Gentile direttore,
un paio di giorni fa le ho scritto una lettera sul tema della formazione manageriale proponendo di considerarla già dal titolo una cosa “alla italiana”. Ho poi riflettuto su questa espressione che rischia di passare per irrispettosa del lavoro e dell’impegno di tanti per rendere il nostro Paese un paese adeguato ai bisogni dei suoi cittadini, vecchi e (speriamo) nuovi. In realtà, volevo solo riprendere quello che in maniera elegante e citatissima diceva in un suo aforisma Ennio Flaiano della politica italiana: la situazione è grave, ma non è seria. Ecco a me pare che questo utilizzo alla Flaiano della espressione “all’italiana” venga buona anche per commentare e interpretare la vicenda dei posti letto non fatti di terapia intensiva e semi intensiva su cui Qs ha richiamato giustamente e tempestivamente sin da lunedì scorso la nostra attenzione.
Richiamo innanzitutto l’attenzione sui numeri dei posti letto di terapia intensiva e semi intensiva di cui parliamo, numeri su cui manca chiarezza. Secondo il Sottosegretario Gemmato fonte dei dati riportati anche su Qs, andavano realizzati 3.453 di terapia intensiva e 3.983 di terapia semi intensiva, ma secondo le Linee di indirizzo del Ministero della Salute per l’attuazione dell’art. 2 del Decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, quelli da realizzare erano rispettivamente 3.500 e 4.225. In realtà, secondo questo Decreto quelli di terapia intensiva dovevano essere strutturalmente “nuovi”, mentre quelli di semi intensiva dovevano derivare da una riconversione di posti letto di area medica ed essere solo in parte aggiuntivi. Ma con i numeri non è finita qui: GIMBE ha evidenziato come nella rimodulazione dei fondi della Missione salute del PNRR il numero di posti letto di terapia intensiva e semi intensiva finanziati siano passati rispettivamente da 3.500 a 2.692 e da 4.225 a 3.230. Insomma, una gestione “all’italiana” già a partire dai numeri, sui quali magari qualcuno mi aiuti a fare chiarezza.
Un altro motivo di scarsa serietà nella vicenda è prendere per buono il dato sui posti letto mandato dalle Regioni senza una verifica di merito. Che cosa si intende per posto letto realizzato: un posto che risponde ai requisiti di autorizzazione o un posto che accanto a questi requisiti dispone già di un piano di utilizzo in caso di evento pandemico con personale “riservista” assegnato impegnato abitualmente in altre attività ma formato allo scopo? Le citate Linee di indirizzo ministeriali erano al riguardo chiare: “Si sottolinea, pertanto, la necessità del mantenimento di una quota di personale medico e infermieristico, altrimenti impegnato per altri tipi di assistenza, prontamente impiegabile per rafforzare la dotazione degli organici di terapia intensiva o semintensiva. A questo fine corsi a cadenza periodica e di aggiornamento sul campo in terapia intensiva permetteranno di mantenere nel tempo le competenze intensivologiche di base del personale dedito di norma ad altre attività.” Che questo sia stato fatto il Ministero lo ha verificato? Nelle Marche di certo non è stato fatto e manco ci si è pensato, eppure le Marche nella tabella del Sottosegretario Gemmato sembrerebbe avere fatto quasi tutto.
La realtà regionale delle Marche, tradizionalmente rappresentativa della “media” delle realtà regionali Italiane, evidenzia come i motivi di scarsa serietà di tutta l’operazione di potenziamento delle aree critiche (intensive e semi intensive) sono molti altri:
- non esiste una rete che metta assieme dati, modelli organizzativi e percorsi di cura delle aree critiche della Regione o anche solo delle terapie intensive;
- i nuovi posti letto di terapia intensiva vengono inseriti in una rete ospedaliera incoerente col DM 70 rispetto al quale sono operative e previste 4 unità di terapia intensiva in più (il che vuol dire dimensioni sub ottimali di alcune terapie intensive e carenze di personale in tutte);
- non vi è alcuna azione volta a integrare terapie intensive e terapie semi intensive secondo il modello delle aree critiche come proposto dal Consiglio Superiore di Sanità tanto che si stanno realizzando al di fuori di questo modello 5 nuove palazzine dedicate a un DEA di primo livello.
A questo punto verrebbe da dire che i ritardi nella realizzazione dei nuovi posti letto potrebbero essere per alcune Regioni l’occasione per fare stavolta bene le cose, smentendo tutta la letteratura straniera che da sempre ci addita come incapaci di riuscirci, come hanno fatto in tanti tra cui Saul Bellow che nel suo romanzo “Il dono di Humboldt” del 197 scriveva: “Le poste non funzionano. Non ha letto che l’Italia è in sfacelo?” Fare bene le cose, il Ssn si salva anche così.
fonte: https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=124560