Jacopo Rosatelli, assessore al Welfare del Comune di Torino, scrive sul convegno di ELIDE per la rubrica di Fuoriluogo su il manifesto.
Di fronte all’inazione o, peggio, a ulteriori passi indietro da parte del Governo nazionale, in materia di consumi di sostanze tocca ai Comuni assumere l’iniziativa. Questa convinzione di fondo ha generato Elide, la rete degli Enti locali per l’innovazione sulla politica delle droghe, che ora sta crescendo e consolidandosi quale luogo di elaborazione collettiva per amministrazioni, operatori del terzo settore e rappresentanze sindacali e sociali – dal Cnca alla Cgil a Itardd e Forum Droghe. Ne abbiamo avuto positiva riprova a Napoli, giovedì scorso, in occasione del secondo incontro annuale, molto partecipato e ricco di stimoli di riflessione e indicazioni di lavoro.
Idealmente, Elide ha raccolto subito le indicazioni del Manifesto Dealing with Drugs promosso la settimana precedente dalla sindaca di Amsterdam insieme a una vasta coalizione di politici, esperti e attivisti di tutto il mondo, allo scopo di «dare vita a una politica più umana in materia di droghe». Tradotto in pratica significa compiere ogni scelta in favore della regolazione sociale del fenomeno dei consumi contro la logica repressiva, punitiva e stigmatizzante. Cominciando dalla comprensione corretta di ciò di cui si parla, basata su evidenze e guidata dalla ragione, fedeli alla lezione di Peter Cohen che ha sempre richiamato al rifiuto dei «miti» funzionali a una «modalità retorica di discussione sulle droghe».
Il primo errore da non commettere è confondere consumo e dipendenza, riducendo necessariamente a una dimensione patologica un comportamento liberamente e consapevolmente adottato da persone socialmente integrate. É impossibile limitare efficacemente i rischi e prevenire l’abuso se si rifiuta in radice l’autodeterminazione di chi assume sostanze nei contesti di aggregazione e loisir, dei quali la movida o i rave della scena techno (ma anche il cosiddetto chem-sex) sono differenti manifestazioni. La generalizzazione dei drug checking e di stanze chill out di decompressione nei centri urbani sono azioni che possono avere molta efficacia per questo ambito di consumi, all’interno di strategie integrate di «governo della notte» sulla scorta di ciò che si sta sperimentando a Bologna e nella stessa Napoli.
Vi sono poi i contesti di emarginazione sociale, che chiamano in causa politiche di welfare che sappiano offrire un sistema di servizi che assuma fino in fondo la prospettiva della riduzione del danno: tutto ciò che va sotto l’etichetta della «bassa soglia» è strategico, così come lo sviluppo di programmi per l’autonomia abitativa e l’occupazione, anche per le persone detenute. Per superare le scene aperte del consumo, generatrici di allarme sociale e, spesso, di risposte puramente securitarie, la strada da intraprendere è quella delle stanze protette del consumo che tutelino dai maggiori danni e rischi connessi all’uso in strada. E ancora, un welfare di comunità che sa accogliere e orientare deve dotarsi di strumenti per affrontare la diffusione di psicofarmaci fra i minori stranieri non accompagnati che mettono in grande difficoltà le comunità nelle quali vivono.
Per consentire ai comuni di provare a mettere in campo tutto ciò occorre un rapporto forte con la sanità territoriale e con il terzo settore. Per questo ci siamo lasciati con l’impegno a promuovere nelle nostre città accordi di collaborazione che forniscano la cornice istituzionale per le azioni concrete, prevedendo sempre un coinvolgimento forte delle rappresentanze di operatori e consumatori. Il prossimo 26 giugno sarà l’occasione per sviluppare iniziative coordinate in tutti i nodi della rete, ritrovandoci poi a Milano il prossimo inverno per il terzo incontro annuale, con la ragionevole speranza che Elide crescerà ancora con nuove adesioni.
La registrazione dell’evento di Napoli e il manifesto di Amsterdam su Fuoriluogo.it