Nell’anno 1978, quarant’anni fa, la sanità italiana cambiò radicalmente volto. Era tra le meno moderne d’Europa, divenne la più avanzata. Con tre mosse affatto nuovo: il 13 maggio, appena quattro giorni dopo l’assassinio di Aldo Moro e il ritrovamento del suo cadavere in via Caetani, viene varata la legge 180 sugli “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”. La nuova norma, meglio nota come “legge Basaglia”, spalancava le porte chiuse dei manicomi, carceri spesso terribili, e restituiva la dignità e persino la parola ai ”matti”. Certo, la legge non è stata sempre applicata al meglio. La sua parziale applicazione ne ha scaricato troppe volte la gestione sulle famiglie, lasciate sole in molte regioni d’Italia. Ma la 180 fu un grande evento di civiltà.
Passano appena nove giorni e il 22 maggio il Parlamento approva in via definitiva la legge 194 sulle “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”, più nota come “legge sull’aborto”. Anche in questo caso si trattò di un enorme salto di civiltà, sia perché consentiva di contrastare finalmente la piaga dell’aborto clandestino sia perché riconsegnava alle donne il controllo del proprio corpo.
Il 23 dicembre di quel medesimo 1978, infine, il Parlamento varava la legge 833 per la “Istituzione del servizio sanitario nazionale”, con cui al diritto alla salute venivano dati finalmente corpo e sangue. Il servizio creava una sanità finalmente universalistica: da questo momento tutti i cittadini italiani – di ogni età, sesso e ceto – potevano avere accesso alle medesime prestazioni sanitarie. Una rivoluzione. Che ha fornito un contributo decisivo a far aumentare l’aspettativa di vita degli italiani, fino a raggiungere livelli tra i più alti del mondo. E con costi bassissimi.
Con queste tre mosse l’arretrata sanità italiana cambiò passo e divenne, in breve, tra le più avanzate del pianeta sia da un punto di vista concettuale (formidabile estensione di quei diritti che oggi chiamiamo di cittadinanza scientifica) sia da un punto di vista pratico: i “matti” iniziarono a uscire dalle carceri simili a lager in cui erano sprofondati; il destino e persino la vita delle donne furono finalmente sottratte alle mammane (o, per le più ricche, ai viaggi all’estero); la sanità acquisiva finalment e i principi di uguaglianza e di efficienza. Sì, di efficienza, perché come hanno documentato successive indagini internazionali, quella italiana si impose come le prime due o tre del pianeta per rapporto costo/prestazioni.
Questo formidabile cambiamento è avvenuto grazie all’impegno di diverse persone. La legge 180 deve non solo il nome, ma la sua concezione a Franco Basaglia. Sebbene votarono contro, la legge 194 sull’aborto deve molto alle battaglie dei radicali. Il servizio sanitario nazionale fu un felice prodotto dell’incontro tra il pensiero laico e socialista (del PCI e del PSI) e quello della dottrina sociale della Chiesa, che trovava espressione politica in una parte della DC.
La “rivoluzione sanitaria” del 1978 sembrerebbe, dunque, il frutto di azioni casuali che traevano ispirazione da fonti le più diverse. E, invece, quei tre capisaldi nascevano con uno spirito coerente che faceva riferimento al clima culturale del “compromesso storico”. Furono il risultato, forse il migliore, della stagione che aveva portato il Partito comunista di Enrico Berlinguer e la Democrazia Cristiana di Aldo Moro a incontrarsi per un governo inedito del paese.
Tra i protagonisti di quel cambiamento strutturale – potremmo dire di quella bioetica quotidiana applicata – ce ne fu uno in particolare: Giovanni Berlinguer, il fratello medico di Enrico. Sia perché era a quel tempo uno dei teorici più raffinati dell’interpretazione della salute come un diritto universale e irrinunciabile dell’uomo sia perché si rivelò un abile politico, capace di mediare tra laici e cattolici anche in quei campi – come quello dell’aborto – in cui le distanze erano enormi, quasi impossibili da superare.
Si deve soprattutto a lui se la breve stagione del compromesso storico si chiude, almeno in campo sanitario, con un bilancio oltremodo positivo. E se, ancora oggi, possiamo menare vanto per la nostra sanità, che malgrado non poche e talvolta gravi lacune, continua a essere tra le più giuste ed efficienti ed efficaci al mondo.