legumi, semi, acqua, etc.
  • Cibi del primo gruppo trattati per essere usati come ingredienti di ricette di vario tipo: oli vegetali, burro, lardo, zuccheri, miele, sale, etc.
  • Cibi del primo gruppo combinati in ricette con cibi del secondo, con un limitato numero di ingredienti: pane, pasta, formaggi, salumi, vegetali, carni e pesci in scatola, passate, etc.
  • Cibi ultra-processati (CUP): alimenti e bevande industriali con moltissimi ingredienti, spesso con eccesso di zuccheri, sali, grassi e additivi vari, e sottoposti a vari trattamenti fisici e/o chimici: formula infantile, bevande zuccherate, prodotti da forno preconfezionati, creme spalmabili, piatti preconfezionati, hamburger, hot dogs e patatine fritte, etc.

Un’enorme mole di ricerche è ormai stata pubblicata sull’associazione tra l’ingestione di CUP, o meglio, il progressivo aumento della proporzione di CUP nella dieta, e vari tipi di danni alla salute. Una recente revisione sistematica della letteratura ha identificato questa associazione per ben 32 condizioni patologiche, da vari tipi di cancro ai problemi di salute mentale, dalle malattie dell’apparato respiratorio a quelle degli apparati cardiovascolare e gastrointestinale, fino all’obesità con tutte le sue conseguenze, oltre che alla mortalità per tutte queste cause.[2] In uno studio di coorte condotto in Molise su oltre 22mila persone seguite per oltre 8 anni, gli individui con un’alta percentuale di CUP nella dieta (>14.6%), in comparazione con quelli a bassa percentuale (<6.6%), hanno avuto un aumento del 58% della mortalità per eventi cardiovascolari e del 26% di quella per tutte le cause.[3] Inoltre, ci sono forti indizi che i CUP possano creare dipendenza, con gli stessi meccanismi di sostanze classificate come droghe, a cominciare dallo zucchero e dall’alcol.[4]

La maggioranza dei ricercatori e degli esperti di salute pubblica ritengono che le prove scientifiche su un’associazione di tipo causale tra assunzione di CUP e danni alla salute siano solide. Una minoranza, e si tratta quasi sempre di autori con forti conflitti di interessi, esprime dubbi. Una delle obiezioni più frequenti è che la maggior parte delle ricerche sono di tipo osservazionale. Vero, ma se alle stesse applichiamo i criteri di causalità elencati da Bradford Hill nel 1965, l’obiezione si indebolisce assai.[5] In particolare, un’analisi di 37 studi di coorte, dopo aver aggiustato per tenore di grassi, zuccheri e sodio nelle diverse diete, salutari o malsane che fossero, mostra che queste hanno un impatto minimo sull’associazione tra CUP e danni alla salute; i risultati sembrano indicare con forza che vi siano altri aspetti dei CUP implicati nell’associazione.[6] L’analisi mostra inoltre come vi sia molta congruenza tra gli studi, uno dei criteri indicati da Bradford Hill a favore della causalità.

Se non bastasse, a conferma del ruolo dell’ultra-processamento dei cibi viene in aiuto un trial randomizzato pubblicato nel 2019.[7] In un laboratorio per lo studio del metabolismo presso il National Institute of Health di Bethesda (USA), 10 femmine e 10 maschi adulti (età media 31 anni, BMI medio 27 kg/m2) sono state/i internate/i per 28 giorni e randomizzate/i a una dieta a base di CUP (gruppo di intervento) e senza CUP (gruppo di controllo). Le due diete erano ben bilanciate in termini di calorie totali, fibre, macro- e micro-nutrienti. Da notare che la dieta CUP aveva un costo di circa 100 dollari a settimana, mentre quella non-CUP ne costava 150. Dopo 14 giorni dall’inizio dell’esperimento, i due gruppi sono stati invertiti. I soggetti dello studio ricevevano tre vassoi abbondanti di cibo a diverse ore del giorno ed erano istruiti di mangiare a volontà fino a sentirsi sazi. Essendo internati in un laboratorio, non avevano accesso ad altri cibi e per tutta la durata del trial sono stati sottoposti ad ogni tipo di misurazione possibile e immaginabile. I risultati (Figura 1) mostrano che i soggetti del gruppo di intervento, rispetto a quelli del gruppo di controllo, assumevano in media circa 500 kilocalorie in più al giorno e sono pertanto aumentati di peso: quasi un kg in due settimane, mentre i soggetti del gruppo di controllo perdevano quasi un kg. Secondo gli autori, l’associazione tra assunzione di CUP e aumento del consumo di calorie e del peso è di tipo causale e sembra essere spiegata dal fatto che i CUP sono molto più gustosi dei cibi non-CUP, grazie alla presenza di esaltatori del sapore tra i numerosi ingredienti industriali (una delle caratteristiche che creano dipendenza?), oltre che dalla loro maggiore densità energetica.

