I social media sono una fonte importante di informazioni sulla salute per la popolazione globale, ma la qualità delle informazioni che diffondono è spesso scarsa. Come possiamo arginare il rischio di disinformazione e misinformazione, sfruttando nel contempo le opportunità offerte da questi strumenti?
Con oltre 4,5 miliardi di utenti globali, i social media hanno rivoluzionato il modo in cui le persone interagiscono con le informazioni. I social media offrono infatti comunicazioni mirate che raggiungono rapidamente un vasto pubblico e consentono una partecipazione attiva degli utenti nella creazione e diffusione dei contenuti. Nel loro recente editoriale pubblicato nello European Journal of Public Health, Purba et al. (2024) affermano che i social media hanno democratizzato la diffusione delle informazioni sanitarie – permettendo la generazione di contenuti diversificati e accessibili al pubblico e ai professionisti – hanno l’innegabile vantaggio di connettere persone con interessi comuni, superando le barriere geografiche e favoriscono il coinvolgimento civico. D’altro canto, i social media hanno sollevato numerose problematiche, in primis per ciò che attiene all’accuratezza delle informazioni. Infatti, i social media possono avere parte attiva nella disinformazione e nella misinformazione. Questo aspetto è emerso con forza rispetto ai vaccini contro COVID-19, ma i temi di salute interessati da questo fenomeno sono innumerevoli.
I dibattiti che si generano sui social media sono spesso segnati dalla segregazione e dalla formazione di “echo chambers”, dove gli utenti interagiscono principalmente con contenuti che rispecchiano le loro convinzioni, contribuendo ai bias di conferma, rafforzando le opinioni estreme/polarizzate che possono portare a razzismo, sessismo e xenofobia, e amplificando la disinformazione. Gli stessi algoritmi di classificazione dei contenuti possono promuovere contenuti non salutari basati sul comportamento precedente degli utenti. L’uso dei social media è associato a condizioni di salute mentale come ansia e depressione, dovute in parte al modello economico dell’attenzione e alle caratteristiche progettuali che promuovono comportamenti di dipendenza, che alcuni strumenti come “Take A Break” di Instagram e i limiti di tempo di TikTok riescono ad arginare solo in parte. Inoltre, i contenuti dei social possono influenzare comportamenti dannosi per la salute attraverso il marketing e le opinioni degli influencer. Per questi motivi, gli autori raccomandano di considerare i social media come un determinante della salute rafforzando quanto già espresso da altri ricercatori.
Infatti, circa un anno fa, Zenone et al. (2023) hanno proposto di considerare l’industria dei social media come un determinante commerciale della salute a causa dei suoi impatti diretti e indiretti sulla salute degli utenti: i loro prodotti, come la pubblicità mirata, superano i metodi pubblicitari tradizionali in potenza, permettendo alle industrie dannose per la salute di raggiungere pubblici specifici. Questi gli elementi a sostegno della loro tesi:
- Caratteristiche di design addictive. Piattaforme come Facebook e Instagram utilizzano caratteristiche addictive (ad esempio, lo scorrimento infinito) per mantenere l’attenzione degli utenti. Nonostante ci siano prove della loro capacità di causare dipendenza, le aziende di social media spesso negano o minimizzano questo effetto.
- Amplificazione di disinformazione e discorsi di odio. Gli algoritmi progettati per massimizzare il coinvolgimento spesso promuovono contenuti polarizzanti e dannosi, creando camere d’eco. La diffusione di disinformazione, specialmente durante eventi come la pandemia di COVID-19, ha avuto significative implicazioni per la salute pubblica.
- Controllo della ricerca e finanziamento. Le aziende di social media limitano l’accesso ai dati, rendendo difficile per i ricercatori studiare gli impatti delle piattaforme. Le piattaforme finanziano anche la ricerca, indirizzandone potenzialmente il focus.
- Marketing mirato e sorveglianza. Le piattaforme di social media forniscono strumenti di targeting dettagliato per gli inserzionisti, comprese le industrie dannose per la salute come alcol e tabacco. Queste industrie possono aggirare le restrizioni per raggiungere popolazioni vulnerabili.
