Il Documento di Economia e Finanza (Def) certifica il definanziamento del servizio sanitario nazionale, non perché si prevede che la crescita di spesa sarà eccessiva (anzi, sarà irrisoria), ma perché, in assenza di adeguate politiche finanziarie e fiscali, tale comparto è stato utilizzato e sarà utilizzato, in un diffuso silenzio delle forze politiche e sindacali, quale bancomat per ridurre la spesa pubblica e il debito pubblico. Il futuro ci descrive come un paese fin troppo parsimonioso nel settore sanitario, con un indebolimento del sistema pubblico non nella speranza, ma nella volontà di fare spazio a forme alternative di finanziamento intermediato, meno eque e più onerose per le famiglie.
È stato approvato, nei giorni scorsi, il Documento di Economia e Finanza, noto con l’acronimo di Def. Si tratta di un atto dovuto, predisposto da un Governo che fra pochi giorni – o già ora per il lettore – non sarà più in carica e pertanto, correttamente, un documento programmatico prettamente tecnico, una specie di fotografia di quanto attuato e la riproposizione degli orientamenti e delle politiche recenti. In altri termini è un po’ come se, facendo una stima dell’andamento di un parametro negli ultimi cinque anni, ci si limitasse, tecnicamente, a proseguire quel trend lasciando a chi verrà – con buon senso politico e istituzionale – di definire qui provvedimenti che possano modificare, sulla base delle scelte politiche, i futuri scenari.
Se questa lettura è – come ritengo – corretta, il testo è utile per capire non tanto cosa accadrà, ma cosa è accaduto e cosa succederebbe proseguendo così. Non è detto che ciò avvenga, nel senso che… al peggio non c’è mai fine.
Quindi vediamo qualche cifra e qualche commento.
La spesa sanitaria pubblica rispetto al Pil, di cui si certifica il decremento di due decimali dal 2014 al 2018, verrà ulteriormente decurtata nel corso dei prossimi tre anni (Tabella 1)[1].
Tabella 1. Previsioni dell’andamento della spesa sanitaria pubblica rispetto al Pil. 2014 – 2021.
2014 | 2015 | 2016 | 2017 | 2018 | 2019 | 2020 | 2021 | |
Spesa | 110.961 | 111.240 | 112.372 | 113.599 | 115.818 | 116.382 | 118.572 | 120.897 |
% sul Pil | 6.8 | 6.7 | 6.7 | 6.6 | 6.6 | 6.4 | 6.3 | 6.3 |
Emblematica la riflessione che viene esposta dalla Corte dei Conti nell’audizione dedicata a tale documento, che denuncia la conseguente difficoltà di assicurare i Livelli essenziali di assistenza (LEA), in particolare nel settore della cronicità e della disabilità: “La forte pressione sul contenimento delle risorse si è riflessa nelle crescenti difficoltà di alcune regioni di garantire con carattere di efficienza e appropriatezza i livelli essenziali di assistenza. Ciò riguarda, in particolare, la cura delle disabilità e delle cronicità, sempre più frequenti in una popolazione longeva. Procede con difficoltà l’integrazione dell’assistenza primaria e delle cure specialistiche, mentre ampi margini di miglioramento devono ancora conseguirsi nella continuità assistenziale modulata sulla base delle condizioni e dell’evoluzione delle malattie. Sono sempre più necessari un potenziamento delle cure domiciliari e la definizione di modelli assistenziali centrati sui bisogni complessivi dei pazienti.”
Un ulteriore grido di allarme riguarda il taglio agli investimenti, ridotti di oltre il 42% in soli quattro anni, con conseguente paralisi dell’edilizia sanitaria e obsolescenza delle tecnologie: “Anche la difficoltà di garantire un adeguato flusso di investimenti (nell’ultimo quadriennio essi si sono ridotti di oltre il 42 per cento e nel 2017 sono calati di poco meno del 5,2 per cento rispetto al 2016) rischia di riverberarsi sulla stessa possibilità di garantire i livelli di assistenza e sulla qualità dei servizi offerti, con riguardo a strutture, apparecchiature, dispositivi o farmaci ad elevato contenuto tecnologico”.[2]
La Corte dei Conti osserva inoltre che, oltre al finanziamento della sanità, si restringe lo spazio riservato alle amministrazioni locali per spesa non sanitaria, quella destinata ai servizi più vicini ai cittadini, quali i servizi sociali, i trasporti pubblici locali, i servizi alla persona nel loro complesso.
