Sebbene l’Europa sia il continente che sta registrando i più rapidi aumenti delle temperature a livello globale, al momento è impreparata ad affrontarne le conseguenze. I rischi climatici minacciano molteplici ambiti: sicurezza energetica e alimentare, gli ecosistemi, le infrastrutture, le risorse idriche, la salute dei cittadini. Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente (AEA), molti di questi rischi hanno già raggiunto livelli critici, che potrebbero diventare catastrofici in assenza di interventi rapidi. Il report European Climate Risk Assessment (EUCRA) evidenzia come la combinazione tra i pericoli climatici e i pericoli non climatici accresca complessivamente i rischi economici, sociali e ambientali a cui la collettività è esposta. Inoltre, il report mette in luce i collegamenti tra diversi rischi e la loro capacità di diffondersi sia da un settore a un altro sia da una regione all’altra.
Il primo marzo scorso l’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) ha pubblicato i risultati della prima valutazione europea dei rischi climatici, European Climate Risk Assessment (EUCRA). Il report evidenzia che le politiche e gli interventi di adattamento adottate in Europa non procedono con la stessa rapidità con cui stanno evolvendo i rischi climatici.
Il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato e la media globale della temperatura nel periodo tra febbraio 2023 e gennaio 2024 ha superato i livelli preindustriali di 1,5°C. L’Europa è il continente con il riscaldamento più rapido a livello globale. Il caldo estremo, un tempo relativamente raro, sta diventando più frequente mentre le precipitazioni estreme stanno aumentando di intensità e negli ultimi anni si sono verificate inondazioni catastrofiche in varie regioni europee. Allo stesso tempo, l’Europa meridionale è soggetta a un notevole calo delle precipitazioni e a siccità più gravi.
I rischi climatici variano in base ad aspetti geografici e socio-economici
Il rischio (risk) dipende dall’esposizione di persone e beni ad un determinato pericolo (hazard) e dalle condizioni ambientali e socioeconomiche che determinano la loro vulnerabilità a questo pericolo. I rischi climatici, quindi, variano notevolmente in funzione delle regioni geografiche, dei settori economici e dai gruppi di soggetti vulnerabili colpiti da un determinato pericolo.
Tendenze osservate e previste nei principali fattori di rischio climatico in diverse regioni europee. Fonte European climate risk assessment Executive summary pagina 5
Le regioni del sud Europa, le aree costiere basse e le regioni ultraperiferiche UE sono hotspot per molteplici rischi climatici. L’Europa meridionale è particolarmente esposta ai rischi dovuti al crescente impatto del caldo e della siccità sulla produzione agricola, sul lavoro all’aperto, sul turismo estivo e sugli incendi.
Le regioni costiere basse, comprese molte città densamente popolate, sono a rischio di inondazioni, erosione e intrusione di acqua salata nelle falde acquifere, tutte minacce ulteriormente aggravate dall’innalzamento del livello del mare.
Le regioni ultraperiferiche dell’UE, infine, si trovano ad affrontare rischi causati dalla loro posizione remota, dalle infrastrutture più deboli e dalla limitata diversificazione economica.
Il cambiamento climatico è un moltiplicatore di rischi
I rischi associati ai pericoli climatici dipendono anche da fattori di rischio non climatici; infatti, l’uso insostenibile del territorio, la gestione inadeguata delle risorse idriche, la perdita di biodiversità, l’eutrofizzazione e l’inquinamento aumentano la vulnerabilità degli ecosistemi ai rischi climatici, amplificando le minacce già esistenti e innescando rischi a cascata che possono diffondersi da una regione all’altra e propagarsi a più sistemi tra loro interconnessi.
Per esempio, il rischio crescente di gravi siccità e le ondate di calore estremo costituiscono una minaccia per l’industria, le centrali e le reti elettriche, le reti idriche e di trasporto. Le reti infrastrutturali sono spesso interconnesse, quindi un guasto in un punto della rete può estendersi anche ad altre regioni e Paesi. I danni a queste infrastrutture critiche possono influenzare a loro volta quasi tutti gli aspetti della società, dall’economia alla salute umana. Viceversa, anche gli impatti climatici sulla salute e sul benessere umano, compresi quelli dei lavoratori, possono influenzare a loro volta la produttività e il fabbisogno di risorse del sistema sanitario, e quindi dell’economia in generale.
Le precipitazioni estreme e le inondazioni su vasta scala che si sono verificate in Germania e Belgio nel 2021 hanno causato 44 miliardi di euro di danni e oltre 200 morti. In Slovenia nel 2023 i danni stimati a seguito dell’alluvione ammontavano circa al 16% del PIL nazionale. Questi eventi, in combinazione con altri fattori di rischio economico, finanziario o geopolitico, possono superare le capacità finanziarie dei Paesi colpiti, arrivando a minare la disponibilità di risorse economiche necessarie per altri settori, come per esempio la sanità.
