Chi valuta i programmi di edilizia ospedaliera pubblica? di Claudio Maria Maffei

Gentile Direttore,
ho constatato con soddisfazione che nel Rapporto OASI 2024 tra le sue prospettive strategiche sintetizzate qui su Qs ha inserito nel gruppo delle proposte “impopolari”, ma tecnicamente giustificate, quella della di arrivare ad un sistema ospedaliero “più asciugato e accentrato”, a partire dai piccoli ospedali sotto i 100 posti letto ancora numerosissimi (il 40% degli ospedali a gestione diretta delle Aziende Sanitarie Territoriali). Si tratta di un percorso di razionalizzazione che io auspico da anni con una ulteriore precisazione rispetto a quanto affermato dagli esperti del Cergas della Sda Bocconi School of Management: il problema principale è rappresentato dai troppi ospedali con DEA e/o Pronto Soccorso infinitamente più energivori dei piccoli ospedali. Siccome non mi va di fare i conti con i DEA degli altri, mi limito a quelli della Regione Marche: nel Portale Statistico dell’Agenas risultano per le Marche 13 Ospedali con DEA per una popolazione di 1 milione e mezzo di abitanti.

Lo standard di popolazione minimo per un DEA secondo il DM 70 del 2015 è di 150.000 abitanti. Per le Marche il calcolo del numero massimo di ospedali con DEA è dunque di 10. Nelle Marche la attuale Giunta prevede di portarli a 14. Gran parte di questi 14 ospedali sono concentrati lungo la costa e nelle zone limitrofe. Quanto ai Pronto Soccorso sono attualmente 15 e si prevede di portarli a 18. Ovviamente DEA e PS nelle Marche si reggono abbondantemente sui medici gettonisti, che sono un problema economico, ma soprattutto un problema di qualità dell’assistenza.

I programmi di edilizia sanitaria potrebbero essere una formidabile occasione per andare dietro alla prospettiva impopolare, ma razionale, del Rapporto OASI (anche mia, ma mi appoggio a chi ha più autorevolezza) di avviare un percorso verso un sistema ospedaliero più asciugato e accentrato. Oltretutto in questo modo si andrebbe dietro ad un altro suggerimento del Rapporto OASI 2024: cominciare una narrazione della sanità diversa dalle “narrative collettive contemporanee”, in modo da cambiare “il public discourse, ovvero le mappe cognitive diffuse”. Come sempre gli esperti della Bocconi trovano le parole più giuste per definire ciò che penso da tanto tempo: occorre una alfabetizzazione sui temi della sanità pubblica di cittadini e, di conseguenza, politici. Purtroppo invece i progetti di edilizia ospedaliera delle Regioni spesso ripropongono un “public discourse” vecchissimo e continuano a consolidare e anzi rilanciare una sanità tutta centrata sul potenziamento di una rete di ospedali frammentata e dispersa, del tutto contraria al DM 70 che giù quasi 15 anni fa orientava la programmazione ospedaliera nella direzione opposta.

Questa criticità di una edilizia ospedaliera totalmente svincolata da una programmazione regionale rispettosa delle norme e allineata a una visione “moderna” del ruolo degli ospedali trova una dimostrazione da caso di scuola nelle Marche, dove la attuale Giunta di centrodestra ha fatto della edilizia ospedaliera il suo veicolo di propaganda più forte all’insegna di una visione degli ospedali come “una rete diffusa sul territorio, vicina ai cittadini, senza distinzioni tra costa ed entroterra, grandi e piccoli centri”. Questa affermazione la troviamo in un comunicato stampa della Regione Marche di pochi giorni fa che è la rappresentazione plastica, come si dice oggi, di come nelle Marche si facciano progetti ad alto costo di ospedali senza che vi sia una programmazione regionale che li sostenga.

Senza tormentare il povero lettore che avesse avuto la voglia di arrivare a leggere fino a qui con la fioritura di comunicati stampa con cui la Regione Marche ha commentato gli infiniti cantieri aperti dalla attuale Giunta (tre nuovi ospedali con DEA di primo livello, 5 nuove palazzine con DEA in altrettanti ospedali e la trasformazione edilizia di un ospedale di area disagiata in ospedale di base), arrivo alla domanda che dovrebbe interessare tutti: ma il disco verde per i nuovi ospedali di Pesaro e Macerata non lo doveva dare prima un Accordo di programma con i Ministeri competenti della Salute e della Economia e delle Finanze? Come pure mi chiedo se non doveva essere preliminarmente approvato dal Ministero della Salute il riordino della rete ospedaliera alla base di questa progettualità così intensa, energivora e disallineata rispetto al DM 70?

Per capirci qualcosa mi sono andato a leggere lo schema di documento conclusivo proposto il 24 gennaio di quest’anno dal relatore dell’indagine conoscitiva delle decima Commissione permanente del Senato della Repubblica sulla ristrutturazione edilizia e l’ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico. Dopo attenta lettura e rilettura ho intuito che la trama dentro cui avviene la valutazione centrale sulle scelte di edilizia ospedaliera delle Regioni presenta due potenziali smagliature decisive: è prevista una verifica della coerenza programmatoria delle scelte, ma non si capisce bene a chi competa e come debba essere fatta, e si lascia intendere che a dover essere verificati e trasformati in Accordi di programma sono solo i progetti che utilizzano i fondi del cosiddetto Articolo 20. E nelle Marche questi fondi sono utilizzati solo per uno dei tanti progetti citati.

La autorevole raccomandazione del Rapporto OASI sulla importanza di una programmazione ospedaliera “nuova” (anche se in realtà possibile e doverosa da un decennio) rischia di arrivare tardi se i programmi di edilizia ospedaliera non saranno allineati a quella nuova visione, o nuovo public discourse come lo chiama il rapporto. E per concludere con un’altra espressione inglese questo allineamento andrebbe garantito “whatever it takes”, costi quel che costi alla Draghi. E quindi a costo di bloccare tutti i progetti di edilizia sanitaria che non stanno dentro una programmazione coerente col DM 70, compresi quelli che per l’ANAC vanno bene e compresi quelli finanziati dalle Regioni con fondi propri, ma in realtà anche quelli dei cittadini.

Fonte: https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=126279

Claudio Maria Maffei
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