Luogo: Marche – Data: settembre 1989 – Comparto produttivo: alimentare – Esito: Luca, un enotecnico di 26 anni, ha subito l’avvelenamento da vapori tossici che ne hanno causato il decesso. – Dove è avvenuto: all’interno di una cantina in una tenuta vinicola.
Che cosa si stava facendo: il giovane enotecnico doveva controllare i mosti in fermentazione in grandi vasche di vinificazione.
Descrizione infortunio: Luca stava controllando il processo di vinificazione prelevando un campione mediante un bicchiere di vetro dalla parte superiore delle cisterne contenenti il mosto. Poiché il livello del liquido era basso, il ragazzo si è introdotto con la testa e le braccia all’interno della vasca. In tale circostanza è rimasto soffocato dalla anidride carbonica prodotta dal mosto in fermentazione.
Come prevenire: occorre precisare che nel 1989 le norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro erano dettate dal DPR 547 del 1955. Già allora il lavoratore subordinato era inteso come la persona che, fuori dal proprio domicilio, presta il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione del “datore di lavoro […]”.
Quest’ultimo era considerato quindi come il principale debitore di sicurezza nei confronti dei suoi dipendenti. Attuare le misure di sicurezza, rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui erano esposti e soprattutto “disporre ed esigere” che i lavoratori osservino le norme di sicurezza, erano
certamente suoi obblighi.
I lavoratori, allora come oggi, non dovevano compiere, di propria iniziativa, attività che non fossero state di loro competenza e che potessero compromettere la sicurezza propria e altrui.
Nello specifico, gli articoli 235 e 236 prevedevano quanto segue:
“[…] i recipienti, quali vasche, serbatoi e simili […] debbono essere provvisti di aperture di accesso aventi […] diametro non inferiore a cm 40”
“[…] prima di disporre l’entrata dei lavoratori nei luoghi di cui all’art.235, chi sovraintende ai lavori deve assicurarsi che all’interno non ci siano gas o vapori nocivi […] deve disporre efficienti lavaggi o ventilazioni o altre misure idonee”
“I lavoratori che prestano la loro opera all’interno dei luoghi predetti devono essere assistiti da altro lavoratore […]”
“Quando la presenza di gas o vapori nocivi non possa escludersi in modo assoluto […] i lavoratori devono essere muniti di […] apparecchi idonei a consentire la normale respirazione”
Premesso che Luca non fosse in alcun modo inquadrabile né come preposto né tantomeno come dirigente, si ritiene che siano state diverse le violazioni:
- il datore di lavoro non ha “disposto ed esatto” che il lavoratore avesse osservato tutte le norme di sicurezza;
- chi sovraintendeva ai lavori non ha disposto l’assistenza esterna di altro lavoratore ne ha fornito apparecchi idonei a consentire di respirare normalmente.
Ancor più non può non rilevarsi come l’infortunio non si sarebbe verificato se la pompa aspirante, ad azionamento manuale, fosse stata riparata e di conseguenza usata per prelevare in sicurezza il campione di mosto da analizzare
Spostando ad oggi l’infortunio, il DPR 177 del 2011, cioè il regolamento attualmente in vigore, recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, avrebbe coinvolto ancor più i vertici aziendali.
Certamente gli obblighi di formazione ed addestramento appaiono infatti violati. L’ampliamento delle dimensioni delle aperture presenti in tali ambienti, l’obbligo di fornire e far utilizzare DPI salva vita, l’uso di attrezzature idonee (pompe aspiranti) avrebbero scongiurato quanto accaduto a Luca.