Nel caos della pandemia io contavo. di Andrea Ubiali

La Pandemia ha sconvolto le tradizionali gerarchie di potere ed è stata generatrice di elementi trasformativi all’interno dei servizi sanitari che hanno introdotto aspetti inediti e innovativi nell’organizzazione del lavoro di cura. Una riflessione sullo sviluppo di servizi più equi e resilienti, in grado di affrontare con maggiore efficienza le sfide future.

Ripensando all’esperienza della pandemia di Covid-19 dal punto di vista di un operatore sanitario che ne ha vissuto la gestione, emergono due elementi contrastantiDa un lato, si rievocano l’enorme carico di lavoro, lo stress psico-fisico, il travolgimento emotivo che hanno contribuito a spingere parte del personale sanitario verso il burn-out. Dall’altro lato, però, sembra emergere anche una sorta di nostalgia, dovuta al fatto che la pandemia – almeno in alcuni contesti – oltre che portatrice di malattia e sofferenza, è stata generatrice di elementi trasformativi all’interno dei servizi sanitari che hanno introdotto aspetti inediti e innovativi nell’organizzazione del lavoro di cura.

Io sono una di quelle persone che prima del Covid non contava nulla, e dopo il Covid sono tornata a non contare nulla. Ma durante il Covid ero potentissima –  racconta una giovane operatrice sanitaria riflettendo su come ha percepito l’evoluzione del proprio ruolo professionale negli ultimi anni. Questo sintetico resoconto esprime perfettamente uno degli elementi centrali dell’azione trasformativa che il Covid ha avuto sull’organizzazione dei servizi sanitari: un effetto destabilizzante – seppur transitorio – sulle relazioni gerarchiche e sugli equilibri di potere preesistenti, mai messi in discussione prima.

È cosa nota che i servizi sanitari siano strutture altamente organizzate, sostenute da una rigida gerarchia e una distribuzione ineguale di potere tra gli operatori che vi lavorano. Gli assi su cui si declinano i rapporti gerarchici possono essere molteplici: professionale (con i medici che generalmente rivestono un ruolo dominante rispetto a tutte le altre professioni sanitarie), specialistico (con alcuni settori che godono di maggior prestigio e potere rispetto ad altri), anagrafico (con i senior che esercitano potere sui junior) oltre che di genere e razziale.  L’esistenza di gerarchie e squilibri di potere all’interno dei servizi è un argomento che raramente viene discusso o esplicitato, sia nei contesti lavorativi che in quelli accademici.  Questa mancanza di problematizzazione contribuisce a determinare tensioni e problemi irrisolti che a loro volta si ripercuotono sulle pratiche assistenziali.

Tra gli effetti negativi che possono derivare da tensioni gerarchiche irrisolte, la letteratura elenca: conflitto e scarsa comunicazione tra gli operatori sanitari, scarso coordinamento delle attività assistenziali, bassi livelli di rispetto e fiducia reciproca, difficoltà nei processi di formazione e apprendimento (1,2). L’esito finale di tutti questi elementi si traduce in un aumentato rischio di outcome avversi per i pazienti e in una generale scarsa sicurezza delle cure (3, 4).  È inoltre noto che l’adozione di stili di leadership diretti e autoritari si associ generalmente a effetti negativi sulla sicurezza psicologica delle équipe di lavoro, sull’efficacia collettiva del team, sulla creatività dei subordinati, sulla soddisfazione relativa al lavoro svolto e sulla performance globale (5). Al contrario, effetti positivi sono più frequentemente associati a modelli di leadership basati sulla ridistribuzione del potere e che enfatizzino la natura reciproca della relazione tra leader e membri del gruppo, improntata alla fiducia e al rispetto. I peggiori esiti si osservano laddove si lasci spazio a leader ipercontrollanti o abusanti.

La critica al potere e alle strutture gerarchiche all’interno dei servizi sanitari non è nuova e può essere ricondotta sia alla teoria femminista (6) sia a quella anarchica (7), sulla quale ci soffermeremo. Scrive Ryan Essex che il termine anarchia si riferisce a una tradizione diversificata di teoria e azione politica il cui elemento centrale e unificatore è l’opposizione alla gerarchia, al governo, o più in generale all’autorità e al potere. Questo non significa che l’anarchia debba essere associata alla mancanza di ordine. Al contrario, l’ordine è uno degli elementi centrali della teoria anarchica, ma la ricerca di tale ordine avviene attraverso la costruzione di un consenso di tipo non coercitivo. Essex sostiene che gran parte del pensiero, della teoria e dei valori anarchici possano essere applicati al dibattito sulla salute e contribuire significativamente al miglioramento delle prassi in salute, attraverso il rafforzamento del senso di autonomia, di responsabilità, di solidarietà e di comunità delle persone.