Figura 1.

Nonostante si siano accumulate negli ultimi 15 anni, e con andamento esponenziale, prove su un’associazione tra dieta a base di CUP e danni per la salute, la quota di questi cibi nella dieta del cittadino medio mostra un trend in continuo aumento.[8] Vi sono paesi, come gli USA e la Gran Bretagna, dove la percentuale di CUP nella dieta del cittadino medio si avvicina al 60%. In altri, per esempio in Germania, Australia e Svezia, siamo attorno al 40%. Negli USA, tra il 1999 e il 2018, la percentuale di bambini e giovani tra 2 e 19 anni con una dieta a base di CUP è passata dal 61% al 67%.[9] L’aumento, pur a bassi livelli, si osserva anche in paesi con una forte tradizione culinaria, ma in rapida transizione verso uno stile di vita “occidentale”. In Cina, per esempio, tra il 2002 e il 2022, la percentuale di adulti con CUP nella dieta è passata da meno dell’1% a oltre l’8%, con gli aumenti maggiori osservati tra i giovani studenti delle grandi città (fino al 17%).[10] L’Italia non fa eccezione, anche se la sua percentuale è ancora tra le più basse in Europa, attorno al 17% negli adulti, ma purtroppo già al 26% nei bambini tra 5 e 19 anni di età.[11] Inutile aggiungere che a livello globale, in tutti i continenti, le vendite di CUP vanno a gonfie vele e sono in continuo aumento, per la gioia di Big Food e di Big Drink.[12]

Ma come fanno Big Food e Big Drink a invadere il mercato, a vendere sempre di più e a sostituire gli altri alimenti? Usano le stesse strategie sviluppate decine e decine di anni fa da Big Tobacco, la madre di tutti i determinanti commerciali di salute.[13] Fanno pressione su governi, ministeri, parti sociali, agenzie per la formulazione di raccomandazioni, associazioni professionali e operatori di ogni tipo mediante: inquinamento delle prove scientifiche, tattiche di distrazione di massa, creazione di enormi conflitti di interessi, infiltrazione a tutti i livelli della comunità scientifica e della società civile, ostacoli e freni a leggi e regolamenti, minacce di ritorsioni soprattutto negli investimenti e sulla forza lavoro. Se a questo si aggiunge la pressione del marketing e dell’onnipresente pubblicità, sempre meno convenzionale e sempre più digitale, non è difficile spiegare lo stato delle cose. Nonostante le proteste e le denunce, oltre che di migliaia di ricercatori, dell’inventore della classificazione Nova (Carlos Monteiro) e di autori di best sellers come Marion Nestle[14] e Chris van Tulleken,[15] l’invasione della terra da parte dei CUP sembra inarrestabile anche in paesi con grandi tradizioni alimentari, come l’Italia (che fine ha fatto la dieta mediterranea?). Anche il contesto gioca la sua parte e sembra essere sempre più favorevole ai CUP. Non c’è più chi si occupa di cucinare, e chi lo fa non vi dedica più di 30 minuti. Come mostra anche il trial randomizzato descritto sopra, i CUP sono economicamente più convenienti dei non-CUP, ragione per cui sono consumati soprattutto dagli strati più poveri della popolazione, non a caso i più colpiti dall’epidemia di obesità. La rete di distribuzione dei CUP è capillare; ormai si trovano anche nei più sperduti villaggi dei paesi più impoveriti.

