Nascite pretermine: il fattore clima. di Alessandra Tognolli

Gli studi stanno iniziando a evidenziare una nuova e ancora poco discussa conseguenza del cambiamento climatico: l’aumento delle nascite pretermine legato a dei periodi prolungati di caldo estremo. Durante il terzo trimestre di gestazione più alta è la temperatura, maggiore è il rischio che corrono madri e neonati.


Tra il 2005 e il 2013 la California ha registrato numerose ondate di calore, che hanno inciso sulle condizioni di salute dei suoi abitanti. Le donne in gravidanza sono state una delle fasce più colpite dal fenomeno: le naturali difficoltà di questo delicato periodo sono state esacerbate dalle alte temperature, aumentando il rischio di complicazioni per madri e neonati.

Per comprendere meglio le ripercussioni di questo evento, un team di esperti guidato da Sindana D. Ilango ha analizzato un campione di quasi due milioni di partorienti tra maggio e settembre di quegli anni. I risultati dell’analisi hanno ipotizzato una nuova conseguenza del cambiamento climatico: l’aumento di nascite pretermine in periodi con temperature sopra la media. Tra il 2005 e il 2013, infatti, lo studio ha evidenziato un aumento del 13% di parti pretermine in conseguenza di ondate di calore di almeno quattro giorni. Pubblicato nel 2020 sulla rivista Environment International, lo studio ha concluso che durante il terzo trimestre di gestazione, più alta è la temperatura o più lunga è l’ondata di calore, maggiore è il rischio di nascita prematura. Anche ricerche italiane più recenti hanno scandagliato questa relazione fra caldo e nascite pretermine considerando i dati in sei città italiane.

I parti pretermine, definiti come la nascita di un bambino prima delle 37 settimane di gestazione, concludono circa 15 milioni di gravidanze ogni anno a livello globale. I nati prematuri sono più suscettibili a problemi respiratori e cardiaci, infezioni, e difficoltà di alimentazione. A lungo termine, possono manifestare inoltre diverse forme di disabilità dello sviluppo, tra cui difficoltà nell’attenzione, nel movimento e nel linguaggio. Per le madri invece, il parto pretermine può significare un aumento dello stress psicologico e fisico, complicazioni durante il travaglio e maggiori difficoltà nella cura del neonato.

Gli effetti del caldo estremo sulla gravidanza sono stati esaminati anche in un recente studio condotto da Shanshan (Shandy) Li, della Monash School of Public Health and Preventive Medicine. Il team di ricerca ha esaminato la relazione tra nascita prematura e l’esposizione alle alte temperature, prendendo anche in considerazione come fattore attenuante la presenza di verde nella città di residenza delle madri. Dopo l’analisi di 1,2 milioni di parti avvenuti a Sydney tra il 2000 e il 2020, inclusi 63.144 casi di prematurità, i dati hanno evidenziato un legame significativo, soprattutto nel terzo trimestre, tra i giorni di caldo estremo e la nascita prematura.

«Il dato è sicuramente da approfondire il prima possibile», commenta Domenico De Rose, neonatologo presso la Terapia intensiva neonatale, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, e membro dei Gruppi di studio Nutrizione neonatale, Infettivologia neonatale e Neonato chirurgico della Società Italiana di Neonatologia (SIN). «Durante la gravidanza, il corpo della donna subisce cambiamenti significativi che aumentano la sensibilità agli sbalzi di temperatura. Questo fenomeno è dovuto ai cambiamenti ormonali e alle modificazioni nella circolazione sanguigna che caratterizzano questo periodo. Le variazioni che ne derivano possono alterare la capacità del corpo di regolare e sopportare il calore, rendendolo più suscettibile alle condizioni meteorologiche estreme».

fattori già accertati che influenzano un parto pretermine possono essere suddivisi in tre categorie: aspetti biologici, socioculturali e comportamentali. Oltre a questi oggi sembra quindi delinearsi sempre più il fattore clima.

Le temperature elevate per un lungo periodo di tempo possono inoltre avere un impatto diretto sulla qualità e durata del sonno, compromettendo il ritmo circadiano naturale (l’alternanza sonno-veglia che si ripete ciclicamente per ogni essere umano). «Durante il riposo si verificano diverse funzioni fisiologiche cruciali per il benessere fisico e mentale. Un disturbo del sonno può avere delle ripercussioni negative sulla pressione sanguigna, aumentando il rischio di ipertensione e preclampsia», spiega De Rose. Anche un recente studio pubblicato su Nature ha confermato l’ipertensione materna in condizioni di caldo estremo come possibile spiegazione del fenomeno delle nascite pretermine.

Tuttavia, il motivo per cui temperature elevate aumentano il rischio di una nascita pretermine è ancora in discussione. «È molto difficile dimostrare la correlazione tra i due fenomeni. I cambiamenti che il corpo subisce durante la gravidanza rendono complesso il processo di isolare e studiare l’effetto specifico del calore».

Per cercare di comprendere le possibili cause del fenomeno, negli ultimi anni sono state formulate diverse ipotesi. Una teoria suggerisce che il calore possa causare disidratazione, aumentando la densità del sangue e riducendo il flusso verso l’utero. In risposta, si verificherebbe un aumento dei livelli di ormoni antidiuretici e ossitocina nel corpo della madre, inducendo il travaglio. Altri studi si sono concentrati invece sulla condizione fisiologica che si verifica quando il corpo è esposto a temperature elevate per periodi prolungati, ovvero lo stress da calore. Quest’ultimo comporterebbe un’attivazione eccessiva dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, aumentando il livello dei due ormoni principalmente associati a contrazioni uterine e parto pretermine, corticotropina e cortisolo. Anche l’aumento di peso durante la gravidanza può ridurre la capacità di dissipare il calore, così come il feto stesso contribuisce allo stress termico della madre.

Non tutte le regioni del mondo sono colpite allo stesso modo dalle conseguenze del cambiamento climatico. Le aree con climi già caldi e quelle in via di sviluppo sono particolarmente vulnerabili: paesi come l’India, il Brasile e quelli dell’Africa sub-sahariana, dove l’accesso ai servizi sanitari è limitato, affrontano rischi maggiori. Anche all’interno dei paesi sviluppati – Stati Uniti in primis – si riscontrano aree con alti tassi di nascite pretermine, in particolare all’interno delle comunità socioeconomicamente svantaggiate che vivono in aree urbane densamente popolate con risorse limitate per mitigare l’impatto del calore.

In Italia ogni anno nascono circa 400.000 bambini, di cui più del 6% prematuri. «I risultati di altri paesi evidenziano la necessità di ulteriori indagini anche nelle nostre regioni, per comprendere meglio i meccanismi coinvolti. Ogni anno le temperature sono più elevate, soprattutto nel periodo estivo, e le previsioni ci dicono che continueranno a salire. Occorrono studi prospettici con un campione di popolazione molto vasto, in modo da chiarire il ruolo che il caldo gioca nell’incremento delle nascite pretermine e sviluppare strategie di prevenzione efficaci», conclude De Rose.

fonte: https://www.scienzainrete.it/articolo/nascite-pretermine-fattore-clima/alessandra-tognolli/2024-06-26

Alessandra Tognolli – Nata a Trieste, dopo aver conseguito la laurea in Relazioni Internazionali, ha proseguito il proprio percorso accademico frequentando il Master in Comunicazione della Scienza “Franco Prattico” presso la SISSA. Collabora con il quotidiano locale Il Piccolo e con Radioattività.

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