A tal proposito, un lavoro particolarmente interessante da rileggere è “Anarchia come organizzazione”, di Colin Ward (8). In questo testo Ward esamina le problematiche generate dalle strutture gerarchiche all’interno dei contesti lavorativi:

“L’incredibile inefficienza di ogni organismo gerarchico – sia esso una fabbrica, un edificio, un’università, un negozio o un ospedale – risulta da due caratteristiche pressoché costanti. La prima consiste nel fatto che la conoscenza e la saggezza delle persone alla base della piramide non hanno alcuno spazio nelle decisioni prese dalla leadership al vertice della gerarchia. Eppure, spesso succede che siano loro a far funzionare l’istituzione nonostante gli organismi dirigenti; oppure che sabotino la funzione apparente dell’istituzione in quanto essa non corrisponde alle intenzioni di nessuno. Il secondo motivo che determina l’inefficienza di queste istituzioni gerarchiche è il fatto che il lavoro è imposto ai singoli dalla necessità economica e non si basa su quell’identificazione in un compito comune che sola può fare affiorare una leadership più funzionale e mutevole.”

Ward propone come alternativa delle organizzazioni senza capi, o meglio, caratterizzate da un tipo fluido e mutevole di leadership. Questa idea si basa sul principio che le caratteristiche di capo e di subordinato non emergono in condizioni di isolamento, ma sono sempre relative a una determinata situazione sociale. La leadership può variare da gruppo a gruppo, ma anche da situazione a situazione. L’autorità del leader non deriva dal posto occupato in una scala gerarchica, ma piuttosto da competenze specifiche o saggezza  particolare, elementi che di solito non sono distribuiti secondo ordini gerarchici né possono essere monopolio di una sola persona in qualsiasi situazione. In gruppi di questo tipo può dunque capitare che il leader sia un componente molto più giovane degli altri, se viene accettato il concetto che il maggior peso va attribuito all’idea migliore e non alla persona più anziana.

Scrive ancora Ward:

“Una componente importante nell’impostazione anarchica dei problemi organizzativi è costituita da quella che potremmo definire la teoria dell’ordine spontaneo. Essa sostiene che, dato un comune bisogno, le persone sono in grado, per tentativi ed errori, con l’improvvisazione e l’esperienza, di sviluppare le condizioni per il suo ordinato soddisfacimento; e che l’ordine cui si approda per questa via è di gran lunga più duraturo, e funzionale a quel bisogno, di qualsiasi altro imposto da un’autorità esterna.”

Secondo Ward non esisterebbero ragioni tecniche a impedire un controllo dal basso. Gli ostacoli all’autogestione del lavoro sarebbero piuttosto gli stessi che impediscono qualsiasi redistribuzione equa del potere e degli altri beni all’interno della società, ovvero gli interessi di coloro che esercitano attualmente potere e privilegi. E’ quindi difficile trovare riscontro di esperienze concrete di questo genere, che andrebbero ricercate in situazioni eccezionali come ad esempio i contesti rivoluzionari o le forme organizzative con cui la gente reagisce alle catastrofi naturali, poichè spesso in queste situazioni non esistono modelli precostituiti di organizzazione o se esistevano essi vengono abbattuti o meglio temporaneamente sospesi.

Un contesto di questo tipo si è realizzato all’interno dei servizi sanitari durante la pandemia da Covid-19. Tale contesto diventa quindi un prezioso materiale di studio che alcuni ricercatori hanno indagato per cercare di ricostruire le esperienze vissute dagli operatori sanitari durante la pandemia, in riferimento alle dinamiche di potere nel proprio contesto lavorativo.

In particolare, in uno studio irlandese (9) che ha coinvolto operatori appartenenti a diverse professioni sanitarie,  i partecipanti hanno confermato la presenza di una struttura di potere gerarchica fortemente radicata nel sistema sanitario nazionale, descrivendone però allo stesso tempo gli elementi trasformativi introdotti dall’irrompere della pandemia. Secondo quanto riferito dagli operatori intervistati, i cambiamenti riguardanti gli equilibri di potere e i processi decisionali coinvolgevano più livelli e si manifestavano attraverso meccanismi diversi.

