Ammalarsi in ospedale. di Federico Lattanzi, Betty Perticarini, Andrea Degano

La prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza sanitaria  rappresenta una priorità assoluta per garantire la sicurezza e la qualità delle cure. Un’organizzazione efficiente, basata sulla collaborazione interprofessionale, sulla formazione continua e sull’utilizzo di strumenti e tecnologie avanzate, consente di raggiungere risultati eccellenti anche in contesti complessi e difficili, contribuendo a migliorare la salute e il benessere dei pazienti.


Le Infezioni Correlate all’Assistenza Sanitaria (ICAS) rappresentano una delle più comuni e gravi complicanze associate all’assistenza sanitaria. Si tratta di infezioni che si manifestano durante la degenza ospedaliera o in seguito a procedure diagnostiche o terapeutiche, in assenza di segni clinici o in incubazione al momento dell’ingresso in struttura. La definizione temporale di ICAS prevede l’insorgenza almeno 48 ore dopo il ricovero, entro 30 giorni da un intervento chirurgico, o entro i 3 giorni successivi alle dimissioni. Le ICAS possono insorgere in qualsiasi contesto assistenziale, dagli ospedali agli ambulatori, dalle strutture di lungodegenza all’assistenza domiciliare.

Dal punto di vista eziologico, le ICAS si suddividono in due categorie principali:

  • Infezioni esogene: originate da microrganismi provenienti dall’ambiente esterno al paziente. Si distinguono in: Conclamate o subcliniche non trasmissibili: causate da contaminazione diretta di dispositivi medici o ferite chirurgiche; Conclamate o subcliniche a trasmissione interumana: trasmesse da paziente a paziente o da operatori sanitari.
  • Infezioni endogene: causate da una proliferazione eccessiva della flora batterica commensale del paziente, spesso favorita da fattori come l’immunosoppressione o l’uso di antibiotici a largo spettro.

Numerosi fattori concorrono allo sviluppo delle ICAS, tra cui i fattori inerenti al paziente: età avanzata, immunodepressione, presenza di patologie croniche, colonizzazione da parte di microrganismi multiresistenti, i fattori legati all’assistenza: invasività delle procedure, durata della degenza, utilizzo di dispositivi medici (cateteri, ventilatori), antibioticoterapia prolungata, inadeguate pratiche igieniche e i fattori ambientali: presenza di serbatoi di microrganismi patogeni nell’ambiente ospedaliero, diffusione di ceppi batterici multiresistenti.

Le cause principali delle infezioni correlate all’assistenza sanitaria (ICAS) sono molteplici e complesse, includendo fattori legati all’ambiente ospedaliero, alla pratica clinica e alle condizioni dei pazienti. L’introduzione di nuove tecnologie sanitarie, l’uso prolungato di dispositivi invasivi e l’esecuzione di interventi chirurgici complessi possono migliorare le possibilità terapeutiche e l’esito delle malattie, ma aumentano anche il rischio di ingresso di microrganismi in aree corporee normalmente sterili. L’indebolimento del sistema immunitario, l’immunosoppressione e la presenza di gravi patologie concomitanti possono aumentare la vulnerabilità alle infezioni. La scarsa applicazione delle misure igieniche, la mancata adozione di adeguate misure di igiene ambientale e di controllo delle infezioni in ambito assistenziale favoriscono la diffusione di microrganismi. Infine, l’emergenza di ceppi batterici resistenti agli antibiotici, dovuta all’uso scorretto o eccessivo degli antibiotici, complica ulteriormente la gestione delle infezioni correlate all’assistenza.

La prevenzione delle ICAS rappresenta una priorità assoluta per garantire la sicurezza dei pazienti. Le principali strategie preventive includono:

  • Igiene delle mani: l’igiene delle mani degli operatori sanitari è la misura preventiva più efficace.
  • Isolamento dei pazienti infetti: l’isolamento dei pazienti infetti o colonizzati da microrganismi multiresistenti limita la diffusione delle infezioni.
  • Disinfezione e sterilizzazione: la corretta disinfezione e sterilizzazione degli strumenti e delle superfici contribuisce a ridurre la carica microbica nell’ambiente ospedaliero.
  • Sorveglianza delle infezioni: un sistema di sorveglianza efficace permette di monitorare l’incidenza delle ICAS e di individuare tempestivamente eventuali focolai epidemici.
  • Educazione del personale sanitario: la formazione continua del personale sanitario è fondamentale per promuovere l’adozione di pratiche corrette di prevenzione delle infezioni.
Epidemiologia

