L’etica della dissidenza. di Benedetto Saraceno

Forse il fanatismo non è mai scomparso ma, certamente, oggi torna a presiedere la nostra vita quotidiana e mai come ora c’è urgenza di dissidenti. Valgano due esempi ahimè attuali: la guerra fra la Russia di Putin e l’Ucraina di Zelensky e la guerra fra Gaza e Israele o meglio fra Palestinesi e Israeliani.

Ogni medico accetta l’impegno proposto dal giuramento di Ippocrate (“In tutte le case che visiterò entrerò per il bene dei malati…”). Dunque “tutte le case”, senza distinguere fra amici o nemici, uguali o diversi, ricchi o poveri. Chissà se quando i medici giurano comprendono che stanno anche adottando una guida morale contro il fanatismo, quello che taglia con lama netta fra loro e noi, fra buoni e cattivi e non riesce mai a interrogarsi, a prender tempo, a guardare l’uomo, la donna e il bambino che, loro malgrado, interpretano il ruolo dell’altro, del nemico. Mi pare che potremmo, noi medici, trasmettere a tutti questa idea per cui gli esseri viventi sono più importanti delle idee grandi e indiscutibili. Chissà se potremmo imparare e insegnare a essere dissidenti. Dissidenti dalle Etiche, dai Valori, dalle Ideologie, dalle Fedi. E sono quelle maiuscole che devono insospettirci e da esse dobbiamo diffidare e dissentire.

Quanti intellettuali borghesi e comunisti hanno difeso lo stalinismo e l’Unione Sovietica di Stalin, i suoi gulag, i processi sommari che mandavano a morte più innocenti che dissidenti? Quanto tempo ci hanno messo Sartre, Aragon, Togliatti e Marchais, e tanti altri, a dire che non ci stavano. E non si dica che non sapevano ma piuttosto che preferivano non sapere. Preferivano non sapere per non indebolire l’Idea della rivoluzione sovietica, per non dare spazio ai nemici reazionari, per lasciare che il tempo lungo della Storia accompagnasse lo sviluppo glorioso del Comunismo. E quant’altre menzogne. Gli Orwell e i Camus che dicevano no erano bollati come reazionari e borghesi, isolati dal mondo alto dei buoni.[1] Quanti sedicenti rivoluzionari e terroristi delle BR hanno sparato per uccidere moderati e riformisti?  Non uccidevano padroni e capitalisti ma magistrati, insegnanti, sindacalisti, giornalisti che non credevano a una sola Idea ma alla dinamica complessa delle idee (Guido Rossa, Alessandrini, Tobagi, Bachelet e quant’altri).

Forse il fanatismo non è mai scomparso ma, certamente, oggi torna a presiedere la nostra vita quotidiana e mai come ora c’è urgenza di dissidenti. Valgano due esempi ahimè attuali.