Collegamenti tra fattori di rischio e cluster di rischi climatici valutati Fonte European climate risk assessment Executive summary pagina 9
La consapevolezza dei fattori di rischio non climatici e delle cascate di rischio è fondamentale per ridurre i rischi climatici perché offre diversi possibili obiettivi per le strategie di riduzione del rischio. Spesso è più efficace affrontare un rischio all’inizio della cascata piuttosto che a valle.
È necessario che politiche globali di adattamento prevengano il deterioramento delle risorse che stanno alla base dei bisogni umani fondamentali, come gli ecosistemi, il cibo e la salute, promuovendo al tempo stesso la resilienza dei sistemi economico-sociali e delle infrastrutture.
Un’infrastruttura ben mantenuta con sistemi di ridondanza ha meno probabilità di collassare durante un evento estremo rispetto a un’infrastruttura obsoleta; così come servizi sanitari efficienti, con piani d’azione per affrontare gli effetti sulla salute delle ondate di calore, hanno meno probabilità di essere sopraffatti rispetto ai servizi sanitari che sono già in difficoltà quotidianamente.
Le politiche di adattamento devono anche considerare le disuguaglianze preesistenti e l’onere sproporzionato che grava sui gruppi vulnerabili più colpiti dalla mancanza di servizi essenziali.
Diversi rischi climatici hanno già raggiunto livelli critici
Il report ha individuato e analizzato i 36 maggiori rischi climatici per l’Europa e li ha suddivisi in 5 gruppi: ecosistemi, cibo, salute, infrastrutture ed economia e finanza. Più della metà, 21 rischi su 36, richiedono ulteriori interventi e 8 di questi rischi climatici richiedono interventi urgenti. Circa un terzo dei rischi necessita di ulteriori studi e approfondimenti o di una revisione del quadro delle politiche per la loro gestione. Tutto ciò indica che le politiche volte alla mitigazione dei rischi climatici devono aumentare in termini di ambizione, portata e attuazione.
Va anche tenuto conto che numerose misure volte a migliorare la resilienza richiedono tempi lunghi per la loro realizzazione, ciò rende necessari interventi urgenti anche per quei rischi che non hanno ancora raggiunto livelli critici.
Collegamenti tra fattori di rischio e cluster di rischi climatici valutati. Fonte European climate risk assessment Executive summary pagina 12
Gli ecosistemi
Il gruppo degli “Ecosistemi” è quello che richiede il maggior numero di “azioni urgenti” o che “necessita di ulteriori azioni”.
I rischi per gli ecosistemi marini e costieri sono particolarmente gravi a causa dell’interazione tra fattori climatici, come le ondate di caldo, l’acidificazione e la carenza di ossigeno e fattori non climatici, quali l’inquinamento e l’eutrofizzazione, la pesca e altre attività antropiche. Ciò può comportare una sostanziale perdita di biodiversità e un declino dei servizi ecosistemici, propagando il rischio ad altri sistemi sociali. Per esempio l’eutrofizzazione, causata dall’inquinamento ed esacerbata dai fattori climatici, aumenta la proliferazione di alghe dannose e agenti patogeni nelle acque costiere, creando rischi per la salute umana.
Gli ecosistemi costieri sono inoltre colpiti da erosione e inondazioni causati degli effetti combinati dell’innalzamento del livello del mare e delle mareggiate da una parte e dagli argini dovuti alle infrastrutture costiere dall’altra. Ciò crea rischi critici con la conseguente necessità di adattamento sia per gli ecosistemi stessi, così come per le comunità che vivono nelle zone costiere.
I principali rischi legati al clima per gli ecosistemi terrestri e di acqua dolce includono siccità più lunghe e gravi, cambiamenti nei modelli delle precipitazioni e aumento degli incendi. Questi rischi, uniti a pratiche insostenibili di gestione delle acque e delle attività industriali, possono portare a cambiamenti nella composizione delle biodiversità dovuti a cambiamenti negli habitat, alterazione della salute del suolo e aumento delle specie esotiche invasive.
L’UE e i suoi Stati membri dovrebbero attuare politiche per il mantenimento e il ripristino degli ecosistemi, soprattutto marini e costieri, in particolare minimizzando le pressioni antropiche.
Il rimboschimento, la conservazione e il ripristino delle foreste possono contribuire sia alla mitigazione sia all’adattamento al cambiamento climatico. A tal fine, gli ecosistemi trarranno vantaggio dall’attuazione da parte degli Stati membri della normativa sul ripristino della natura promulgata dall’UE. Tuttavia le politiche ad oggi adottate dovrebbero essere rafforzate.
