Per il diritto alla salute alimentare: l’esempio dello sportello di ascolto del Quarticciolo di Roma. di Camilla Orlandini

A via Ugento 30, nel quartiere popolare del Quarticciolo di Roma, c’è un posto in cui la scienza si siede e ascolta, e aiuta come può – e come deve – una collettività dimenticata, solo perché nata nella zona sbagliata della città. Una scienza accessibile e soprattutto gratuita, offerta dalle competenze di diversi nutrizionisti che ogni martedì dalle 18 alle 20 aprono lo sportello di ascolto nutrizionale dell’ambulatorio popolare di Roma est “affinché di cibo si goda e non si soffra”. «Lo sportello nasce come un luogo di prevenzione delle patologie da cibo, come obesità e diabete, e monitoraggio del benessere delle persone» spiega Mauro Serafini, professore di nutrizione umana all’università di Teramo e ideatore del progetto: «ma l’obiettivo ultimo è quello di creare un punto di riferimento per le persone e la comunità, dove ricevere consigli e supporto nutrizionale».

L’idea nasce a cena. Qualche anno fa, durante uno dei banchetti sociali di FooDopia: Nutrire la ConoScienza, un progetto di comunicazione sulla salute alimentare, viene proposta la creazione di uno sportello di ascolto rivolto alle comunità della periferia, in grado di orientare e supportare i cittadini nelle scelte alimentari.

Anche in periferia “alimentazione” significa “prevenzione”

Che l’alimentazione e salute siano strettamente connesse è un dato di fatto: l’OMS annovera un’alimentazione non sana e la mancanza di esercizio fisico tra i principali rischi globali per la salute. Eppure il diritto a una dieta bilanciata non è sempre garantito, sia in termini di disponibilità di risorse che di educazione nutrizionale, neanche a 7,8 chilometri dal Colosseo. Anche l’esistenza di un gradiente sociale di salute nelle città è risaputo; in particolare, secondo Carlo Saitto, autore del libro La sanità non è sempre salute, i dati mostrano come nelle periferie romane la probabilità di morire sia del 25% superiore ai quartieri centrali. Tra le molteplici cause, l’alimentazione gioca il suo ruolo; e non si tratta solo di food security, ovvero della “possibilità di accedere a cibo sufficiente per una vita sana” ma anche di educazione alimentare e interventi personalizzati. Basti pensare alla difficoltà ad accedere a una prima visita nutrizionale con il sistema sanitario nazionale o al costo della stessa nel privato. «È molto più facile scendere sotto casa, in un luogo che non faccia sentire malati, piuttosto che entrare nella complessità della visita nutrizionale in ambulatorio» evidenzia Serafini, e rendere un servizio facilmente accessibile è il primo passo per renderlo veramente utile.

Parola chiave: cordialità nutrizionale

Ma anche lo sportello, informale e accessibile, deve fare i conti con la realtà. «La maggior parte delle persone che arriva mangia pochissima frutta e verdura, mentre mangia molti cibi ultra-processati e derivati animali, e l’esercizio fisico è quasi assente» spiega Serafini. «Chiedere a queste persone di sconvolgere da un giorno all’altro le proprie abitudini alimentari potrebbe risultare poco efficace, quindi quello che facciamo è dare dei consigli facilmente applicabili che avviino un percorso di cambiamento». L’approccio è quello di una “cordialità nutrizionale”, ovvero «Evitiamo di essere troppo rigidi o estremi. Chiaramente promuoviamo le classiche raccomandazioni per una sana alimentazione ma cerchiamo di adattarle al contesto che troviamo, considerando le diverse situazioni di partenza, non a caso il motto dello sportello è “affinché di cibo si goda e non si soffra”. È chiaro poi che non siamo un presidio ospedaliero, quindi se incontriamo persone con condizioni patologiche come il diabete, per esempio, le indirizziamo verso il sistema sanitario nazionale o centri specialistici». Lo sportello diventa quindi anche una prima linea di screening.