Nella guerra fra la Russia di Putin e l’Ucraina di Zelensky si vorrebbe limitare la dinamica delle idee, delle narrazioni e, dunque, delle politiche conseguenti, a una semplice constatazione: un paese guidato da un autocrate autoritario ha invaso una nuova e fragilissima democrazia. Non c’è alcun dubbio che tale constatazione sia vera. Tuttavia, alcuni storici e politologi hanno fatto notare come non tutte le rivendicazioni territoriali russe siano illegittime e come i territori a maggioranza russa subiscono da anni una discriminazione durissima da parte dell’Ucraina. Altri hanno osservato che il progressivo accerchiamento della Russia da parte della Nato (paesi Baltici ed Europa dell’Est) non sia estraneo al tentativo violento della Russia di garantirsi una Ucraina che non sia membro della Nato e della Unione Europea. Non è qui la sede per discutere se tali riserve siano molto o poco fondate ma piuttosto vogliamo affermare semplicemente che un dibattito legittimo dovrebbe essere aperto su come Russi invasori e Ucraini invasi abbiano responsabilità nella guerra di oggi. E, soprattutto, riflettere sulla politica di espansione della NATO. Tuttavia non se ne può discutere con pacatezza e legittimità, né, di conseguenza, operare per una pace che risulti da un compromesso fra belligeranti piuttosto che dalla sconfitta dei “cattivi” e dalla vittoria dei “buoni”. Infatti, il dibattito e le iniziative politiche di pace sono paralizzati. E tale paralisi si fonda sulla insopportabile evocazione dei “Valori Europei” e dei “Valori Occidentali”. Quali siano questi valori non è chiaro, e se guardiamo alle guerre in Iraq scatenate da USA e Gran Bretagna, alle dittature sudamericane sostenute dagli USA negli ultimi cento anni, alla acquiescenza europea verso l’occupazione della Palestina da parte di Israele, agli affari che Unione Europea e stati Uniti fanno ogni giorno con dittature e stati canaglia, facciamo fatica a vedere i valori europei e occidentali incarnarsi in politiche e scelte difendibili ed eticamente accettabili. E se qualcuno dirà “non siamo ingenui, questa è la politica” risponderemo allora di smetterla con l’uso dei “Valori” come giustificazione a scelte di campo che a tutto si ispirano fuorché a qualsivoglia “Valore”. Ma oggi chi solleva queste questioni è soltanto un “amico di Putin” e così il cerchio si chiude: una maggioranza di buoni che isola e stigmatizza una minoranza di cattivi.  Ma questa idea di Valori con la maiuscola non è forse la madre di un fanatismo (magari in giacca e cravatta, magari che utilizza linguaggio di moderazione) che, separando con lama sottile il bene dal male, fa il proprio mestiere di Fanatismo?

Un ulteriore esempio è quello della guerra fra Gaza e Israele o meglio fra Palestinesi e Israeliani. Guardiamo la questione da vicino. I fascisti di Hamas sono al servizio dei fascisti violenti dell’Iran e sono sostenuti dal dittatore democraticamente eletto Putin. Il popolo palestinese deve liberarsi di Hamas e ritrovare le radici laiche della lotta contro la occupazione illegale di Israele.  Il consenso di cui gode Hamas è il frutto di anni di indebolimento delle lotte per la creazione di uno stato palestinese. Tale indebolimento è dovuto sia alla corruzione dei leaders di Fatah sia all’appoggio strumentale che Israele ha dato a Hamas in funzione antipalestinese. D’altra parte, fascisti di Netanyahu sono al servizio di una ideologia coloniale, espansionista e razzista che nega ai palestinesi il diritto a essere cittadini liberi e padroni delle loro terre e indipendenti come popolo/nazione. È urgente, dunque, che il popolo ebraico in Israele e nel mondo accetti la critica alla politica coloniale di apartheid che il governo israeliano impone ai palestinesi senza tacitare questa critica come «antisemitismo».

Israele ha diritto di esistere sicura e in pace.  I palestinesi hanno diritto a territori e indipendenza.  La Shoà non giustifica la illegalità della occupazione fatta da Israele. Tuttavia, i diritti dei palestinesi non giustificano il terrorismo islamico contro innocenti cittadini israeliani. Dunque, deve cessare l’uso politico e strumentale della critica al sionismo per giustificare la violenza di Hamas e qualsiasi tentazione palese o nascosta di rafforzare l’antisemitismo.  Ma, anche, deve cessare l’uso politico e strumentale dell’antisemitismo per giustificare la violenza di Israele. Allora, che Hamas cessi il fuoco contro Israele che, oltre a uccidere, costringe migliaia di israeliani a lasciare le proprie abitazioni. Ma, anche che Israele cessi di radere al suolo Gaza uccidendo migliaia di civili inermi e costringendo a una fuga senza ritorno un intero popolo. E che i coloni israeliani cessino le violenze contro i palestinesi della Cisgiordania, illegalmente occupata da insediamenti che distruggono la possibilità di un legittimo stato palestinese. Ma, anche che l’odio verso Israele non alimenti nuovo antisemitismo.  E che la vendetta contro Hamas non uccida un intero popolo. Dunque, chi davvero vuole la pace non esponga le bandiere israeliane e palestinesi ma piuttosto promuova la ripresa degli accordi di Oslo.