Già nel 1979, l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva individuato tra le principali cause di infezioni ospedaliere i cambiamenti negli interventi assistenziali. Sebbene tali interventi assicurino un livello più avanzato e preciso di diagnosi e terapia, comportano come effetto collaterale un aumento del rischio di trasmissione delle infezioni. L’incremento del numero di pazienti suscettibili a contrarre infezioni è direttamente correlato alla maggiore sopravvivenza di individui con gravi patologie di base, grazie ai progressi in campo diagnostico e terapeutico, nonché al più diffuso uso di farmaci ad azione immunosoppressiva. Le infezioni ospedaliere rappresentano pertanto un fenomeno iatrogeno, un “effetto collaterale” del progresso sanitario. Uno dei meccanismi principali alla base del rischio di infezione in ospedale è il maggior numero di procedure invasive utilizzate a scopo diagnostico e terapeutico. A partire dai primi anni Ottanta del Novecento, sono stati condotti numerosi studi per valutare la frequenza delle infezioni ospedaliere. Sulla base di questi studi e delle indicazioni della letteratura, si stima che in Italia il 5-8% dei pazienti ricoverati contragga un’infezione ospedaliera. Ogni anno, nel nostro Paese, si verificano tra le 450.000 e le 700.000 infezioni tra i pazienti ospedalizzati, prevalentemente infezioni urinarie, seguite da infezioni della ferita chirurgica, polmoniti e sepsi. Di queste, si stima che il 30% siano potenzialmente prevenibili (135.000-210.000 casi).

Negli ultimi anni, i progressi in medicina hanno portato a un cambiamento nel modello di infezione in ospedale, con un rilevante contributo eziologico da parte di patogeni opportunisti, talvolta multi-antibiotico-resistenti, soprattutto in pazienti immunocompromessi. Si ipotizza che, in assenza di interventi efficaci per la prevenzione della trasmissione delle infezioni in ospedale, si possa assistere in futuro a un progressivo aumento della frequenza di infezioni nella popolazione ospedaliera, con un conseguente incremento della mortalità legata a questa patologia (Organizzazione Mondiale della Sanità, 1979).

 Impatto sulla salute

Le infezioni correlate all’assistenza sanitaria (ICAS) rappresentano una grave minaccia per la salute dei pazienti, associandosi a un aumento significativo della mortalità, stimato in circa 37.000 decessi attribuibili ogni anno in Europa (ECDC, 2013). Tale dato, a cui si aggiungono ulteriori 110.000 decessi correlati, sottolinea l’impatto devastante di queste infezioni sul sistema sanitario. Tra le ICAS, le polmoniti associate alla ventilazione meccanica (VAP) si distinguono per una mortalità attribuibile particolarmente elevata, compresa tra il 7% e il 30% (Chastre & Fagon, 2002). Oltre all’incremento del rischio di morte, le ICAS determinano un significativo deterioramento della qualità di vita dei pazienti, prolungando la durata della degenza ospedaliera di circa 16 milioni di giorni ogni anno in Europa (Pittet et al., 2005).

Impatto economico

L’impatto economico delle infezioni correlate all’assistenza sanitaria (ICAS) rappresenta un onere significativo per i sistemi sanitari a livello globale. Oltre ai costi diretti, legati al prolungamento dei ricoveri ospedalieri e all’uso di risorse diagnostiche e terapeutiche aggiuntive per la gestione delle complicanze, le ICAS generano anche una serie di costi indiretti non trascurabili. Questi includono la perdita di produttività dei pazienti, dovuta alla riduzione della capacità lavorativa o delle attività quotidiane, e i costi associati all’assistenza informale fornita da familiari e caregiver, che si occupano dei pazienti a domicilio dopo il ricovero. Inoltre, vi sono i costi sociali legati alla disabilità a lungo termine (Scott, 2009). Le ICAS comportano un aumento dei costi di ospedalizzazione, sia per l’allungamento della durata media di degenza, sia per l’incremento dell’utilizzo di risorse diagnostiche (esami microbiologici, sierologici, radiologici) e terapeutiche (antibiotici, antivirali, antifungini). Tali infezioni possono evolvere in forme multiresistenti, richiedendo l’impiego di terapie più costose (Klevens et al., 2007). L’impatto economico delle ICAS si estende oltre le mura ospedaliere, coinvolgendo i servizi territoriali e la medicina generale. La dimissione precoce di pazienti ancora infetti può aumentare i costi per la gestione ambulatoriale, compreso l’uso di servizi di assistenza domiciliare e di cure palliative.  Le ICAS incidono negativamente sulla qualità della vita dei pazienti e dei loro familiari, aumentando lo stress psicologico e sociale. Inoltre, possono portare a contenziosi legali, con conseguenti costi per risarcimenti e danni d’immagine per le strutture sanitarie coinvolte.

