Assicurazioni USA. Chi è il killer? di Gavino Maciocco

L’uccisione del CEO di UnitedHealthcare ha suscitato un’ondata di solidarietà e ammirazione nei confronti del colpevole, Luigi Mangione, celebrato come un eroe sui social, mentre sono andate a ruba le magliette con scritto “Free Luigi”, espressione della rabbia diffusa tra la popolazione nei confronti delle compagnie assicurative.


Sui bossoli dei proiettili che la mattina del 4 dicembre hanno freddato Brian Thompson, CEO (Chief Executive Officer = Direttore Generale) di UnitedHealthcare, una delle più grandi compagnie di assicurazioni sanitarie private degli Stati Uniti, erano incise tre parole “deny“, “defend“, “depose (negare, difendere, deporre), che sono state immediatamente lette come il messaggio che l’omicida, Luigi Mangione, 26 anni, ha voluto comunicare. Un messaggio chiaro e coerente con le sue successive affermazioni di denuncia del sistema assicurativo sanitario: un sistema parassitario che tartassa e umilia i pazienti che, pur assicurati a caro prezzo subiscono ritardi e rifiuti dell’assistenza, consentendo alle assicurazioni di ridurre le prestazioni e massimizzare profitti. Le tre parole riecheggiano il titolo di un libro pubblicato nel 2010 “Delay, Deny, Defend” (“Ritarda, Nega, Difendi”), scritto da Jah M. Feinman, esperto di diritto assicurativo,  dove si descrivono i modi in cui le compagnie di assicurazione ritardano il pagamento delle prestazioni, negano legittime richieste di assistenza e difendono le loro azioni costringendo i richiedenti a intentare una causa, il tutto al fine di conseguire profitti astronomici.

Il cambiamento “genetico” delle assicurazioni sanitarie americane avviene alla fine degli anni 80 del secolo scorso, in una fase denominata “managed care” e dominata dal “mercato”, quando le assicurazioni estesero enormemente il loro perimetro d’interesse, incorporando  ospedali, cliniche e ambulatori e costringendo i propri assicurati ad avvalersi “esclusivamente” delle proprie strutture e dei propri medici, con il chiaro obiettivo di tenere sotto controllo i consumi  e sanzionando i medici ritenuti troppo generosi nella prescrizione delle prestazioni (1). Come sarebbe andata a finire lo intuì prontamente Jerome P. Kassirer, direttore della prestigiosa rivista New England Journal of Medicine. “L’assistenza sanitaria regolata dal mercato – scrive  Kassirer nel 1995 (2) – crea conflitti che minacciano la nostra professione. Da una parte ci si attende che i medici forniscano un ampio ventaglio di servizi e i migliori trattamenti per rafforzare la qualità della vita dei pazienti. Dall’altra, per contenere le spese al minimo essi devono limitare l’uso dei servizi, aumentare l’efficienza, ridurre il tempo dedicato a ciascun paziente e il ricorso agli specialisti. Sebbene molti ritengano che questo sia un dilemma astratto, io penso che questa crisi diventerà sempre più concreta e dura: i medici saranno costretti a scegliere tra l’interesse del paziente e la propria sopravvivenza economica. Jerome P. Kassirer continuerà a mantenere il punto sugli effetti perversi della managed care (“Se noi consentiamo alle forze del mercato di distorcere i nostri standard etici rischiamo di diventare agenti economici piuttosto che professionisti della salute. Inevitabilmente ne soffriranno i pazienti, e ne soffrirà anche la nostra nobile professione” …”Il fondamentale errore nell’etica dell’assistenza sanitaria in questo paese è la struttura stessa del nostro sistema assistenziale. Un sistema in cui non c’è equità è di fatto già non etico”), ma alla fine – su pressione dell’editore – sarà costretto a dimettersi.

Le dimissioni di Kassirer sono un evento clamoroso, e insieme il segnale che le “nuove assicurazioni” hanno un forte sostegno politico “bipartisan” che le mette al riparo da critiche e denunce, godendo di una sorta di un’impunità: se qualcosa va storto a causa delle procedure restrittive delle assicurazioni, sono i medici a pagare e non i CEO delle compagnie assicurative. Un’unica, diffusa e molto rumorosa protesta riesce a fare breccia sul muro di gomma delle assicurazioni. Si tratta della plateale protesta delle donne affette da cancro della mammella, operate di mastectomia e dimesse in seconda/terza giornata dall’intervento, spesso con ancora i tubi di drenaggio. A queste donne non viene neppure garantita la chirurgia ricostruttiva. Inizia allora una dura lotta legale di tutti i movimenti femminili per ottenere una legge che tuteli  le donne con il cancro della mammella. La legge viene approvata nel 1998: Women’s Health and Cancer Rights Act (WHCRA). E qui se ne può leggere qui il contenuto  your-rights-after-a-mastectomy-dol-booklet-2018

Certo non sono mancati i libri di denuncia, come quello già citato di Jah M. Feinman e anche film memorabili come L’uomo della pioggia (1997)diretto da Francis Ford Coppola e tratto dall’omonimo libro di John Grisham. Il film segue le vicende di un giovane avvocato che deve fare i conti con le ingiustizie del sistema assicurativo, decidendo di assumere il caso di un ragazzo che sta morendo di leucemia, al quale l’assicurazione rifiuta di pagare il risarcimento per le cure. O come Sicko (2007), del regista Michael Moore. Si tratta di un documentario che mette a nudo le malefatte del sistema assicurativo sanitario USA e lo mette a confronto con sistemi universalistici come quelli canadese, britannico e francese.

