La forza lavoro globale di migranti, stimata intorno a 170 milioni di persone, rappresenta il 5% della forza lavoro totale. Questo numero è in aumento, con l’Europa che ne detiene la quota maggiore. La pandemia di COVID-19 e i Mondiali FIFA del Qatar del 2022 hanno evidenziato il peso sproporzionato di malattie e infortuni che i lavoratori migranti subiscono. I migranti tendono a lavorare in settori ad alto rischio, ad essere esposti a pericoli sul lavoro, a disporre di minori tutele lavorative e sociali, e ad avere un accesso ridotto alle cure sanitarie, il che aumenta i rischi per la loro salute fisica e mentale. Una Serie del 2023 su “The Lancet” riguardante lavoro e salute, così come un rapporto dell’OMS dello stesso anno, hanno identificato la migrazione lavorativa come una priorità di ricerca.
La presente revisione include 44 studi di qualità complessiva elevata (pubblicati tra il 2000 e il 2023), 11 tra questi sono stati combinati in una meta-analisi. I dati provengono da 16 paesi, con 42 studi (95%) condotti in paesi ad alto reddito.
L’esito di mortalità più frequente è l’infortunio mortale sul lavoro, che include cadute dall’alto, scosse elettriche e l’essere colpito da oggetti. Otto studi ritenuti sufficientemente omogenei (rispetto a caratteristiche come sesso e settore dei lavoratori migranti) sono stati combinati in una meta-analisi. Il rischio relativo aggregato è di 1,71 (IC 95% 1,22–2,38), indicando che i lavoratori migranti hanno un rischio di morte per infortunio sul lavoro superiore rispetto ai lavoratori locali, nonostante una significativa eterogeneità statistica.
Il secondo esito di mortalità più riportato è la mortalità per tutte le cause. Dodici studi riportano la mortalità per tutte le cause, di cui due condotti in paesi a medio reddito e dieci in paesi ad alto reddito. Il rischio relativo aggregato di tre tra questi studi considerati omogenei per essere inclusi nella meta-analisi è di 0,94 (IC 95% 0,88–0,99), suggerendo che i lavoratori migranti hanno un vantaggio in termini di mortalità per tutte le cause rispetto ai lavoratori locali.
Diciannove studi hanno riportato altri esiti di mortalità, tutti condotti in paesi ad alto reddito. I risultati hanno evidenziato che i lavoratori migranti hanno una maggiore probabilità di morire per cause esterne (come cadute o aggressioni) rispetto a cause interne (come malattie respiratorie o digestive) rispetto ai lavoratori locali. Inoltre, hanno una maggior rischio di morire per omicidi legati al lavoro, in particolare nei settori del commercio al dettaglio e dell’industria del sesso. È emerso anche un rischio maggiore di suicidio tra i lavoratori migranti, specialmente tra le donne.
Sono stati analizzati gli studi per fattore di rischio e gli autori hanno sviluppato un diagramma concettuale basato sui dati che riassume i determinanti sociali intersezionali della mortalità (figura 1)
Figura 1: Diagramma concettuale dei determinanti sociali intersezionali della mortalità nei lavoratori migranti
Il rischio di mortalità è influenzato anche da fattori come la disparità economica o le differenze culturali tra paesi di origine e di destinazione. Negli Stati Uniti, i lavoratori migranti provenienti dall’America Latina, dall’Africa e dall’Asia sperimentano un rischio più alto di infortuni mortali rispetto ai lavoratori locali, mentre quelli provenienti dall’Europa non mostrano differenze. In Svezia, i lavoratori migranti provenienti da paesi nordici hanno un rischio più alto di mortalità per tutte le cause e di suicidio rispetto ai lavoratori locali, mentre quelli provenienti da paesi non nordici mostrano, generalmente, rischi inferiori. Uno studio ha suggerito che le differenze culturali e sociali in merito al suicidio potrebbero spiegare le diverse incidenze di suicidio tra i lavoratori migranti.
Lo status legale è risultato essere un fattore importante ma poco studiato. La maggior parte degli studi non distingue tra migranti temporanei e migranti permanenti. Uno studio statunitense ha rilevato che i lavoratori migranti senza documenti in regola hanno tassi di infortuni mortali sul lavoro più elevati rispetto sia ai lavoratori in possesso dei documenti che di quelli nati negli Stati Uniti. Uno studio condotto in Turchia ha evidenziato che il 94,5% degli stranieri arrivati per lavorare e deceduti non possedeva un permesso di lavoro. Quando si è presa in considerazione la tipologia di visto, gli studi condotti in Canada e Norvegia hanno riscontrato tassi di mortalità inferiori tra i migranti con visti per motivi economici o d’affari rispetto ai rifugiati e ai residenti locali.