La prevenzione delle ICAS rappresenta un investimento strategico per ridurre i costi sanitari e migliorare la qualità dell’assistenza; l’implementazione di programmi di sorveglianza epidemiologica, l’adozione di pratiche igienico-sanitarie rigorose, l’uso razionale degli antibiotici e la promozione della vaccinazione sono interventi essenziali per contenere la diffusione delle infezioni. Le ICAS costituiscono un problema complesso e multifattoriale, con un impatto economico e sociale significativo. Affrontare efficacemente questa sfida richiede un approccio integrato, che coinvolga tutti gli attori del sistema sanitario, e l’adozione di misure preventive e di controllo rigorose (Anderson et al., 2009).

Conclusione

L’evidenza scientifica dimostra in modo inequivocabile che anche in contesti sanitari caratterizzati da limitate risorse economiche è possibile conseguire livelli elevati di prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza, migliorando significativamente la qualità delle cure erogate. Un approccio sistematico e multidisciplinare alla gestione del rischio infettivo, incentrato sull’implementazione di procedure standardizzate, percorsi assistenziali definiti e sistemi di sorveglianza microbiologica, rappresenta la chiave per raggiungere tale obiettivo. La produzione di linee guida e protocolli operativi standard, specifici per le diverse aree cliniche, unitamente alla formazione continua del personale sanitario, consente di uniformare le pratiche assistenziali e di ridurre al minimo il rischio di errori iatrogeni. La collaborazione interprofessionale, intesa come scambio di conoscenze e competenze tra le diverse figure professionali coinvolte nel processo assistenziale, favorisce l’individuazione delle soluzioni più appropriate per ogni singolo paziente, promuovendo un approccio centrato sulla persona. L’adozione di tecnologie innovative, come i sistemi informatici per la gestione dei dati clinici e la sorveglianza epidemiologica, consente di ottimizzare i processi assistenziali, di migliorare la tracciabilità dei pazienti e di facilitare la comunicazione tra i professionisti. Un’attenta valutazione delle performance, attraverso l’analisi dei dati clinici e l’implementazione di audit periodici, permette di identificare le aree di miglioramento e di mettere in atto azioni correttive.

In conclusione, la prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza rappresenta una priorità assoluta per garantire la sicurezza e la qualità delle cure. Un’organizzazione efficiente, basata sulla collaborazione interprofessionale, sulla formazione continua e sull’utilizzo di strumenti e tecnologie avanzate, consente di raggiungere risultati eccellenti anche in contesti complessi e difficili, contribuendo a migliorare la salute e il benessere dei pazienti.


Federico Lattanzi, Infermiere, U.O.C. Postazioni Territoriali Emergenza Sanitaria 118 – Azienda Sanitaria Territoriale di Ancona (AN)

Betty Perticarini, Infermiere, U.O.C. Medicina e Chirurgia D’urgenza – Azienda Sanitaria Territoriale di Fermo (MC)

Andrea Degano, Infermiere, Centrale Operativa Regionale 118 – Azienda Sanitaria Territoriale di Ancona (AN)


Bibliografia

Anderson, D. J., Podgorny, K., Berríos-Torres, S. I., Bratzler, D. W., Dellinger, E. P., Greene, L., … & Kaye, K. S. (2009). Strategies to prevent surgical site infections in acute care hospitals: 2014 update. *Infection Control & Hospital Epidemiology*, 35(6), 605-627;

Chastre, J., & Fagon, J. Y. (2002). Ventilator-associated pneumonia. *American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine*, 165(7), 867-903;

Klevens, R. M., Edwards, J. R., Richards, C. L., Horan, T. C., Gaynes, R. P., Pollock, D. A., & Cardo, D. M. (2007). Estimating health care-associated infections and deaths in U.S. hospitals, 2002. Public Health Reports, 122(2), 160-166;

Organizzazione Mondiale della Sanità. (1979). *Rapporto sulla prevenzione delle infezioni ospedaliere*. Ginevra: OMS;

Scott, R. D. (2009). The direct medical costs of healthcare-associated infections in U.S. hospitals and the benefits of prevention. Centers for Disease Control and Prevention, 2009;

fonte: https://www.saluteinternazionale.info/2024/10/ammalarsi-in-ospedale/

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