Il decreto Nordio è un pasticcio che sulla liberazione anticipata sta facendo impazzire i magistrati.
Bruno Visentini, una grande personalità legata a Treviso e a Venezia, metteva in guardia dal «filar caigo», cioè filare nebbia. Il ministro Carlo Nordio invece si sta caratterizzando nel realizzare il nulla. Anzi sul carcere adotta misure inutili e dannose come ha fatto con il decreto numero 92, approvato con la solita doppia fiducia, senza discussione e confronto reale. Il risultato è un pasticcio che sta facendo impazzire i magistrati che dovranno decidere sulla liberazione anticipata. Per non parlare dell’albo di comunità chiuse per consumatori di droghe, con meno diritti del carcere, gestite da associazioni amiche e proibizioniste. Si è trattato di una provocazione, ma i detenuti stanno dando prova di maturità evitando episodi di scontro violento.
Dopo due anni di attività di questa compagnia di giro non ci si può aspettare un’idea di riforma se non quella di cancellare l’articolo 27 della Costituzione. Eppure potrebbero realizzare cose facili per migliorare la vita quotidiana nelle celle: installare piastre elettriche per sostituire le pericolose bombolette a gas, prevedere la dotazione di ventilatori e frigoriferi (perché l’amministrazione fornisce solo i televisori?).
Nordio si è risvegliato dal torpore e promette per settembre la fine del sovraffollamento con l’espulsione dei detenuti stranieri (19.150) e l’affidamento dei cosiddetti tossicodipendenti (17.405) in comunità.
Prima di tutto gli consigliamo con fermezza di ritirare subito il disegno di legge sicurezza che prevede il reato di nonviolenza per i detenuti, il carcere anche per le donne che devono partorire (aggravando il Codice Rocco) e altre norme di stupida repressione. Per il resto sappiamo che le suddette misure sono pura propaganda e non sortiranno alcun effetto. Basta leggere i dati sulle presenze in carcere per la legge antidroga per constatare che oltre il 34% dei detenuti (19.521 prigionieri) è per violazione dell’art. 73 del dpR 309/90 che prevede pene draconiane (assurde per un reato senza vittima) per detenzione, piccolo spaccio e finanche cessione gratuita di sostanze stupefacenti illegali.
Una scelta saggia sarebbe quella di prevedere una riduzione delle pene allucinanti da sei a venti anni di carcere e consentire così di usufruire di tutta la gamma di misure alternative, compresa la messa alla prova. Invece, il governo ha appoggiato l’aumento delle pene per i fatti di droga di lieve entità. Probabilmente è questo intervento di politica criminale ad avere prodotto il picco di aumento dei detenuti a 61.133. Se l’eliminazione del sovraffollamento fosse raggiungibile con le promesse di Nordio, proprio il ministro dovrebbe spiegare il motivo per cui ha previsto un commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria. In tal caso ci sarebbero tanti posti e sarebbe semmai necessaria una opera di riqualificazione degli spazi, cioè di nuova architettura come si sta facendo nel carcere di Udine.
A settembre il governo dovrà dare il parere sulla proposta di istituire le case di reinserimento sociale, gestite dai sindaci, per detenuti che hanno da espiare una pena sotto i dodici mesi: sono 7.962 persone, un target significativo per una sperimentazione intelligente. In ultimo: il tempo a disposizione per applicare la sentenza della Corte costituzionale per il diritto alla affettività è ormai scaduto. Nordio sarà ossessionato dall’ombra di Banco.