Il lettore a questo punto penserà che è, come dire, la dura realtà dovuta forse al fatto che in questi anni, a differenza di altri comparti della pubblica amministrazione, non si è fatto abbastanza nel settore della sanità pubblica per il risanamento del Paese?
Oppure le previsioni di spesa sanitaria pubblica sono tali, in altri termini la sua crescita prevista è astronomica, in conseguenza delle mutazioni demografiche e delle abitudini consumistiche della popolazione? Si ipotizza quindi che la spesa sanitaria pubblica esploderà ed è quindi necessario porre rimedio a tale impetuosa crescita e quindi è indispensabile, per usare – una volta tanto un francesismo: “à la guerre come à la guerre”?
Un sintetica risposta ai due quesiti:
- Il comparto sanitario ha avuto, dal 2009 al 2015, una riduzione di 35.000 unità di personale, un impoverimento che supera del 50% quello registrato nel resto della pubblica amministrazione e la spesa sanitaria pubblica ha avuto una riduzione reale netta pro capite di 95,3 euro.
- Le previsioni di spesa sanitaria pubblica per i prossimi decenni sono, in base alla documentazione allegata al Def 2018[3], le seguenti:
Tabella 2. Previsioni di spesa per sanità, assistenza ad anziani e disabili (Long Term Care – LTC): 2020 – 2070.
2020 | 2030 | 2040 | 2050 | 2060 | 2070 | |
Spesa sanitaria pubblica | 6,3 | 6,7 | 7,2 | 7,6 | 7,7 | 7,6 |
Di cui per LTC | 0,7 | 0,7 | 0,8 | 1,0 | 1,1 | 1,1 |
In altri termini, dalla documentazione disponibile si apprende che, in base alle previsioni del Governo, basate sugli studi della Ragioneria Generale dello Stato (e sui criteri definiti in ambito europeo), fra oltre quarant’anni si raggiungerà la (incredibile e insostenibile?) percentuale del 7,7% del Pil da destinare al servizio sanitario nazionale. Ciò corrisponde a quanto vi destina attualmente la Gran Bretagna (7,7%), ma assai meno della Francia (8,6%) e della Germania (9,4%).
Una imponente ricerca, finanziata da The Bill & Melinda Gates Foundation ha valutato i trend di spesa sanitaria, dal 2015 al 2040 in 188 paesi [4]. Ho estratto i dati per effettuare un confronto fra l’Italia e 15 paesi dell’Ocse, come riportato in tabella 3.
Tabella 3. Stima della spesa pro capite (in dollari Usa) nel 2030 e nel 2030 e sue componenti nel 2030.
Attualmente solo tre paesi hanno una spesa pro capite inferiore all’Italia: Spagna, Portogallo e Grecia; nel 2030 saremo superati dalla Spagna e nel 2040 anche dal Portogallo!
Pur nella complessità dei dati qui esposti cosa si desume da questo quadro? Il Def certifica il definanziamento del servizio sanitario nazionale, non perché si prevede che la crescita di spesa sarà eccessiva (anzi, sarà irrisoria), ma perché, in assenza di adeguate politiche finanziarie e fiscali, tale comparto è stato utilizzato e sarà utilizzato, in un diffuso silenzio delle forze politiche e sindacali (salvo, ovviamente rare eccezioni), quale “Bancomat” per ridurre la spesa pubblica e il debito pubblico.
Il futuro ci descrive un paese fin troppo parsimonioso nel settore sanitario, con un indebolimento del sistema pubblico non nella speranza, ma nella volontà di fare spazio a forme alternative di finanziamento intermediato, meno eque e più onerose per le famiglie.
Bibliografia
- Ministero dell’Economia e delle Finanze, Documento di economia e finanza, 2018, Sezione II, Analisi e tendenza della spesa pubblica, pag. 35 e 37.
- Corte dei Conti – Sezioni riunite in sede di controllo. Audizione della Corte dei Conti sul Documento di economia e finanza 2018, Maggio 2018, pag. 13.
- Ministero dell’Economia e delle Finanze, Documento di economia e finanza, 2018, Sezione I, Programma di stabilità per l’Italia, pag. 86.
- Global Burden of Disease health Financing Collaboration Network, Trends in future health financing and coverage: future health spending and universal health coverage in 188 countries, 2016–40, Supplementary Appendix. The Lancet 2018 http://dx.doi.org/10.1016/S0140-6736(18)30697-4
Fonte: Saluteinternazionale.info