Sappiamo che la salute si presenta spesso in modo disuguale. Quanto più si è poveri di risorse e di competenze tanto più cresce la probabilità di ammalarsi, di perdere capacità funzionali e di morire prematuramente. Questo svantaggio spesso si evidenzia plasticamente nei divari di salute che separano le nostre città, dove i quartieri più poveri sono anche più malati. Sappiamo anche che una parte di queste disuguaglianze di salute sarebbe evitabile se si riuscisse a intercettare e contrastare i meccanismi da cui nascono, cioè le disuguaglianze nei fattori di rischio prevenibili e le disuguaglianze nelle barriere alle cure.
Di fronte a questi meccanismi i medici sono il primo interlocutore che dovrebbe sentirsi interpellato, perché essi, se sono attenti, ne possono registrare le cause e gli effetti nel proprio ambulatorio, potendo anche in parte porvi rimedio con le proprie azioni di prevenzione e cura.
E’ così che nel 2017 la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCEO), per dare seguito all’art. 5 del nuovo Codice di Deontologia Professionale del 2014, dopo una ricca consultazione aveva lanciato un Manifesto su “ La FNOMCeO per l’equità nella salute” in cui si richiamava il professionista alla responsabilità di personalizzare le proprie azioni mediche in funzione delle risorse e competenze dell’assistito, in modo di assicurare ad ognuno pari opportunità di prevenzione e cura.
Queste raccomandazioni sono state seguite negli ultimi anni da diverse iniziative di sensibilizzazione dei medici organizzate da alcuni Ordini Provinciali dei Medici, e a livello nazionale da un modulo di autoapprendimento per l’educazione continua in medicina, molto focalizzato sulle responsabilità del medico curante.
Nel frattempo dalla data del Manifesto la professione ha attraversato la pandemia e le sue conseguenze sfavorevoli non solo sulla salute, ma anche su diverse forme di povertà, dalla povertà assoluta, alla povertà educativa a quella alimentare. Al tempo stesso l’impianto, le risorse e le competenze disponibili nel Servizio Sanitario Nazionale sono diventate meno salde, costringendo gli assistiti a ricorrere sempre più spesso alla spesa privata. E’ così che molti Ordini Provinciali dei Medici e la loro federazione nazionale si sono sentiti sempre più spesso in dovere di intervenire per patrocinare presso la società e i decisori l’importanza del servizio sanitario pubblico universalistico, per evitare il rischio di definanziamento e di deriva verso il privato, due minacce importanti per l’equità nella salute.
Proprio su questo nuovo ruolo di “advocacy” degli Ordini è emersa la necessità di elaborare più in dettaglio un codice di comportamento che aiuti gli Ordini a promuovere l’equità nella salute, non più solo attraverso le responsabilità deontologiche dell’atto medico come aveva raccomandato il Manifesto del 2017, ma anche tramite azioni organizzate degli organi ordinistici.
E’ così che l’Ordine Provinciale dei Medici di Roma ha preso l’iniziativa di elaborare, all’interno della sua Commissione di contrasto alle disuguaglianze nella salute e nella assistenza, un nuovo documento di indirizzo per l’equità nella salute, concentrato non più su “Che cosa può fare il medico”, ma su “Che cosa può fare la comunità professionale medica” (o “Che cosa può fare un Ordine dei Medici”).
Il documento è stato discusso, modificato ed approvato dal Gruppo di Lavoro FNOMCeO Equità nella Salute e nell’Assistenza ed è stato illustrato a Roma il 29 Novembre 2023 alla presenza di rappresentanti degli organi direttivi della FNMCEO, che dovranno procedere al suo esame ed eventuale approvazione.
Il documento ricorda tutte le ragioni che giustificano questa rinnovata attenzione per l’equità nella salute non più solo dal punto di vista delle responsabilità del singolo professionista, bensì di quella della intera collettività dei professionisti, attraverso i suoi Ordini.
Le crisi, economica prima, pandemica poi, infine dell’inflazione, hanno riportato alla ribalta le varie forme di povertà e quindi la necessità di proteggere la salute dei più vulnerabili. La comunità scientifica e gli indirizzi internazionali dimostrano che questa protezione si può fare con strumenti e azioni di provata efficacia, il cui patrocinio è alla portata di attori collettivi come gli Ordini professionali.
Meglio se in alleanza con diverse professioni, non solo sanitarie, e anche con l’Accademia per la formazione dei nuovi professionisti. E’ da queste giustificazioni che nasce una lista di raccomandazioni molto pratiche per gli Ordini provinciali, quasi una lista di standard minimi di iniziative, strutture e processi che ogni Ordine dovrebbe attivare per adempiere a questo compito collettivo, quello di farsi protagonista della tutela dell’equità nella salute nella comunità provinciale di appartenenza.
Attendiamo che gli organi di governo di FNOMCEO stabiliscano se approvare questo nuovo documento di indirizzo e come incentivarne l’applicazione, la verifica e lo sviluppo.
A cura di Giuseppe Costa, Università degli Studi di Torino – giuseppe.costa@unito.it