Le politiche necessarie a realizzare l’obiettivo di un Paese più giusto, da quelle per la salute a quelle per la transizione energetica, per la scuola o per il miglioramento della vita nelle periferie e nelle aree interne, hanno bisogno di un salto di qualità della pubblica amministrazione e del suo rinnovamento con l’immissione di una grande quantità di giovani motivati e competenti.
Il Forum Disuguaglianze e Diversità, da anni convinto che la rigenerazione della PA sia un tema centrale per l’attuazione delle politiche pubbliche, ha prodotto un mini-documentario dal titolo “La PA che vorremmo. Rigenerare le amministrazioni pubbliche per garantire i diritti e attrarre i giovani”. Nei prossimi anni lo sblocco del turn-over consentirà l’ingresso di 500 mila giovani, con la possibilità di raddoppiare il numero degli impiegati tra i 24 e i 39 anni che oggi sono meno di un sesto. Si tratta di un’occasione da non mancare, per l’Italia ma anche per molti giovani che in questo modo potranno utilizzare le proprie competenze per l’interesse pubblico.
Oggi i dati ci raccontano di una pubblica amministrazione sottodimensionata e invecchiata: negli ultimi dieci anni, secondo un’elaborazione del ForumPA su dati della Ragioneria generale dello Stato, il numero dei dipendenti si è ridotto di 169 mila unità solo nei principali comparti (PA centrale, PA locale; scuola e formazione; sanità) e l’età media si è pericolosamente alzata, dai 44,2 anni del 2001 ai 50,7 del 2021, con solo il 3,6% del personale stabile under 30. Inoltre l’Italia ha un numero totale di impiegati pubblici inferiore a quello dei principali paesi europei, sia in proporzione alla popolazione (5,5 impiegati pubblici ogni 100 abitanti, mentre sono 6,1 in Germania; 7,3 in Spagna; 8,1 in UK; 8,3 in Francia), sia in proporzione agli occupati (14 impiegati pubblici ogni 100 occupati contro i 16,9 in UK, i 17,2 in Spagna, i 19,2 in Francia).
Il documentario racconta che reclutare presto e bene giovani preparati, motivati e con le conoscenze e le competenze necessarie per affrontare le nuove sfide della pubblica amministrazione è possibile perché sta già accadendo in diverse amministrazioni pubbliche del Paese, nonostante la PA italiana stia facendo i conti con un mercato del lavoro molto diverso rispetto a qualche anno fa. I concorsi hanno infatti perso attrattività: nel 2021 il numero dei candidati per ogni posto è sceso a un quinto del biennio precedente e, in media, due vincitori su dieci hanno rinunciato al posto con punte del 50% per quelli a tempo determinato. La PA, inoltre, sta conoscendo anche un’inedita competitività tra enti pubblici: nell’ultimo biennio il 42% dei candidati ha partecipato a più concorsi, e sono molti i vincitori che prendono servizio, ma lasciano dopo pochi mesi.
Per raggiungere l’obiettivo di rinnovare la PA occorre quindi curare tutte le fasi del processo di reclutamento: dall’identificazione chiara dei bisogni della PA, alla comunicazione delle conoscenze e competenze richieste, alle prove concorsuali sfidanti in grado di testare la capacità di risolvere problemi, valutate da una commissione ben assortita e ben motivata. Il contrario di quanto previsto con una recente legge sul rafforzamento delle amministrazioni pubbliche (74/2023) che ha addirittura previsto di assumere solo tramite prova scritta rinunciando al fondamentale contatto diretto tra la commissione e il candidato.