La sanità pubblica è in grandissima difficoltà, sempre meno in grado di garantire il diritto alla salute. Quando le porte di accesso al Servizio sanitario sono in crisi, come dimostrano le migliaia di persone prive di un medico di medicina generale o le interminabili liste di attesa per una visita specialistica o una prestazione ambulatoriale, è evidente che vengono meno i principi costitutivi del Servizio Sanitario Nazionale: universalità, equità, uguaglianza.
Le difficoltà hanno origine da oltre un decennio, allorché con la crisi finanziaria del 2008 sono state avviate politiche di austerity che hanno coinvolto tutto il sistema di welfare e che hanno provocato un pesante indebolimento della sanità pubblica, apparso poi evidente a tutti con l’avvento della pandemia da Covid 19. È emerso con assoluta evidenza che il definanziamento ed il congelamento dei costi per il personale stavano imprimendo una pericolosa accelerazione verso la crisi del sistema; la debolezza della medicina territo- riale, la espansione progressiva del privato e l’aumento della spesa personale causata dalle intollerabili liste di attesa hanno motivato un diffuso fenomeno di protesta di comitati di cittadini, ma anche di associazioni sindacali e professionali, fino ad alcune forze politiche di opposizione che hanno aggiornato (finalmente!) le priorità della propria agenda politica.
È un movimento che va salutato con interesse e che raccoglie la solenne affermazione da tutti ripetuta durante il Covid: “Nulla sarà come prima”, purtroppo smentita dalle scelte compiute dall’autunno 2022 con la legge di bilancio 2023, proseguite con la proiezione triennale contenuta nella Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (NADEF) e confermate nella legge di Bilancio in discussione: nel triennio prossimo il rapporto spesa/Pil è decrescente e peggiora il rapporto con altri paesi europei (nel 2022 la spesa pubblica per abitante è stata pari a 2.208 euro, mentre in Germania supera 5.000 euro ed in Francia raggiunge 4.000 euro).
È indispensabile da subito, come hanno reclamato le Regioni, che si proceda gradualmente a colmare il gap creatosi fra fabbisogno e fondo sanitario, elevando, in cinque anni, al 7,5% del Pil la spesa sanitaria, se vogliamo assicurare la sostenibilità al sistema. Cresce la preoccupazione invece, quando viene proposta la riforma fiscale che abroga l’Irap che finanzia la sanità, si promette la flat-tax che fa diminuire il gettito aggiungendo iniquità nella imposizione e si strizza l’occhio all’evasione in presenza di riduzione del gettito.
È emblematica l’operazione di illusione ottica che viene presentata al paese in questi giorni: il fondo sanitario viene incrementato di 3.000 milioni per il 2024 e l’aumento dovrebbe servire per affrontare i maggiori oneri inflattivi e costi delle energie, invece dovrà coprire nuove spese esplicitamente previste nella legge di bilancio (contratto di lavoro, adeguamento tariffario per privati accreditati e farmacie, prestazioni aggiuntive per smaltire liste di attesa) che assommano a 3.157 milioni, come certificato dall’Ufficio Parlamentare Bilancio: tutto ciò purtroppo dimostra che nel 2024 le risorse a disposizione per assicurare i servizi saranno inferiori al 2023.
La seconda emergenza riguarda la carenza di medici ed infermieri; la mancata programmazione del fabbisogno che dura da almeno un decennio impone una inversione di rotta: è necessario aumentare gli organici negli ospedali ma soprattutto nei servizi territoriali se vogliamo attivare le Case della Comunità e le altre strutture intermedie e servizi previsti e finanziati dal PNRR. I professionisti sono la principale risorsa del servizio sanitario, ma le condizioni lavorative stressanti con carichi di lavoro molto superiori al passato, retribuzioni molto inferiori a quelle offerte all’estero, hanno incentivato la fuga verso le strutture private: è necessario rimuovere i tetti di spesa che impediscono nuove assunzioni, migliorare il clima lavorativo e le retribuzioni, rendere attrattiva la professione sanitaria.
Definanziamento, carenza di personale, debolezza dell’assistenza territoriale, non autosufficienza, sono le urgenti priorità per frenare il declino della sanità pubblica ed applicare l’art. 32 della Costituzione. Ricordiamo le parole di Papa Francesco durante la pandemia: “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”: sarebbe colpevole non aver capito la lezione.
fonte: il Sicomoro su https://salutedirittofondamentale.it/sanita-nulla-sara-come-prima-davvero/