Marco Perduca scrive sul ricorso sull’Ayahuasca per la rubrica di Fuoriluogo su il manifesto
Tre le prime decisioni del Ministro della Salute Orazio Schillaci c’è stata la tabellazione, cioè proibizione, dell’ayahuasca.
L’ayahuasca è un decotto psicoattivo originario dell’Amazzonia impiegato da secoli dalle popolazioni indigene in cerimonie spirituali e di guarigione. Solitamente viene preparata con la banisteriopsis caapi e la psychotria viridis e contiene dimetiltriptamina (DMT) – un principio attivo che induce visioni e alterazioni dello stato di coscienza – tabellato internazionalmente. Come malamente raccontato la scorsa primavera a proposito della morte di Alex Marangon, l’ayahuasca viene assunta sotto la guida di uno sciamano o conduttore esperto e viene associata a processi di introspezione, guarigione spirituale e connessione con la natura.
Oltre all’ayahuasca, il Ministro Schillaci e i suoi consiglieri hanno pensato bene di includere anche le piante necessarie per prepararla, nonché i relativi principi attivi, nella tabella degli stupefacenti il cui uso non medico o scientifico è proibito.
Da qualche anno l’ayahuasca ha acquisito popolarità anche in Europa e negli Stati Uniti; in Italia si parla di decine di migliaia di persone che la hanno usata per via dei suoi potenziali benefici terapeutici e l’uso spirituale. Non si ha notizia di morti provocate da “abuso” o “overdose” di ayahuasca. Nelle sue memorie difensive, il Santo Daime ha chiarito che nei loro protocolli la presenza di principio attivo era tanto costante quanto molto diluita.
Secondo il Ministro Schillaci, spalleggiato dall’Istituto Superiore della Sanità, la tabellazione a livello nazionale si sarebbe resa necessaria a causa di due, dicasi due, intossicazioni di una decina di anni fa, “probabilmente” riferibili all’ingestione del decotto – cioè in assenza di referti tossicologici inoppugnabili, e cinque confische avvenute solo nel nord Italia.
Per giustificare la decisione sono stati acclusi 12 studi pubblicati prima che l’ayahuasca diventasse nota al di fuori della regione andino-amazzonica ed entrasse negli interessi di centinaia di ricerche. Tutti i ricorsi al TAR del Lazio della Chiesa Italiana ICEFLU, afferente al Santo Daime, sono stati rigettati, così come l’appello al Consiglio di Stato.
A fine novembre scorso, l’Associazione Luca Coscioni, grazie a Science for Democracy, ha promosso un ricorso, tecnicamente chiamato “comunicazione” al Comitato Onu sui Diritti Economici, Sociali e Culturali contro la tabellazione di Schillaci. La vittima ha la cittadinanza italiana e ha avuto accesso all’ayahuasca. La comunicazione alle Nazioni Unite accusa l’Italia di aver violato il “diritto a partecipare alle attività culturali” e quello a “politiche basate sulla scienza” nonché l’obbligo di “permettere la partecipazione del pubblico a decisioni scientifiche” rintracciabili all’articolo 15 del Patto internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali – il cosiddetto “diritto alla scienza”-
Il ricorso evidenzia l’assenza di evidenze scientifiche (totalmente ignorata la sterminata letteratura scientifica non critica dell’ayahuasca) e la mancata partecipazione della società civile e/o di portatori di interessi alla decisione.
La comunicazione è stata predisposta dai Professori Cesare Romano, della Loyola Law School di Los Angeles, segretario di Science for Democracy e Andrea Boggio della Bryant University del Rhode Island.
È la prima volta che un caso relativo a sostanze psicoattive viene incardinato all’Onu in virtù del diritto a beneficiare del progresso scientifico e delle sue applicazioni aprendo interessanti prospettive giurisprudenziali e politiche con possibili più ampie implicazioni.
Rivedi il webinar Ayahuasca, la storia continua… all’Onu promosso dall’Associazione Luca Coscioni e Science for Democracy del canale YouTube di Illuminismo Psichedelico su Fuoriluogo.it.