Sono 181 milioni i bambini sotto i 5 anni che vivono in condizioni di grave povertà alimentare: è quanto emerge dal nuovo rapporto Child Food Poverty: Nutrition Deprivation in Early Childhood dell’Unicef, che ha introdotto il concetto di povertà alimentare infantile per evidenziare la mancanza di accesso a una dieta nutriente.
Bambini, fame, denutrizione, sono tre parole che non vorremmo mai più sentire nella stessa frase, non nel 2024, e invece oggi nel mondo un bambino su quattro (181 milioni di bambini sotto i 5 anni) vive in condizioni di grave povertà alimentare nella prima infanzia. Vale a dire bambini che sopravvivono con uno o due gruppi di alimenti al giorno e alcune volte anche meno.
L’Unicef ha introdotto il concetto di povertà alimentare infantile, intesa come l’impossibilità dei bambini di accedere e consumare una dieta nutriente e diversificata nella prima infanzia, per portare la deprivazione alimentare e la scarsa qualità della dieta nella prima infanzia in primo piano negli sforzi globali per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile sulla nutrizione dei bambini sotto i 5 anni.
Tra i bambini che vivono in condizioni di grave povertà alimentare, infatti, 4 su 5 sono nutriti solo con latte materno o prodotti caseari e con un alimento amidaceo di base, come riso, mais o grano. Meno del 10% riesce a mangiare frutta e verdura e meno del 5% uova, carne, pollame e pesce. Sul fronte opposto, diventa sempre più allarmante la percentuale di bambini che consumano cibi e bevande non salutari, cattive abitudini favorite da campagne di marketing allettanti e costi più accessibili per le famiglie.
È quanto emerge dal nuovo rapporto Unicef Child Food Poverty: Nutrition Deprivation in Early Childhood, nel quale vengono analizzate le cause della povertà alimentare nella prima infanzia. Dal rapporto emerge come il reddito familiare non sia l’unico fattore di povertà alimentare infantile: questa è infatti presente sia nelle famiglie povere sia in quelle non povere, e situazioni come la crisi alimentare e nutrizionale globale, i conflitti e la crisi climatica stanno intensificando la grave povertà alimentare infantile, soprattutto in contesti fragili e umanitari.
La povertà alimentare infantile colpisce tutte le regioni del mondo, ma non tutte allo stesso modo: l’Asia meridionale e l’Africa subsahariana ospitano più di due terzi (123 milioni) dei 181 milioni di bambini che vivono in condizioni di denutrizione, pari al 68%, rispetto al 13% dell’Asia orientale e al 9% dell’America Latina e dei Caraibi.
Striscia di Gaza: nove bambini su dieci soffrono la fame
La situazione più grave si registra nella Striscia di Gaza, dove oggi la povertà alimentare colpisce 9 bambini su 10, un dato impressionante frutto di mesi di guerre e ostilità che hanno portato al collasso i sistemi alimentari e sanitari e hanno avuto un impatto catastrofico su bambini e famiglie.
Da un monitoraggio dell’Unicef è emersa un’escalation senza precedenti della deprivazione alimentare: mentre nel 2020 solo il 13% dei bambini a Gaza viveva in condizioni di povertà alimentare, da dicembre 2023 ad aprile 2024 si stima che il loro numero sia cresciuto e che oggi sia compreso tra l’88% e il 95% il totale di bambini, che oggi sopravvivono con diete che comprendono due o meno gruppi alimentari al giorno.
Distruzione dei terreni agricoli, morte del bestiame, decimazione della flotta peschereccia, danneggiamento delle strutture di stoccaggio degli alimenti, sono solo alcune delle conseguenze del conflitto a cui si aggiungono le severe restrizioni all’importazione di beni commerciali e di forniture umanitarie nella Striscia di Gaza. Tutto questo ha privato e sta tutt’ora privando milioni di persone e soprattutto bambini del cibo, dell’acqua e del carburante di cui hanno bisogno.
L’alimentazione dei bambini come diritto alla vita
La povertà alimentare infantile nega ai bambini il diritto alla sopravvivenza, alla crescita e allo sviluppo. Una buona alimentazione e nutrizione sono un diritto di tutti i bambini, ovunque, e garantisce loro di godere della salute fisica e mentale, di svilupparsi e apprendere al massimo delle loro potenzialità.
Nonostante gli ultimi trent’anni (1990-2020) siano stati caratterizzati da una riduzione del 60% della mortalità infantile al di sotto dei 5 anni e siano diminuiti del 44% i bambini con arresto della crescita, attualmente si stima che 372 milioni di bambini sotto i 5 anni siano carenti di vitamine e altri nutrienti essenziali, 148 milioni abbiano crescita e sviluppo bloccati a causa della malnutrizione cronica e 45 milioni soffrano di deperimento, la forma più pericolosa di malnutrizione infantile. Per contro, 37 milioni vivono in sovrappeso o obesità. Questi dati dimostrano che non riusciamo a soddisfare il diritto di ogni bambino a un’alimentazione e una nutrizione sane.