La riforma sanitaria di Obama del 2010 interverrà sulle assicurazioni, eliminando le distorsioni più grossolane, come quella del rifiuto di assicurare persone con malattie pre-esistenti (tipico il caso di diabete), ma lasciando inalterata la loro “missione” for-profit (e quindi le loro tattiche per limitare le cure e ridurre i costi). Obamacare non riuscirà neppure nell’obiettivo di ridurre le tariffe delle polizze assicurative, che continueranno ad aumentare a ritmi ben superiori alla crescita del tasso annuale d’inflazione (Figura 1).

Si deve a Commonwealth Fund, un istituto indipendente di politica sanitaria, il merito di monitorare le dinamiche perverse del sistema assicurativo sanitario USA. Ad esempio, la Figura 2 mostra come quasi la metà (il 45%) degli iscritti a un’assicurazione vada incontro a pagamenti per prestazioni che credevano fossero gratuite o coperte dalla polizza assicurativa.

Figura 2

La Figura 3 è più complessa. Descrive i problemi cui vanno incontro le persone che si trovano in situazioni diverse dal punto di vista assicurativo: il colore celeste riguarda persone con piena copertura assicurativa, il colore verde scuro persone con copertura assicurativa parziale, il colore marrone chiaro le persone prive di assicurazione. Il colore grigio è il totale delle situazioni.

Per ciascuna di queste situazioni vengono riportati quattro tipi di problemi che le persone hanno sperimentato: “Did not fill prescription” – Non gli è stata fatta una prescrizione (di cui avevano bisogno); “Skipped recommended test, treatment, or follow-up” – E’ stato saltato un esame, un trattamento o un controllo raccomandato; “Had a medical problem, did non visit doctor or clinic” – Aveva un problema medico, ma non ricevuto la visita di un dottore; “Did not get needed specialist care” – Non ha avuto l’assistenza specialistica di cui aveva bisogno. Come si può notare le esperienza negative crescono in rapporto al livello di insufficiente o assente copertura assicurativa, ma colpiscono anche coloro che sono titolari di un’assicurazione piena della durata di un anno.

Figura 3

L’uccisione del CEO di UnitedHealthcare ha suscitato un’ondata di solidarietà e ammirazione nei confronti di Luigi Mangione, celebrato come un eroe sui social, mentre sono andate a ruba le magliette con scritto “Free Luigi”, espressione della rabbia diffusa tra la popolazione nei confronti delle compagnie assicurative, che però non ha trovato riscontro nella politica: anche in questo caso l’indifferenza è stata bipartisan.

Lo scorso 18 dicembre il New York Times ha pubblicato un articolo dal titolo “I Was a Health Insurance Executive. What I Saw Made Me Quit” (Ero un dirigente dell’assicurazione sanitaria. Ciò che ho visto mi ha fatto smettere). L’autore è Wendell Potter, già vicepresidente per le comunicazioni aziendali di Cigna, dimessosi dall’azienda per motivi di coscienza nel 2008. Potter scrive, tra l’altro: “Il tragico assassinio del CEO di UnitedHealthcare Brian Thompson ha rivitalizzato un dibattito che i miei ex colleghi hanno cercato a lungo di sopprimere su un settore che mette i profitti al di sopra dei pazienti. In oltre 20 anni di lavoro nell’assicurazione sanitaria, ho visto l’incessante pressione esercitata dagli investitori sugli assicuratori affinché spendessero meno per pagare i sinistri. Nel frattempo, le barriere all’assistenza medica sono diventate sempre più alte. Le famiglie possono dover pagare fino a $ 18.900 prima che la loro copertura entri in vigore. Le compagnie di assicurazione richiedono un’autorizzazione preventiva in modo più aggressivo rispetto a quando ero portavoce del settore, il che costringe i pazienti e i loro dottori a passare attraverso un labirinto di approvazioni prima di ottenere una procedura, a volte negando loro le cure necessarie”.

Sì, condanno l’omicidio, – scrive il citato Michael Moore – ed è per questo che condanno l’industria sanitaria americana, corrotta, vile, rapace, sanguinaria, e immorale, e condanno ogni singolo CEO che ne è responsabile e condanno ogni politico che prende i loro soldi e fa andare avanti questo sistema invece di distruggerlo, disintegrarlo e buttarlo via. Dobbiamo sostituire questo sistema con qualcosa di sano, qualcosa di premuroso e amorevole, qualcosa che tenga in vita le persone” .

Già perché tutto ciò ha un impatto sulla vita delle persone statunitensi e sulla loro longevità, di gran lunga inferiore a quella di cittadini di altri paesi, come Australia, Austria, Belgio, Canada, Francia, Germania, Giappone, Olanda, Svezia, Svizzera e UK. (Figura 4)

 Figura 4

Riferimenti

  1. Maciocco G, et Al, Le sfide della sanità americana, Il Pensiero Scientifico Editore, 2010.
  2. Kassirer JP, Managed Care and the Morality of the Marketplace, N Engl J Med 1995; 333:50-52
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