- Costruzione di coalizioni con le organizzazioni sanitarie. Le aziende di social media spesso collaborano con le organizzazioni sanitarie per combattere la disinformazione, ma questi sforzi sono visti come paradossali dato il ruolo delle piattaforme nella diffusione della disinformazione.
- Promozione dell’autoregolamentazione. Le aziende di social media sostengono l’autoregolamentazione per evitare misure normative esterne, spesso implementando misure volontarie che sono insufficienti per affrontare i problemi principali.
Il ruolo dei social media influencer
I social media influencer (SMI) sono diventati una fonte importante di informazioni sulla salute per la popolazione generale e, in misura maggiore, per la categoria degli adolescenti. Questo fenomeno ha generato nuove minacce per la salute della popolazione, dal momento che la diffusione di informazioni da parte degli influencer non solo è mossa per lo più da interessi commerciali, ma è anche caratterizzata, molto frequentemente, da una mancanza di competenze specifiche. Uno studio recente (2023) di Engel et al. ha analizzato 51 articoli pubblicati tra il 2012 e il 2022, con l’obiettivo di sintetizzare le evidenze esistenti sull’impatto dei SMI sulla salute degli adolescenti. Dalla ricerca è emerso che negli studi esaminati era stata prestata ancora poca attenzione al potenziale impatto positivo dei SMI e alla possibilità di includere gli influencer efficacemente nelle campagne di promozione della salute.
La maggior parte degli studi esaminati descriveva l’impatto negativo degli influencer sulla salute, esercitato attraverso la promozione di immagini corporee irrealistiche, diete non sane, uso di sostanze che inducono dipendenza e la diffusione di consigli inesatti su diagnosi e trattamenti. Un problema importante era rappresentato dalla pubblicità a prodotti malsani (ad esempio, cibo spazzatura, prodotti del tabacco e alcol). Negli Stati Uniti, il Centers for Disease Control and Prevention ha riconosciuto il ruolo svolto dai social media nel favorire l’epidemia di vaping tra i giovani: circa tre giovani americani su quattro (74%) sono stati esposti sui social media a post o contenuti correlati alle sigarette elettroniche.
Ricordiamo che recentemente si è verificata negli Stati Uniti un’epidemia di EVALI (E-cigarette or Vaping use Associated Lung Injury), una malattia polmonare correlata all’uso dei prodotti da svapo che ha causato, dal momento della sua identificazione nel 2019 fino a febbraio 2020, circa 2800 ricoveri (pazienti con età dai 13 agli 85 anni, 76% dei pazienti sotto i 35 anni) e 68 decessi (pazienti dai 15 ai 75 anni). Gli studi esaminati da Engel et al. proponevano quali soluzioni di politica sanitaria all’impatto negativo dell’attività degli influencer sulla salute una regolamentazione più severa e un miglioramento della alfabetizzazione sanitaria.
Una soluzione possibile: l’alfabetizzazione sanitaria digitale
L’effetto dei social media e dell’industria dei social media sulla salute è accentuato dalla limitata capacità della popolazione di disimpegnarsi efficacemente dai contenuti condivisi online e sulle piattaforme di social media. Un aiuto importante può giungere dall’acquisizione di competenze di alfabetizzazione sanitaria e, più specificamente, di alfabetizzazione sanitaria digitale (DHL). Nel corso dell’indagine europea sulla alfabetizzazione sanitaria della popolazione condotta nel 2019-2021 all’interno della rete M-POHL (Measuring Population and Organizational Health Literacy), la DHL è stata misurata in 13 Paesi europei (Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Germania, Ungheria, Irlanda, Israele, Norvegia, Portogallo, Slovacchia e Svizzera) (HLS19, 2021), per un totale di 28.057 partecipanti all’indagine. In M-POHL, il concetto di DHL si riferisce all’uso delle tecnologie digitali, inclusi i social media, per aspetti legati alla salute. La scala per la DHL include la capacità di cercare, accedere, comprendere, valutare, validare e applicare le informazioni sanitarie online, e la capacità di formulare chiaramente domande, opinioni, pensieri o sentimenti quando si interagisce digitando o postando informazioni su un dispositivo digitale. Queste abilità sono state indagate attraverso 12 domande nella quali si chiede ai rispondenti di esprimere quello che ritengono sia il loro livello di difficoltà nel metterle in pratica.