La sicurezza alimentare
Tra i rischi riguardanti la produzione alimentare, quelli relativi alla produzione agricola sono i più urgenti. Nell’Europa meridionale i cattivi raccolti e i rendimenti ridotti hanno già raggiunto un rischio critico durante i periodi di siccità prolungata e caldo eccessivo. La gravità dei fenomeni dipende, anche in questo caso, da fattori non climatici che variano su base regionale, come le condizioni idrologiche e lo stato degli impianti irrigazione. Inoltre, i cambiamenti climatici possono aumentare la frequenza di alluvioni, piogge intense e gelate, oltre che contribuire alla diffusione di fitopatie, tutti eventi che possono danneggiare i raccolti.
La sicurezza alimentare in Europa dipende anche dall’importazione dall’estero. Secondo il report, i rischi legati alla produzione di cibo e all’interruzione della catena di distribuzione di prodotti alimentari, provenienti dai Paesi extraeuropei, aumenteranno rapidamente a causa degli impatti climatici ancora più elevati in questi Paesi e dell’aumento della domanda dovuta alla crescita della popolazione globale.
Le principali politiche dell’UE relative alla produzione alimentare, la politica agricola comune (PAC) e la politica comune della pesca (PCP), non affrontano adeguatamente i rischi climatici e le esigenze di adattamento.
Per affrontare i rischi climatici relativi alla produzione e alla sicurezza alimentare occorre attuare politiche sia per la trasformazione dei sistemi di produzione alimentare, sia per l’influenzare la domanda e migliorare l’accesso al cibo per tutta la popolazione.
Sono urgentemente necessari maggiori sforzi per gestire il rischio di siccità prolungata. Occorre dunque sostenere colture più resistenti alla siccità e colture a minore consumo idrico, favorire modelli di agricoltura sostenibile come l’agricoltura rigenerativa.
Anche politiche volte a cambiamenti nella dieta della popolazione possono contribuire a migliorare la sicurezza alimentare. Un passaggio parziale dagli alimenti di origine animale a quelli di origine vegetale, come previsto dalla strategia Farm to Fork, può ridurre il consumo di acqua per la produzione alimentare, nonché la dipendenza dai mangimi provenienti da Paesi extraeuropei.
La salute
I cambiamenti climatici minacciano la salute sia a livello individuale sia a livello sistemico mettendo sotto pressione i sistemi sanitari. I maggiori rischi sono connessi alle ondate di calore e al rischio di malattie, un tempo tipicamente tropicali.
Il calore estremo espone gran parte della popolazione allo stress da caldo, in particolare nell’Europa meridionale e occidentale. Secondo le stime del report, il caldo record dell’estate 2022 ha causato tra i 60.000 e i 70.000 morti Europa, nonostante i considerevoli investimenti nei piani d’azione per la tutela della salute dei cittadini durante le ondate di calore.
Estati più calde, inverni più miti, inondazioni più frequenti e siccità prolungate stanno creando condizioni favorevoli alla diffusione di numerose malattie infettive trasmesse dall’acqua e dagli alimenti come quelle da campylobacter e salmonella. Inoltre, le temperature più alte stanno facilitando la migrazione verso nord degli insetti vettori di malattie e la loro diffusione ad altitudini più elevate. L’Europa meridionale, per esempio, è già abbastanza calda affinché le zanzare possano trasmettere malattie come il dengue e chikungunya.
Anche gli incendi, favoriti dalle temperature più alte, costituiscono una minaccia per la salute umana, sia per il rischio di feriti causati dall’incendio stesso, sia per le intossicazioni causate dal fumo.
I rischi per la salute legati al clima sono maggiori per i soggetti fragili, come bambini, anziani, persone con disabilità e coloro che sono immunocompromessi o hanno altre condizioni mediche preesistenti.
Anche i fattori socio-economici influenzano il modo in cui i cambiamenti climatici e le condizioni meteorologiche estreme influiscono sulla salute umana. I soggetti che vivono in abitazioni con scarso isolamento termico, in quartieri urbani densamente abitati o all’interno di isole di calore e con accesso limitato ad aria condizionata e all’acqua potabile sono maggiormente a rischio durante le ondate di caldo.
Inoltre, le strutture sanitarie potrebbero essere compromesse da eventi climatici estremi, quali le alluvioni, acuendo l’emergenza sanitaria.
Le politiche sanitarie sono principalmente responsabilità degli Stati membri.
L’UE sta già adottando misure per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici sulle malattie infettive. Ciò viene fatto attraverso iniziative politiche, come EU4Health. Inoltre, diversi servizi della Commissione e agenzie dell’UE garantiscono un’adeguata preparazione e risposta a possibili future epidemie.