Combattere la malnutrizione non è impossibile
A livello globale, i progressi per porre fine alla grave povertà alimentare infantile sono lenti, ma alcune regioni e paesi stanno dimostrando che sono possibili. Il Perù, per esempio, è uno di questi, ed è l’unico paese al mondo che dispone di oltre un decennio di dati annuali sulla povertà alimentare infantile, per valutare i progressi e informare le politiche e i programmi. È grazie a questi dati che sappiamo come, tra il 2007 e il 2021, in Perù la povertà alimentare infantile è scesa dal 26% al 16%, mentre quella grave è scesa dal 7% al 2,7%. Questo progresso si riscontra in tutte le diverse regioni peruviane ed è più pronunciato tra i bambini delle famiglie più povere. Di grande efficacia è stato il programma di trasferimento condizionato di denaro per ridurre la povertà di reddito, la malnutrizione e la mortalità infantile. Le madri peruviane povere ricevono un trasferimento di denaro mensile di 30 dollari per dare loro la possibilità di portare i propri figli in clinica per un regolare monitoraggio della crescita e per consulenze, alimenti complementari fortificati, integratori vitaminici e sverminazione. Inoltre il programma nazionale di assicurazione sanitaria a sostegno delle famiglie più vulnerabili è andato ampliandosi nel tempo.
Invece, per contrastare l’obesità infantile, il Paese ha introdotto una tassa del 25% sulle bevande ad alto contenuto di zucchero; inoltre tutti gli alimenti e le bevande trasformati devono riportare un’etichetta di avvertimento sulle confezioni se sono ad alto contenuto di zucchero, sale o grassi saturi. I genitori ricevono lezioni di cucina per imparare a preparare i pasti per i bambini piccoli con il giusto mix di gruppi alimentari.
È in Africa che troviamo un altro paese che ha fatto enormi progressi nel contrastare la fame dei più piccoli. Si tratta del Kenya, dove si è osservata una diminuzione incoraggiante della malnutrizione infantile, passata dal 35% nel 2008-2009 al 18% nel 2022.
A oggi però la povertà alimentare infantile si registra maggiormente nelle famiglie dedite prevalentemente alla pastorizia e che dipendono dal bestiame per il loro sostentamento e per l’alimentazione (latte, carne, sangue), famiglie che vivono in particolare nelle terre aride e semi-aride, esposte quindi a condizioni climatiche difficili. La percentuale di bambini interessati è di oltre il 40%. Siccità e aumento di popolazione riducono drasticamente la disponibilità di pascoli per l’allevamento; questo influisce negativamente sulla produzione di latte e costituisce di conseguenza una grave minaccia per lo stato nutrizionale dei bambini.
Nel 2021-2022 il governo è intervenuto, insieme a Fao, Unicef e altri partner, a sostegno delle comunità pastorali attuando un programma che prevedeva la fornitura alle famiglie di mangimi per il bestiame, da sola o in combinazione con una consulenza settimanale sull’alimentazione dei bambini, per ridurre i picchi stagionali di deperimento infantile durante le stagioni di siccità.
I risultati sono stati molto incoraggianti: nei bambini sotto i 5 anni il consumo medio giornaliero di latte animale è aumentato di 200 ml tra le famiglie che hanno ricevuto solo i mangimi per il bestiame e di 240 ml tra le famiglie che hanno ricevuto sia i mangimi che la consulenza nutrizionale. Dati alla mano, si è visto che la probabilità di sperimentare la povertà alimentare si riduce del 44% nei bambini appartenenti a famiglie che hanno ricevuto solo mangimi per il bestiame e ben del 61% nei bambini di famiglie che hanno ricevuto sia cibo per il bestiame che consulenza nutrizionale.
Molteplici cause
L’insufficienza delle risorse finanziarie e le difficoltà di accesso agli alimenti nutrienti sono tra le principali di rischio per l’alimentazione dei bambini. Molte famiglie hanno infatti problemi nel trovare alimenti nutrienti nei mercati o nei negozi locali e difficoltà a raggiungerli per mancanza di mezzi di trasporto, strade chiuse o non sicure.
Ci sono anche fattori di disparità di genere che contribuiscono alla malnutrizione infantile: basti pensare che esistono contesti in cui le donne hanno un livello di istruzione basso e la loro autonomia e capacità di prendere decisioni, per esempio su quali prodotti acquistare e quali somministrare ai propri figli, sono limitate. Inoltre, laddove le donne svolgono anche un’attività autonoma, tendono a essere gravate da un elevato carico di lavoro domestico che rende più difficile trovare il tempo per preparare pasti nutrienti per i bambini più piccoli.
Povertà alimentare, arresto della crescita e deperimento
Sono tantissimi anche i bambini che soffrono delle conseguenze della denutrizione: la percentuale di piccoli che vivono in condizioni di grave povertà alimentare, infatti, è tre volte superiore nei Paesi con un’alta prevalenza di arresto della crescita, a conferma di quanto siano concatenate queste due problematiche.
Nel frattempo aumenta la percentuale di bambini che consumano cibi e bevande non salutari. In Nepal, per esempio, il 42% dei bambini che vivono in condizioni di grave povertà alimentare consuma alimenti ad alto contenuto di zuccheri, sale e grassi, e il 17% consuma bevande dolci.
«Ma possiamo cambiare questa situazione: porre fine alla povertà alimentare infantile è una scelta politica e le soluzioni sono ben note. Attingendo a esempi concreti e recenti, delineiamo un percorso per affrontare il problema, in modo da mettere al centro il diritto dei bambini all’alimentazione e alla nutrizione nella prima infanzia», afferma Catherine Russell, direttrice generale dell’Unicef. «Mobilitiamo l’impegno e le risorse dei governi, delle organizzazioni di sviluppo e umanitarie, della società civile, del mondo accademico e dell’industria alimentare» continua Russell. Un imperativo morale, ma anche una scommessa sul futuro.
Marzia Farrace – Farmacista dal 2008, si è laureata all’Università La Sapienza di Roma e ha frequentato il Master in Comunicazione Scientifica dell’Università di Parma. Le piace ascoltare e aiutare le persone a curarsi. Ama la scienza, la natura e la scrittura.