Le comunità energetiche rinnovabili segnano una svolta nella produzione e nel consumo di energia, puntando su fonti sostenibili e su una distribuzione decentralizzata. Gli incentivi economici, quali i contributi a fondo perduto del PNRR, facilitano l’adozione di queste soluzioni che, oltre a diminuire le emissioni di CO2, contribuiscono all’indipendenza energetica. Una strategia che promuove l’innovazione e la responsabilità ambientale. Immagine: diagramma di una comunità energetica da Gruber L et al, Towards resilient energy communities: Evaluating the impact of economic and technical optimization, Electrical Power and Energy System, gennaio 2024.
Il libro Comunità Energetiche: Esperimenti di generatività sociale e ambientale (New Fabric, 2024) offre una panoramica approfondita sulle comunità energetiche rinnovabili (CER), partendo dalla definizione di autoconsumo singolo, collettivo, fino alla loro concretizzazione. La filosofia di fondo delle comunità energetiche è, infatti, quello da un lato di rendersi autonomi dal punto di vista dei consumi energetici, dall’altro quello di arrivare addirittura a erogare in rete le eccedenze, passando da uno schema centralizzato e ad uno distribuito della generazione e del consumo di elettricità, vuoi che questo avvenga per iniziativa d’un singolo, di un condominio (come il caso pionieristico di autoconsumo di Pinerolo) o di comunità territoriali più ampie (CET).
Ma il valore del libro non sta solo nell’approfondimento dei dati tecnici ed economici che rendono la soluzione delle comunità energetiche rinnovabili così importante per una prospettiva di rivoluzione verde anche in Italia. Come richiamato anche dal titolo, il libro di Giuseppe Milano (ingegnere e urbanista che si occupa di governo del territorio e di pianificazione energetica da anni) insiste anche sulla dimensione di attivazione sociale di queste comunità, che abilitano il passaggio dei suoi membri da semplici consumatori individuali a produttori e consumatori collettivi di energia (prosumer), con ciò che questo comporta in termini di consapevolezza economica ed ecologica. Tanto da richiamare su queste anche l’attenzione da parte del magistero cattolico, a partire dalla lettera enciclica Laudato sì di Papa Francesco.
Bollette più leggere e altri benefici economici e ambientali
I benefici che lo sviluppo delle comunità energetiche, che da poco tempo grazie ai nuovi decreti e alle recentissime linee guida del Gestore dei servizi energetici (GSE) sono finalmente realizzabili anche nel nostro Paese, sono, quindi, di due ordini. Prima di tutto quello pratico, economico e ambientale, che di fatto rende questa soluzione conveniente oltre che allineato alla transizione verde. Milano sottolinea, infatti, come le comunità energetiche possono portare a una «riduzione delle bollette annuali di almeno il 15%-20%», ma anche al contrasto alla povertà energetica, al sostegno alle micro-imprese locali e a una significativa riduzione di CO2. Se si arrivasse all’obiettivo considerato minimo di installare grazie a queste comunità impianti di una potenza complessiva di 5GW entro il 2030 (ma secondo alcune previsioni si potrebbero anche sfiorare i 10 Gw ove fossero coinvolte anche le aziende più energivore), le emissioni di anidride carbonica si ridurrebbero di 1,35 milioni di tonnellate all’anno, con un beneficio economico annuo tra i 1,3 e 1,5 miliardi di euro.
Il libro passa in rassegna le principali leggi europee e nazionali che stanno aprendo una strada prima molto impervia e ancora oggi non del tutto spianata. Anche perché installare un impianto – o un sistema di impianti associati alla cabina primaria con potenza massima nominale di 1 Mw – di energie rinnovabili che serva una comunità, anche un solo condominio, richiede un investimento riassorbibile in un certo numero di anni. In italia al momento esiste grazie al PNRR un «contributo a fondo perduto, con cui coprire fino al 40% del costo sostenuto per realizzare un nuovo impianto al servizio di una comunità energetica o per potenziarne uno esistente, con una dote di 2,2 miliardi di euro», ma che riguarda i comuni più piccoli (le cosiddette aree interne che hanno una popolazione inferiore alle 5mila abitanti). D’altra parte gli incentivi all’autoconsumo rappresenteranno solo la punta dell’iceberg di un fenomeno destinato a crescere attraverso forme imprenditoriali a carattere mutualistico destinate a vivere di economie di scala, servizi ancillari e forme di trading energetico con la gestione dello storage dell’energia e l’eventuale distribuzione delle eccedenze alla mobilità elettrica.
Come spiega nel libro Sergio Olivero, responsabile dell’Energy Center del Politecnico di Torino, «le comunità energetiche (…) andranno viste come piccole aziende che non redistribuiscono dividendi, ma vantaggi sociali ed economici alla comunità, chiamata a organizzarsi attraverso cluster capaci di mantenere i flussi di cassa sul territorio. Ad esempio, installare un MW di fotovoltaico comporta un investimento di circa un milione di euro e, dunque, ove nascessero comunità energetiche territoriali più grandi da 4-5 MW verrebbero coinvolti più ingegneri e progettisti, più avvocati e fiscalisti, più installatori e manutentori di impianti, più informatici. Si creerebbero economie di scala virtuose e occasioni inedite di innovazione, oltre che di occupazione».
Gli esempi europei e i prossimi passi in Italia
Dalla ricognizione del settore effettuata da Giuseppe Milano si capisce che l’Italia non è certo all’avanguardia in un movimento che ormai conta in Europa – soprattutto in Germania – circa due milioni di cittadini per un totale di più 7.000 comunità energetiche, fra cui esperienze ormai storiche di “ecoquartieri” come quelli di Amburgo e Friburgo, ma anche nuove iniziative di democrazia energetica dove «sono particolarmente diffusi i sistemi di teleriscaldamento a biomassa, ai quali, per una efficiente gestione dei consumi domestici nel corso dell’anno, si stanno sempre più integrando gli impianti solari termici e i contatori digitali di ultima generazione per monitorare i consumi quotidiani».
Tutto questo ben presto sarà possibile anche in Italia: in attesa della pubblicazione entro il prossimo 8 aprile delle piattaforme attraverso le quali sarà possibile presentare le domande di ammissione alle tariffe incentivanti, è già disponibile il portale che ospita le «mappe rilasciate da E-Distribuzione che geolocalizzano le infrastrutture di alta tensione a cui dovranno collegarsi gli impianti di nuova o vecchia generazione che abiliteranno le configurazioni di autoconsumo diffuso e delle comunità energetiche». Grazie al movimento scaturito dal Green Deal europeo e le leggi che ne sono seguite, si sta quindi diffondendo anche nel nostro Paese un nuovo metodo di concepire la produzione comunitaria e distribuita di energia, che potrebbe non fermarsi all’energia, ma stimolare forme più integrate e avanzate di innovazione sociale e ambientale. Se ben progettate e realizzate, le comunità energetiche potrebbero quindi trasformarsi nella modalità più inclusiva e generativa per valorizzare l’istituto della partecipazione, per una cittadinanza attiva più consapevole, nonché nella testimonianza più efficace di democratizzazione dell’energia pulita.