Basta mandare un’e-mail per prenotarsi a sportelloascoltonutrizionale@gmail.com o presentarsi negli orari di apertura, poi si parte con l’ascolto: nella prima visita viene chiesto di compilare un questionario riguardo le abitudini alimentari, l’orario dei pasti, dove si fa la spesa e l’attività fisica. Poi si misurano la pressione, il metabolismo, la massa magra e la massa grassa e si controllano le analisi del sangue per avere un’idea del profilo lipidico e glicemico. Una volta chiara la situazione di partenza, i nutrizionisti individuano le priorità su cui intervenire e danno al paziente un referto con i dati e dei consigli. «Il primo consiglio è quasi sempre quello di aumentare la verdura e i cereali integrali, ma spesso si tratta solo di un problema di conoscenza: gli alimenti che fanno bene non sono necessariamente quelli che costano di più, o a volte non è chiara l’importanza di certi alimenti rispetto ad altri o i gruppi di appartenenza. Cerchiamo di indirizzare le persone verso alimenti salutari ma convenienti, verso un’alimentazione sana e implementabile nella vita di tutti i giorni».

E i risultati dei follow-up confermano l’efficacia dell’approccio: «A fine visita, fissiamo un secondo appuntamento per monitorare la situazione e seguire i pazienti nel tempo. Alcuni non si presentano, è normale, ma molti invece tornano e tutti loro hanno migliorato il peso o altri parametri metabolici». Piano piano lo sportello sta costruendo una banca dati che restituisce una panoramica della situazione nutrizionale degli abitanti del quartiere, con l’idea, un giorno, di aprire altri luoghi del genere in città per creare un network di prevenzione sul territorio.

Costruire una rete di supporto, uno sportello alla volta

L’iniziativa dello sportello è partita lo scorso maggio e all’inizio erano in tre: Mauro Serafini, Silvia Lisciani, ricercatrice del CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) e Raffaella Bravi, biologa nutrizionista. Con il tempo sono arrivati altri tre volontari, per un totale di sei specialisti, che a rotazione garantiscono un servizio continuativo. Lo sportello poi si inserisce in un progetto più ampio, come parte del nascente ambulatorio popolare di Roma est, un’iniziativa della casa di quartiere di via Ugento che, oltre alla nutrizione, si prende cura dei diversi aspetti del benessere degli abitanti, dall’ascolto psicologico alla tutela per il diritto alla casa, dall’ organizzazione di giornate di screening per il rischio cardiovascolare all’aiuto nella prenotazione di prestazioni sanitarie. L’obiettivo dei diversi comitati di quartiere coinvolti in queste iniziative è quello di costruire una rete di supporto a cui i cittadini possano rivolgersi, secondo un principio di partecipazione e condivisione. «È soddisfacente» conclude Serafini. «Vedi che grazie alle tue competenze riesci ad aiutare le persone e divulgare conoscenza».

Morale della favola: in un mondo in cui l’obesità e il sovrappeso coinvolgono quasi il 30% della popolazione globale, l’educazione alimentare diventa una priorità, e deve imparare a calarsi in ogni contesto economico e sociale. In un’Italia poi con 5,6 milioni di persone sotto la soglia della povertà (dati al 2022), il fatto che queste iniziative di prevenzione rimangano esclusivamente a carico della buona volontà dei cittadini, di certo lascia da pensare.  Il logo dell’ambulatorio parla chiaro; accanto all’armadillo-dottore disegnato da Zerocalcare, c’è una scritta: “Quando ogni aspetto della vita ha un costo, promuovere una salute gratuita e accessibile a tutti/e non ha prezzo”.

fonte: https://www.scienzainrete.it/articolo/diritto-alla-salute-alimentare-lesempio-dello-sportello-di-ascolto-del-quarticciolo-di-roma

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