Tuttavia, l’UE potrebbe supportare gli Stati membri nell’attuazione di politiche che mirino a rendere i sistemi sanitari pronti ad affrontare i rischi climatici, rafforzando e armonizzando i sistemi di sorveglianza delle malattie correlate al cambiamento climatico, sostenendo programmi di controllo dei vettori e delle malattie infettive, compresi i programmi di vaccinazione laddove esistono vaccini, incentivando la formazione continua per gli operatori sanitari affinché possano imparare a identificare malattie che non erano presenti in un dato Paese.
Inoltre, potrebbe rafforzare il meccanismo europeo di protezione civile. Ciò sosterrebbe la mobilitazione transfrontaliera del personale medico e delle forniture durante le emergenze sanitarie legate al clima.
L’UE può utilizzare la propria funzione legislativa, inclusa la European Framework Directive for Safety and Health at Work, per proteggere i lavoratori all’aperto dal caldo estremo.
Le infrastrutture
Gli edifici e le infrastrutture in Europa sono sempre più spesso minacciati da eventi meteorologici estremi. Tali eventi possono interrompere i servizi essenziali, tra cui l’approvvigionamento idrico, le reti di trasporto ed energetiche. Il sistema energetico nell’Europa meridionale è già esposto a rischi rilevanti causati dal caldo e della siccità prolungata, che si ripercuotono sulla produzione, sulla trasmissione e sui picchi di domanda di energia. Le nuove infrastrutture energetiche nelle regioni con scarsità d’acqua dovrebbero essere il più efficienti possibile dal punto di vista idrico ed essere pianificate tenendo conto delle proiezioni climatiche e delle richieste potenzialmente concorrenti di altri settori, come per esempio l’agricoltura.
La Direttiva sulla resilienza delle entità critiche adottata nel 2022 offre importanti opportunità per valutare e migliorare la resilienza delle infrastrutture critiche in Europa, indipendentemente dal fatto che siano di proprietà pubblica o privata. Queste opportunità dovrebbero essere sfruttate al meglio, anche per quanto riguarda la resilienza ai cambiamenti climatici e agli eventi estremi.
Attualmente sono in fase di aggiornamento gli Eurocodici, norme europee per orientare la progettazione strutturale degli edifici e delle opere di ingegneria civile. Tuttavia, questi standard si basano in gran parte su dati climatici storici. Per tenere conto dei futuri rischi climatici durante la vita delle attuali infrastrutture, questi standard devono incorporare proiezioni climatiche basate su analisi di scenari, compresi gli scenari peggiori per infrastrutture particolarmente critiche.
Economia e finanza
Le valutazioni attuali prevedono che il sistema macrofiscale e finanziario europeo corra seri rischi a causa degli impatti dei cambiamenti climatici. Gli eventi climatici estremi che causano ingenti danni possono comportare, tra le altre cose, una riduzione delle entrate fiscali, un aumento della spesa pubblica, un abbassamento del rating creditizio e un aumento del costo del debito pubblico.
Anche il settore privato è esposto a notevoli rischi, in particolare il mercato immobiliare e il settore assicurativo. L’intensificarsi degli impatti climatici può aumentare ulteriormente i premi assicurativi e le istituzioni finanziarie sono esposte ai rischi climatici derivanti dall’aumento della probabilità di default e dalla perdita di valore delle attività. Le aziende europee, comprese le imprese e i servizi nei settori essenziali, sono esposte ai rischi derivanti dalle interruzioni delle catene di approvvigionamento legate al clima, che possono essere ulteriormente aggravate da altri fattori, tra cui le tensioni geopolitiche.
Con una maggiore consapevolezza del rischio finanziario legato al clima, i mercati finanziari e le aziende valuteranno sempre più i rischi climatici e ne terranno conto per i loro investimenti. Ciò potrebbe comportare disinvestimenti o uscite da settori e regioni ad alto rischio, con possibili ricadute sulle famiglie e sul settore pubblico.
L’Europa è impreparata per affrontare gli scenari più critici
In conclusione, il report evidenzia come le attuali valutazioni del rischio climatico tendano a sottostimare il rischio complessivo, che è dato anche dall’interazione tra fattori climatici e non climatici, e da scenari improbabili ma plausibili.
Le attuali politiche di adattamento europee si concentrano in gran parte su scenari intermedi, e trascurano gli scenari a bassa probabilità e ad alto impatto, i cosiddetti rischi di coda. Poiché gli eventi meteorologici estremi degli ultimi anni suggeriscono sempre più che gli effetti del cambiamento climatico probabilmente supereranno molti scenari previsti dai modelli climatici, è quindi imperativo che le politiche di adattamento e mitigazione siano sviluppate considerando anche gli impatti dei rischi di coda.
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