Un palco da montare da zero e in tempi stretti. Siamo in molti a lavorare: incominciamo a innalzare la struttura e tutto fila liscio, come il solito. Ormai è quasi automatico. Io e i miei colleghi siamo a terra per montare i motori pesantissimi che fungono da basi per gli amplificatori e materiale illumino-tecnico.
Un attimo, un istante, un secondo per capire che qualcosa non sta andando come dovrebbe. Vedo i miei colleghi scappare e sento le urla, ma non capisco da dove provengano e a chi siano rivolti. Corro, pur non sapendo cosa stia succedendo, ma in quel secondo non penso da che parte andare. Corro. E un istante dopo, il buio.
Sei anni per avere una sentenza, sei anni per avere una risposta alle tante domande che i familiari di Matteo, il rigger coinvolto nell’infortunio mortale, ma soprattutto la mamma Paola, si sono posti.
Aprile 2018. Finalmente la sentenza. Il giudice condanna cinque persone. Omicidio colposo. Ognuno con una parte di responsabilità per la morte di Matteo.
Questa storia è la cinquantasettesima aggiunta al repertorio delle storie di infortunio, nel quale sono raccolte le storie scritte dagli operatori dei servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro che hanno partecipato al progetto “Dall’inchiesta alla storia: costruzione di un repertorio di storie di infortunio sul lavoro”.
Vai al repertorio delle storie di infortunio, leggi direttamente la sintesi della storia o la storia completa “Parola a Matteo”.
Fonte: Dors