Che fare? Se prove scientifiche, appelli di ricercatori, politiche alimentari, linee guida e raccomandazioni sembrano inefficaci, bisogna pensare ad altri interventi (c’è chi dice che i CUP dovrebbero essere trattati alla stregua del tabacco). Bisognerebbe:

  • Controllare il marketing, fino a vietarlo e a spegnerlo del tutto, cominciando da quello rivolto ai bambini (approfitto per ricordare che il primo CUP con cui un essere umano può entrare in contatto è la formula infantile quando sostituisce il latte materno).
  • Apporre ben in vista sulle confezioni dei CUP dei segnali di allerta e di pericolo (come quelli dei pacchetti di sigarette). Quelli che sembrano avere il maggiore effetto sono degli ottagoni neri con la scritta “eccesso di”, usati da anni in Cile e in altri paesi latinoamericani.[16]
  • Divieto di vendita e di consumo di CUP in luoghi pubblici (scuole, ospedali, centri sanitari, etc.) e nei dintorni. Medici e operatori sanitari dovrebbero servire da modello di buone (e sostenibili) abitudini alimentari.
  • Tasse pesanti (non bastano pochi centesimi a confezione) sui CUP e uso del ricavato per sussidiare cibi sani e programmi di sanità pubblica. L’efficacia della sugar tax su cibi e bevande con eccesso di zucchero è dimostrata, e la si dovrebbe applicare immediatamente.[17]
  • Piu recentemente, qualcuno ha proposto di commercializzare dei cosiddetti cibi sani intermedi (meal kits), da cucinare, ma in meno tempo, e con costi abbordabili, nella speranza che facciano la dovuta concorrenza ai CUP.[18]

Per concludere, forse la cometa CUP non è destinata a estinguere l’umanità. In ogni caso, meglio essere prudenti e guardare in su (look up).

Adriano Cattaneo, epidemiologo, Trieste


Riferimenti

[1] Monteiro CA. The issue is not food, nor nutrients, so much as processing. Public Health Nutr 2009;12:729-31

[2] Lane MM et al. Ultra-processed food exposure and adverse health outcomes: umbrella review of epidemiological meta-analyses. BMJ 2024;384:e077310

[3] Bonaccio M et al. Ultra-processed food consumption is associated with increased risk of all-cause and cardiovascular mortality in the Moli-sani Study. Am J Clin Nutr 2021;113:446-55

[4] Gearhardt AN, Schulte EM. Is food addictive? A review of the science. Annu Rev Nutr 2021;41:387-410

[5] Bradford Hill A. The Environment and Disease: Association or Causation? Proc R Soc Med 1965;58:295-300

[6] Dicken SJ, Batterham RL. The role of diet quality in mediating the association between ultra-processed food intake, obesity and health-related outcomes: a review of prospective cohort studies. Nutrients 2022;14:23

[7] Hall KD et al. Ultra-processed diets cause excess calorie intake and weight gain: an inpatient randomized controlled trial of ad libitum food intake. Cell Metab 2019;30:67-77

[8] Touvier M et al. Ultra-processed foods and cardiometabolic health: public health policies to reduce consumption cannot wait. BMJ 2023;383:e075294

[9] Wang L et al. Trends in consumption of ultraprocessed foods among US youths aged 2-19 years, 1999-2018. JAMA 2021;326:519-30

[10] Shiqi L et al. Trends in consumption of ultra-processed foods among adults in southern China: analysis of serial cross-sectional health survey data 2002-2022. Nutrients 2024;16):4008

[11] Ruggiero E et al. Ultra-processed food consumption and its correlates among Italian children, adolescents and adults from the Italian Nutrition & Health Survey (INHES) cohort study. Public Health Nutrition 2021;24:6258-71

[12] Baker P et al. Ultra-processed foods and the nutrition transition: global, regional and national trends, food systems transformations and political economy drivers. Obes Rev 2020;21:e13126

[13] Gilmore AB et al. Defining and conceptualising the commercial determinants of health. Lancet 2023;401:1194-1213

[14] Nestle M. Unsavory Truth: How Food Companies Skew the Science of What We Eat. Basic Books, New York, 2018

[15] van Tulleken C. Ultra-processed people: why do we all eat stuff that isn’t food… and why can’t we stop? Penguin, London, 2024

[16] Smith Taillie L et al. Decreases in purchases of energy, sodium, sugar, and saturated fat 3 years after implementation of the Chilean food labeling and marketing law: an interrupted time series analysis. PLoS Med 21(9): e1004463

[17] WHO manual on sugar-sweetened beverage taxation policies to promote healthy diets. Geneva: World Health Organization; 2022

[18] Fraser K et al. Meal kits in the family setting: Impacts on family dynamics, nutrition, social and mental health. Appetite 2022;169:105816

fonte: https://www.saluteinternazionale.info/2025/02/linvasione-degli-ultra-processati/

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