Ma chi pronunciasse oggi il contenuto qui riassunto in poche righe sarebbe condannato o come mostruoso antisemita oppure come imperialista filoisraeliano: condannato da tutte le parti. Semplicemente perché chi pronuncia il contenuto qui riassunto in poche righe non è un fanatico ma piuttosto un dissidente dai main streams di destra e di sinistra: una destra tradizionalmente antisemita che espone bandiere israeliane in funzione antipalestinese e islamofobica e una sinistra, talvolta anche antisemita, che espone bandiere palestinesi in funzione antiisraeliana e antiamericana. Fanatismo dominante.

Pochi cercano di sottrarsi. Scrive l’ebreo Franco Lattes Fortini:  “La distinzione fra ebraismo e stato d’Israele, che fino a ieri ci era potuta parere una preziosa acquisizione contro i fanatismi, è stata rimessa in forse proprio dall’assenso o dal silenzio della Diaspora. E ci ha permesso di vedere meglio perché non sia possibile considerare quel che avviene alle porte di Gerusalemme come qualcosa che rientra solo nella sfera dei conflitti politico-militari e dello scontro di interessi e di poteri. Per una sua parte almeno, quel conflitto mette a repentaglio qualcosa che è dentro di noi. Ogni casa che gli israeliani distruggono, ogni vita che quotidianamente uccidono e persino ogni giorno di scuola che fanno perdere ai ragazzi di Palestina, va perduta una parte dell’immenso deposito di verità e di sapienza che, nella e per la cultura d’Occidente, è stato accumulato dalle generazioni della Diaspora, dalla sventura gloriosa o nefanda dei ghetti e attraverso la ferocia delle persecuzioni antiche e recenti.”[2]. Ma quanti ebrei avranno il coraggio di dire a voce alta le stesse cose? E quanti scatenati filopalestinesi dei cosiddetti centri sociali o delle fasce più estreme della sinistra e della destra  avranno il coraggio di dichiarare il loro fondamentale antisemitismo? Quanti avranno il coraggio di dire che ogni critica al Sionismo è usata da una parte per giustificare l’antisemitismo e dall’altra per accusare di antisemitismo chi antisemita non è.

E, ancora una volta, è il fanatismo a farla da padrone. E purtroppo si tratta di un fanatismo che si traveste di ragionevolezza, di argomenti in difesa dei maledetti “valori”. Ma quando il critico d’arte Tomaso Montanari ha osato mettere in questione la retorica dei valori occidentali o quando lo slavista Paolo Nori ha osato continuare a evocare la bellezza della Russia, della sua letteratura e del suo popolo, essi sono stati crocifissi come sodali della aggressione russa in Ucraina.

La dissidenza radicale ci chiama. Il tempo stringe. Non c’è altra scelta che quella della verità e dei dubbi ad essa connessi. Non c’è necessità di alcun consenso: quel che conta è non desiderare altro che la verità e i dubbi ad essa connessi. Cominciare dal bene, da cosa sia il bene da perseguire: non fare il male che rompe ogni patto collettivo di rettitudine e umanità. Abbiamo bisogno di una etica della dissidenza contro il fanatismo. Forse noi medici abbiamo un compito alto, ossia quello di ricordare a tutti che prima della ragioni della grande Storia vi sono anche le ragioni delle piccole storie di tutti (“…in tutte le case che visiterò entrerò per il bene dei malati…”).

Infine noi medici abbiamo il dovere di dire alto e forte che non è sopportabile quanto sta avvenendo nella Striscia di Gaza. Non è accettabile che vengano sistematicamente colpite le strutture sanitarie e non possiamo assistere in silenzio  alla carneficina di civili, in larga parte bambini e neonati. Cessare il fuoco subito.

Benedetto Saraceno, Lisbon Institute of Global Mental Health

[1] Un bel libretto di Pierluigi Battista recentemente pubblicato da “La nave di Teseo” racconta alcune storie di dissidenti: “I miei Eroi”, 2023.

[2] https://ilmanifesto.it/lettera-agli-ebrei-italiani

fonte: https://www.saluteinternazionale.info/2023/11/letica-della-dissidenza/

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