I risultati hanno mostrato che il compito più difficile era “giudicare se l’informazione è offerta con interessi commerciali” (54,1% “molto difficile” o “difficile”; range: 30,6% per la Norvegia – 82,6% per la Danimarca) e “giudicare se l’informazione è affidabile” (53,6% “molto difficile” o “difficile”; range: 36,1% per il Portogallo – 82,1% per la Danimarca). Entrambe queste abilità risultano fondamentali nel contrastare l’effetto dell’industria dei social media come determinante commerciale della salute e nel districarsi nei contenuti pubblicati, separando il grano (le informazioni vere) dal loglio (le informazioni false), anche rispetto ad un ulteriore fenomeno, ovvero le strategie di disinformazione che coinvolgono bot e troll (Zollo, 2024). Inoltre, l’analisi ha mostrato che la DHL dei partecipanti allo studio seguiva il gradiente sociale: più bassa era la posizione socio-economica, più bassa era la DHL.
In conclusione, i social media dovrebbero essere considerati un determinante di salute – e l’industria dei social media come un determinante commerciale della salute. I professionisti della salute necessitano di nuove competenze e di una maggiore consapevolezza delle opportunità e delle sfide offerte dai social media. Dal punto di vista metodologico, collegare l’attività sui social media con il comportamento offline è complesso a causa della scarsità di dati, preoccupazioni sulla privacy e mancanza di misure standardizzate (Zollo 2024). Gli studi spesso si basano su dati auto-riferiti, che possono non correlare con comportamenti misurati oggettivamente, e sono limitati a specifiche aree geografiche e periodi di tempo. Risulta pertanto indispensabile potenziare la ricerca per far emergere le possibili relazioni tra attività sui social e comportamenti. È essenziale anche aumentare la consapevolezza da parte dei professionisti in merito alla potenzialità positive e negative dei social media, così come rafforzare la regolamentazione normativa.
Nei Paesi europei, è necessario migliorare la DHL per contrastare gli effetti negativi dei social media e delle industrie dei social media. Migliorare la DHL in tutti i ceti sociali, ma in particolare tra i gruppi di popolazione più svantaggiati, è cruciale per dare alle persone la possibilità di prendere decisioni informate sulla salute e per proteggere la salute pubblica nell’era digitale.
Chiara Lorini, Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi di Firenze
Primo Buscemi, Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università degli Studi di Firenze
Bibliografia
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- Zollo F, Baronchelli A, Betsch C, Delmastro M, Quattrociocchi W. Understanding the complex links between social media and health behaviour. BMJ. 2024 Jun 20;385:e075645. doi: 10.1136/bmj-2023-075645. PMID: 38901860.
- Zenone M, Kenworthy N, Maani N. The Social Media Industry as a Commercial Determinant of Health. Int J Health Policy Manag. 2023;12:6840. doi: 10.34172/ijhpm.2022.6840. Epub 2022 Apr 27. PMID: 35490262; PMCID: PMC10125226.
- Engel E, Gell S, Heiss R, Karsay K. Social media influencers and adolescents’ health: A scoping review of the research field, Social Science & Medicine, Volume 340, 2024, 116387, ISSN 0277-9536, https://doi.org/10.1016/j.socscimed.2023.116387.
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- The HLS19 Consortium of the WHO Action Network M-POHL (2021): International Report on the Methodology, Results, and Recommendations of the European Health Literacy Population Survey 2019-2021 (HLS19) of M-POHL. Austrian National Public Health Institute, Vienna Online publication: https://m-pohl.net/Results
fonte: https://www.saluteinternazionale.info/2024/07/social-media-come-determinanti-di-salute/