Uno studio pubblicato su NeuroImage Reports mostra che i musicisti attivano il cervello in modo diverso dai non musicisti durante la lettura, con un coinvolgimento bilaterale del giro occipitale medio. L’educazione musicale sembra migliorare le abilità di lettura e potrebbe proteggere da disturbi come la dislessia.
I musicisti leggono usando il cervello in modo diverso dalle altre persone. È il risultato di un recente studio uscito su NeuroImage Reports firmato da Alice Mado Proverbio e di Elham Sanoubari dell’Università Milano-Bicocca. Una delle principali conclusioni è la notevole differenza nell’attivazione cerebrale tra musicisti e non musicisti nel giro occipitale medio (MOG) durante la lettura di testi. Il giro occipitale medio è una struttura anatomica situata nel lobo occipitale del cervello, che è la regione coinvolta principalmente nell’elaborazione visiva. Insieme ad altre strutture del lobo, il giro occipitale medio contribuisce all’interpretazione delle informazioni che riceviamo attraverso gli occhi, permettendoci di comprendere il mondo visivo che ci circonda.
«I musicisti all’epoca del test erano tutti laureati al conservatorio (avevano 25 anni circa) e la loro età media di inizio degli studi musicali era mediamente di 9,7 anni», ci spiega Alice Mado Proverbio. «Molti avevano cominciato a 4 oppure 7 anni, ed alcuni altri a 14. Tra gli strumenti suonati c’erano anche il contrabbasso e il canto lirico, che richiedono un’acquisizione più tardiva».
I musicisti hanno evidenziato un’attivazione sia destra che sinistra del MOG. I non musicisti, invece, hanno mostrato una lateralizzazione più forte verso l’emisfero sinistro, coerente con l’attivazione tipica dell’area della forma visiva delle parole (la Visual Word Form Area, coinvolta principalmente nel riconoscimento delle parole scritte e delle lettere) durante i compiti di lettura.
«In questo studio l’enfasi non è tanto sulla precocità degli studi musicali (che in alcuni casi esisteva) o sulla complessità e approfondimento degli studi di solfeggio parlato e cantato, di strumento, musica d’insieme, ecc. quanto sull’expertise di lettura delle partiture acquisita della musica e del pentagramma». E, in aggiunta, i musicisti hanno dichiarato di leggere meno rispetto ai non musicisti (1250 pagine lette all’anno contro 2915). A conferma del fatto che la «rete ventro-occipitale più bilaterale non dipenda dalle abilità di lettura delle parole, ma dalle abilità acquisite nella lettura della musica e delle partiture».
Intensità dell’attivazione della ROI selezionata misurata in funzione dell’emisfero cerebrale e del gruppo di partecipanti, in risposta alle parole. Nei controlli, in più, è stata trovata una correlazione positiva tra l’attivazione del MOG sinistro e la manualità destra, implicando che la lateralizzazione dei processi di lettura nei lettori tipici dipende dalla mano dominante. Tuttavia, non è stata trovata alcuna correlazione nei musicisti, suggerendo che la competenza musicale, piuttosto che la manualità, influenzi il coinvolgimento bilaterale delle aree di lettura.
I processi di lettura di un pentagramma «sono in parte simili a quelli della lettura del testo, che richiede anch’essa un riconoscimento di simboli e la conversione di simboli in comandi motori (vocali o subvocali), il continuo scorrimento dello sguardo e del focus attentivo senza farsi distrarre dalle parole e dalle righe circostanti». Tuttavia, continua Mado Proverbio, «la differenza principale tra parole e notazione e che, la notazione ha una dimensione spaziale e globale molto più rilevante» e un’elaborazione di informazioni spaziali che richiedono «cellule visive olistiche emisferiche destre». Si pensi ai vari parametri in gioco: «la posizione della nota sul rigo, i segni di articolazione e agogici che si estendono nello spazio, la notazione organizzata in verticale, ecc.». Ecco quindi che questa abilità «sviluppa una regione visiva extra che viene automaticamente coinvolta nella lettura delle parole formando un sistema di lettura “super-esperto” e plastico».
In più, più un musicista ha iniziato la sua formazione presto, più l’attivazione dell’emisfero destro durante i compiti di lettura è stata forte. Questo risultato supporta l’idea che l’educazione musicale precoce possa influenzare l’organizzazione cerebrale, migliorando potenzialmente le abilità di lettura coinvolgendo aree visive aggiuntive. E, ancora, i musicisti hanno anche mostrato una maggiore attivazione delle aree anteriori del cervello, come la corteccia premotoria e prefrontale, che sono quelle coinvolte nel controllo motorio.
Lo studio, quindi, supporta l’idea che l’allenamento «intensivo» che deve esercitare un musicista nella lettura musicale favorisca una certa neuroplasticità. Questo coinvolgimento bilaterale del cervello potrebbe essere protettivo contro disturbi come la dislessia, che tipicamente comportano deficit nell’emisfero sinistro nelle aree correlate alla lettura. Infatti, la dislessia «superficiale di tipo evolutivo» si manifesta tra le altre cose in una «ridotta capacità di riconoscere parole in modo globale, richiedendo una lettura lettera per lettera, in una difficoltà a leggere parole irregolari, in una lettura più lenta e in problemi con le parole straniere». Difficoltà che sarebbero superate o mitigate grazie all’acquisizione della competenza musicale, che andrebbe in un certo senso in soccorso delle carenze dell’emisfero sinistro nei bambini a rischio genetico di dislessia o predisposti.
«Si può ipotizzare che lo sviluppo di un’area ortografica bilaterale, unitamente all’acquisizione della capacità di leggere la musica e al costante esercizio dell’attenzione e dei movimenti oculari, possa costituire un fattore di potenziamento e protezione delle abilità di lettura». Questi meccanismi, quindi, agirebbero sia «come prevenzione che come cura». Proverbio sottolinea che, nonostante fosse già noto che «i musicisti dislessici sembrano possedere abilità superiori nella lettura delle parole rispetto ai loro omologhi non musicisti», i risultati di questo studio forniscono indicazioni più specifiche al riguardo.
Le autrici credono sia necessario, infine, uno studio longitudinale per capire meglio come nasce negli studenti di musica lo sviluppo di una determinata regione cerebrale bilaterale. E, in aggiunta, suggeriscono l’approfondimento ulteriore dell’impatto della musicoterapia nei bambini e nelle bambine dislessici. Attendiamo sviluppi.
Jacopo Mengarelli – Di Sirolo, provincia di Ancona. Dopo il diploma di liceo scientifico si laurea in Pianoforte e in Fisica presso il Conservatorio e l’Università di Trento. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza e dell’Innovazione Sostenibile (MaCSIS) all’Università Milano-Bicocca. Ora è nella redazione di Scienza in rete e collabora con l’agenzia di comunicazione Zadig Srl. È tra i fondatori dell’associazione Climate Media Center Italia. Ha lavorato al progetto “Ok!Clima: il clima si tocca con mano”, per corsi di formazione rivolti a giornalisti, ricercatori e docenti. Si è occupato della promozione e del sito del progetto CISAS: Centro internazionale di studi avanzati su ambiente, ecosistema e salute umana. Ha scritto per Domani e Wired. Studia direzione d’orchestra.