Lavoro federale e sanità, le idee di Bernie per il 2020. di Martino Mazzonis

Sanders ha incaricato tre economisti di redigere un piano roosveltiano per garantire lavoro e sanità agli esclusi. In Italia riguarderebbe le “aree interne”. Costo stimato 540 miliardi. Chiunque tra i Dem vorrà candidarsi per il 2020 alla Casa Bianca dovrà tenerne conto.


Strano mondo quello della politica Usa, dove Bernie Sanders e Donald Trump concordano sulla necessità di colpire Amazon e la fortuna accumulata dal suo boss Jeff Bezos, che tra le altre cose è padrone del Washington Post che non è, in fondo, ostile a Sanders, mentre è a caccia costante di elementi che provino le malefatte di “The Donald” in materia di ostruzione della giustizia.

Qualche giorno fa il senatore del Vermont, che si ricandiderà per il terzo mandato a novembre prossimo, ha twittato contro il colosso della vendita online e di quasi tutto il resto: “Sapete quante tasse ha pagato l’anno scorso Amazon? Zero”, scrive Sanders linkando un articolo che ricorda anche come Bezos abbia guadagnato 9 miliardi in due giorni grazie a un forte vento favorevole in Borsa. Il presidente Trump usa Amazon come esempio di economia sbagliata che fa chiudere i piccoli negozi, compra all’estero e non paga tasse – quasi tutto vero, se non fosse che il modello economico del gruppo Trump è corrompere funzionari all’estero e non pagare i fornitori.

Il senatore che ha quasi vinto le primarie contro Hillary ha ragione: Amazon ha pagato tasse locali e tasse all’estero, ma grazie agli strumenti consentiti dalle leggi federali sulla ripartizione dei dividendi, la tassazione delle azioni e al modo in cui è organizzata la società, il super-retailer non ha versato un dollaro nelle casse di Washington. Quei soldi e molti altri che compagnie simili ad Amazon per proiezione internazionale non versano nelle casse federali Usa potrebbero forse servire a finanziare il piano per il lavoro garantito che Sanders e altri tre senatori democratici intendono promuovere.

Non si tratta di un’idea loro ma di tre economisti Mark Paul, Sandy Darity, e Darrick Hamilton che sta lavorando pre promuovere la sua idea “roosveltiana” di un lavoro garantito e pagato 11,83 dollari l’ora per chiunque ne abbia bisogno. Il piano è stato commissionato dal Center on Budget and Policy Priorities e parte dall’assunto che anche quando il tasso di disoccupazione è quello considerato fisiologico ci sono gruppi sociali e comunità che soffrono comunque la disoccupazione o la sotto-occupazione.

“Oggi con la disoccupazione al 4,1% ci sono comunque 6,7 milioni di persone senza lavoro e 5 che lavorano part-time involontario” si legge nel paper dei tre economisti. Neri e ispanici (e donne) sono più spesso sotto-occupati. Se a questi sommiamo l’equivalente di quel che in Italia chiamiamo “aree interne”(Stati come la West Virginia o quelle contee ex industriali in decadenza da decenni dove Trump è andato forte e dove va forte l’eroina), lo spazio per una qualche forma di piano nazionale del lavoro pubblico c’è.

Il costo secondo i tre economisti si aggirerebbe attorno ai 540 miliardi di dollari, un altro studio prevede un costo più basso (tra 260 e 350 miliardi per i primi 5 anni per poi scendere). La differenza tra le due stime di costo sta nel calcolo del gettito e della crescita che il piano del lavoro genererebbe. I tre non forniscono dati sulle famigerate coperture – l’ossessione del centrosinistra mondiale a partire dai primi anni 90. A questo proposito va ricordato che gli Stati fanno spesso a gara per attirare investimenti offrendo bonus fiscali e che il numero di risorse pubbliche non raccolte o destinate ai privati spesso generano investimenti ma non occupazione.

In estrema sintesi il piano prevede un lavoro per chiunque lo voglia, una paga oraria di 11,83 dollari e benefici di welfare simili a quelli di un occupato qualsiasi – ad esempio un’assicurazione sanitaria simile a quella dei dipendenti pubblici.

Nell’idea degli economisti, il piano non solo garantirebbe un’occupazione a tutti, ma farebbe aumentare la paga media oraria offerta dai datori di lavoro così come la garanzia di strumenti di welfare. Perché lavorare per 7 dollari e niente assicurazione sanitaria se c’è il lavoro federale meglio pagato?

Le critiche possibili al piano che la sinistra democratica si appresta a fare proprio sono diverse: una non di destra è che l’idea dello Stato federale come datore di lavoro in ultima istanza non tiene conto del fatto della rivoluzione tecnologica in atto e, quindi, non ragiona su un mercato del lavoro che sembra destinato a cambiare in fretta. Ciò detto, negli Usa ci sarebbe enorme bisogno di investimenti federali in infrastrutture e di lavoro di manutenzione e servizi di cura, istruzione, sanità, cura dell’ambiente. Un piano del lavoro renderebbe meno vulnerabili quelle fasce di lavoratori più a rischio nei momenti di bassa del ciclo economico.

Il piano è stato presentato a diversi senatori democratici e tutti coloro che sembrano aver intenzione di presentarsi alle primarie per le elezioni del 2020 hanno detto di sostenerlo. Oltre a Bernie Sanders, hanno garantito il loro appoggio Cory Booker, (New Jersey), Kirsten Gillibrand (N.Y.), e Jeff Merkley (Oregon).

Come per l’idea di un’assicurazione sanitaria finanziata dalla fiscalità generale, il piano del lavoro trova consensi tra chiunque voglia occupare uno spazio politico nazionale. Di ragioni ce ne sono almeno due: dopo il 2008 il tema delle diseguaglianze, del lavoro povero, delle tasse che i miliardari non pagano ha trovato ampio spazio e queste politiche sono potenziali risposte – i ricchi paghino di più e finanzino servizi – i toni in qualche modo più radicali servono a convincere la base militante del partito che è sempre più liberal (che in America vuol dire di sinistra). Per vincere, almeno oggi, occorre essere poco convenzionali, abbracciare idee che parlino a giovani, minoranze e anche ai ceti bianchi popolari che in alcuni Stati hanno scelto Trump e dimenticare gli anni 90. Una lezione che Hillary ha imparato a sue spese.

Cosa faranno i democratici da qui al 2020? La discussione sul lavoro o sulla sanità per tutti è agli inizi, ma certo è che trovare dei potenziali presidenti degli Stati Uniti disposti a sostenere ipotesi simili è già una rivoluzione. Qualsiasi candidato Dem nel 2020, anche non dovesse sostenere ipotesi come queste, dovrà per lo meno fornire una loro versione edulcorata. E questo è un merito innegabile di Bernie Sanders e della scossa che ha dato al partito democratico nel 2016.

Fonte: Sbilanciamoci.info

 

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