  • Da un lato, è stato possibile osservare un riassetto degli equilibri tra settori e specialità differenti. I team di prevenzione e controllo delle malattie infettive, per esempio, storicamente collocabili in una posizione quanto meno defilata rispetto ad altre specializzazioni sanitarie, acquisivano nel contesto pandemico, un profilo di prestigio e potere di primo piano, con una posizione in grado di influenzare le decisioni sia a livello locale che a livello nazionale.
  • Dall’altro lato, si è osservato anche una sorta di “livellamento” delle gerarchie interprofessionali se non addirittura un superamento delle barriere tra professioni diverse. All’interno delle équipe infatti, i partecipanti percepivano un maggior supporto emotivo da parte degli altri membri del gruppo, e le disparità di potere tra le varie figure erano percepite come mitigate. Il livellamento delle gerarchie era consentito dal fatto che in una situazione di elevata incertezza nessuno aveva conoscenze o competenze superiori a quelle di qualcun altro.

Questo faceva sì che chiunque contasse, che i ruoli professionali si mescolassero, a volte con sconfinamenti e collaborazioni mai sperimentate prima. In alcuni contesti, anche lo staff addetto alle pulizie, al catering e ai servizi di portineria – che abitualmente non veniva considerato come parte del team di cura – per la prima volta veniva incluso e riconosciuto come parte integrante dell’équipe, con un contributo determinante nello svolgimento delle attività di cura e assistenza.

Il fatto di “avere una voce” e “uguale statura” contribuiva al benessere psicologico dello staff e permetteva di mitigare le conseguenze negative del dover affrontare la pandemia. Studi di questo genere, che ancora rappresentano un settore poco esplorato in ambito sanitario, potrebbero essere particolarmente utili a riflettere se una ridefinizione degli equilibri gerarchici non possa portare a uno sviluppo di servizi più equi e resilienti, in grado di affrontare con maggiore efficienza le sfide future, il quotidiano lavoro assistenziale nonché ad una valorizzazione delle figure che quel lavoro assistenziale ogni giorno garantiscono.


l’Autore: Andrea Ubiali, Medico di sanità pubblica, Bologna


Bibliografia

  1. Gergerich E, Boland D, Scott MA. Hierarchies in interprofessional training. J Interprof Care. 2019 Sep-Oct;33(5):528-535. doi: 10.1080/13561820.2018.1538110. Epub 2018 Nov 1. PMID: 30383437.
  2. Green B, Oeppen R, Smith Da, Brennan P. Challenging hierarchy in healthcare teams–Ways to flatten gradients to improve teamwork and patient care. British Journal of Oral and Maxillofacial Surgery 2017;55(5):449–53.
  3. Leape L, Berwick D, Clancy C, Conway J, Gluck P, Guest J, Lawrence D, Morath J, O’Leary D, O’Neill P, Pinakiewicz D, Isaac T; Lucian Leape Institute at the National Patient Safety Foundation. Transforming healthcare: a safety imperative. Qual Saf Health Care. 2009 Dec;18(6):424-8. doi: 10.1136/qshc.2009.036954. PMID: 19955451.
  4. Hurley J, Hutchinson M. Hierarchy and medical error: Speaking up when witnessing an error. Safety Science 2020;125:104648.
  5. O’Donovan R, Rogers L, Khurshid Z, De Brún A, Nicholson E, O’Shea M, Ward M, McAuliffe E. A systematic review exploring the impact of focal leader behaviours on health care team performance. J Nurs Manag. 2021 Sep;29(6):1420-1443. doi: 10.1111/jonm.13403. Epub 2021 Jul 29. PMID: 34196046.
  6. Eger H, Chacko S, El-Gamal S, Gerlinger T, Kaasch A, Meudec M, Munshi S, Naghipour A, Rhule E, Sandhya YK, Uribe OL. Towards a Feminist Global Health Policy: Power, intersectionality, and transformation. PLOS Glob Public Health. 2024 Mar 7;4(3):e0002959. doi: 10.1371/journal.pgph.0002959. PMID: 38451969; PMCID: PMC10919653.
  7. Essex R. Anarchy and Its Overlooked Role in Health and Healthcare. Camb Q Healthc Ethics. 2023 Jul;32(3):397-405. doi: 10.1017/S096318012200072X. Epub 2023 Jan 9. PMID: 36621771.
  8. Colin Ward. Anarchia come organizzazione. Eleuthera editrice
  9. Rogers L, De Brún A, McAuliffe E. Exploring healthcare staff narratives to gain an in-depth understanding of changing multidisciplinary team power dynamics during the COVID-19 pandemic. BMC Health Serv Res. 2023 May 1;23(1):419. doi: 10.1186/s12913-023-09406-7. PMID: 37127626; PMCID: PMC10150666.
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