Gaza’s children – a responsability to protect
È stato un errore da parte del rappresentante israeliano all’ONU, Gilad Erdan, affermare, dopo che l’Assemblea generale dell’ONU ha adottato una risoluzione che chiedeva una “tregua umanitaria immediata, duratura e prolungata che conduca alla cessazione delle ostilità”, che l’ONU “non detiene più nemmeno un grammo di legittimità o rilevanza”. È stato un errore per Erdan, pochi giorni prima, chiedere le dimissioni di António Guterres, dopo che il segretario generale dell’ONU, pur condannando senza riserve gli attacchi terroristici di Hamas, aveva anche sostenuto che quegli attacchi “non sono avvenuti nel vuoto”. Ed è stato un errore da parte del governo israeliano ritirare i visti di viaggio per i funzionari delle Nazioni Unite, compreso quello del coordinatore umanitario delle Nazioni Unite. Quando la guerra di Israele contro Hamas sarà finita, israeliani e palestinesi dipenderanno dalle Nazioni Unite e dalle sue agenzie specializzate, come l’OMS, per proteggere la vita di coloro che restano, per ripristinare i servizi di base e per ricostruire le infrastrutture che sono state distrutte. Le Nazioni Unite sono solitamente estremamente prudenti quando si tratta di discutere pubblicamente con gli Stati membri. Quando l’ONU si esprime pubblicamente, lo fa per una ragione. La Carta delle Nazioni Unite inizia con le parole “Noi, i popoli”. È stato per conto dei popoli del mondo, non dei suoi presidenti e primi ministri, che è stata creata l’ONU. Sono i cittadini degli stati membri, non i loro leader politici, ai quali l’ONU è in ultima analisi responsabile. Quando il Segretario Generale delle Nazioni Unite parla e quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite vota, una nazione saggia dovrebbe ascoltare attentamente.
Gli attacchi contro gli israeliani e la cattura di oltre 200 ostaggi, perpetrati da Hamas, sono stati atti di terrore indifendibili. Ma questo attacco imperdonabile non autorizza l’uccisione di bambini a Gaza come “ritorsione” – la parola usata da Mark Regev, consigliere del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. L’UNICEF ha lanciato un appello per un cessate il fuoco per consentire l’accesso umanitario e il rilascio di tutti gli ostaggi. Il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha dichiarato la scorsa settimana: “La sofferenza che vediamo ora non può essere la soluzione. Decenni di guerra non hanno prodotto altro che divisione e distruzione. Invito la comunità internazionale a sostenere un cessate il fuoco ORA e a lavorare su una soluzione politica per stabilire una pace duratura”. L’UNFPA ha sottolineato che oggi a Gaza vivono circa 50.000 donne incinte, e si prevede che oltre 5.000 partoriranno nei prossimi 30 giorni. In una dichiarazione rilasciata il 27 ottobre 2023, l’UNFPA ha condannato “la violenza in Israele e nei territori palestinesi occupati e fa eco all’appello del Segretario generale delle Nazioni Unite per un cessate il fuoco immediato, per il rilascio immediato e incondizionato degli ostaggi da parte di Hamas e per l’accesso senza ostacoli per gli aiuti umanitari e i lavoratori a Gaza”. La maggioranza dei paesi – 120 hanno votato a favore della risoluzione delle Nazioni Unite sulla protezione dei civili, con 14 contrari e 45 astenuti – è d’accordo con UNICEF, OMS e UNFPA. La voce della comunità sanitaria si sta gradualmente amplificando. L’Associazione Pediatrica Internazionale ha richiamato l’attenzione “sui bisogni di coloro che sono colpiti in modo sproporzionato come vittime dei conflitti, i bambini”.
Alcuni anni fa, un medico israeliano, che da allora è diventato un caro amico, mi ha invitato in Israele per mostrarmi un altro lato del conflitto tra palestinesi e israeliani. Mi ha fatto conoscere gli scritti del filosofo e medico ebreo Maimonide (1135–1204). Un principio etico di questo maestro della letteratura rabbinica era che dovremmo sempre prendere la via di mezzo: “i due estremi opposti non sono la buona strada… Ogni uomo i cui tratti caratteriali si trovano tutti nella media è chiamato l’uomo saggio… Ci viene comandato di camminate per queste vie di mezzo, che sono le vie buone e giuste”. Limitare le forniture di cibo, acqua, elettricità e carburante a Gaza non è la via di mezzo. Distruggere il già fragile sistema sanitario di Gaza non è la via di mezzo. Uccidere i bambini di Gaza, anche se con rammarico, non è la via di mezzo. Alcuni israeliani si esprimono contro l’approccio del loro governo. Il rabbino Samuel Lebens, professore associato di filosofia all’Università di Haifa, ha scritto la scorsa settimana sul Jewish Chronicle del Regno Unito che “è stato sbagliato da parte di Israele tagliare l’elettricità e l’acqua, indiscriminatamente, al popolo di Gaza (che non aveva modo di andarsene dalla Striscia), anche come leva per la liberazione dei nostri ostaggi”. Il mondo deve prestare maggiore attenzione a queste voci. E i leader politici israeliani devono ascoltare, per il bene dei bambini in Israele e Palestina.
Richard Horton, Offline: Gaza’s children – a responsability to protect, The Lancet 2023; 402:1609. Traduzione di saluteinternazionale.info
fonte: https://www.saluteinternazionale.info/2023/11/proteggere-i-bambini-di-gaza/