Cinque studi hanno esaminato la competenza linguistica dei lavoratori migranti. Nei vari paesi analizzati, i lavoratori migranti con una scarsa conoscenza della lingua locale hanno mostrato costantemente tassi di mortalità più elevati.
Le possibili spiegazioni risiedono nella difficoltà di comprendere le nozioni sulla sicurezza, nel negoziare i propri diritti sul lavoro e nel seguire le regole e le normative, oltre a una ridotta possibilità di trovare opportunità lavorative. La conoscenza della lingua è stata, inoltre, indicata come un fattore che contribuisce al rischio occupazionale più elevato per i lavoratori migranti senza documenti in regola.
I settori economici con maggior rischio di infortuni mortali sono l’edilizia, l’agricoltura e l’estrazione mineraria, mentre le professioni più pericolose quelle di agricoltori, lavoratori dei trasporti e operai meccanici.
Gli studi hanno evidenziato il ruolo sia dei datori di lavoro che dei lavoratori migranti. Per quanto riguarda i datori di lavoro, il problema principale è la scarsità di formazione adeguata sia per quanto attiene la lingua sia per gli aspetti culturali, oltre alla mancanza di misure di protezione della salute, in particolare nel settore delle costruzioni. Per i migranti, le problematiche includono la scarsa conoscenza delle misure di sicurezza e una minore adesione alle pratiche di sicurezza sul lavoro, specialmente tra coloro che hanno un livello di istruzione più basso.
Inoltre i fattori normativi a monte, in particolare le politiche neoliberiste di deregolamentazione, hanno avuto un impatto sulle condizioni lavorative. Queste politiche spesso hanno indebolito la protezione della salute dei lavoratori e promosso un lavoro più flessibile, come quello part-time e temporaneo. Tali cambiamenti normativi hanno portato i datori di lavoro a fare maggiore affidamento sull’appalto a imprese che si servivano di lavoratori migranti, piuttosto che assumerli direttamente, riducendo la possibilità di formazione.
Infine vi sono situazioni di sfruttamento lavorativo, compresi abusi fisici ed emotivi, che contribuiscono a tassi più alti di suicidio tra questi lavoratori. Le politiche migratorie del lavoro nei paesi di destinazione spiegano in parte le variazioni nel rischio di mortalità tra i lavoratori migranti. I paesi che promuovono migrazione altamente qualificata, come l’Australia e il Canada, hanno tassi più bassi di infortuni mortali e suicidi. Al contrario, la politica adottata in Corea del Sud che proibisce ai lavoratori di cambiare posto di lavoro ha portato ad un aumento del rischio di infortuni mortali sul lavoro tra i migranti.
Gli autori concludono sottolineando che questo studio rappresenta una risposta tempestiva ai recenti appelli internazionali per dare priorità alla ricerca sulla salute dei lavoratori migranti, incluso quello dell’OMS e una serie di articoli su lavoro e salute pubblicati da The Lancet. I risultati mostrano che i migranti corrono rischi più elevati di morire sul lavoro, sottolineando la necessità di strategie per affrontare queste disuguaglianze di salute.
Il quadro concettuale presentato elaborato a partire dai dati suggerisce priorità d’intervento per orientare future iniziative e misure politiche volte a ridurre infortuni e decessi tra i lavoratori migranti. Misure preventive mirate, sia a livello individuale (come corsi di formazione sulla sicurezza sensibili alle differenze linguistiche) che strutturali (come leggi di protezione del lavoro e meccanismi di compensazione per i lavoratori migranti), dovrebbero essere coordinate per promuovere un ambiente di lavoro sicuro e salutare per i lavoratori migranti.
Per rispettare gli obblighi internazionali dell’ONU in materia di lavoro dignitoso e salute per tutti, è urgente migliorare la misurazione globale della salute dei lavoratori migranti e rafforzare le misure di salute e sicurezza sul lavoro inclusive per i migranti.
Riferimento revisione
Lau K, Aldridge R, Norredam M, Mkoma GF, Kugan M, Lin RC, Kiss L, Zimmerman C, Hargreaves S. Workplace mortality risk and social determinants among migrant workers: a systematic review and meta-analysis. Lancet Public Health. 2024 Nov;9(11):e935-e949. doi: 10.1016/S2468-2667(24)00226-3.
fonte: DORS
Sintesi a cura di Luisella Gilardi, DoRS – Regione Piemonte, luisella.gilardi@dors.it