Il 12 settembre 2023 è stata trasmessa al Parlamento la relazione contenente i dati definitivi 2021 sull’attuazione della legge 194/78 contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG).
Nel 2021, sono state notificate 63.653 IVG in Italia, pari a un tasso di abortività di 5,3 IVG ogni 1000 donne tra 15 e 49 anni rispetto al 5,4 del 2020, uno tra i più bassi a livello globale.
La legalizzazione dell’aborto, l’accesso alla contraccezione e il supporto dei professionisti socio-sanitari dei consultori familiari e dei presidi sanitari che effettuano le IVG hanno permesso alle donne italiane di prevenire le gravidanze indesiderate riducendo notevolmente il ricorso all’aborto volontario, secondo gli auspici della legge 194. Rispetto al 1982, anno di massima incidenza del fenomeno quando in Italia si registrarono 234.801 IVG, nel 2021 la riduzione degli aborti raggiunge il 72,9%, confermando il continuo andamento in diminuzione (-4,2% rispetto al 2020). Si tratta di uno tra i più brillanti interventi di prevenzione di salute pubblica realizzati in Italia.
Il monitoraggio continuo e approfondito del fenomeno garantito dal Sistema di sorveglianza epidemiologica delle IVG, attivo dal 1980, che vede impegnati l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), il ministero della Salute, l’ISTAT, le Regioni e le Province Autonome permette di presentare una tra le più accurate e dettagliate relazioni disponibili a livello internazionale. La priorità di salute pubblica di tale sorveglianza è stata sancita dal suo inserimento tra i Sistemi di sorveglianza di rilevanza nazionale inclusi nel DPCM del 2017 (GU 109 del 12/05/2017) che individua nell’ISS l’Ente di livello nazionale responsabile del suo coordinamento.
L’impatto della pandemia di COVID-19 sulle IVG nel 2021
A seguito della pandemia da SARS-CoV-2, la raccolta e il controllo dei dati 2020 si sono protratti fino a novembre 2021 con ricadute sulla raccolta, trasmissione e analisi dei dati 2021. Come già evidenziato nelle precedenti relazioni, le Regioni riferiscono le difficoltà nel recuperare, controllare ed elaborare tutte le informazioni da inviare agli Organi Centrali per la predisposizione della relazione ministeriale nei tempi indicati dalla legge (mese di febbraio dell’anno successivo).
Nonostante la proporzione di dati mancanti sia risultata inferiore rispetto al 2020, permangono alcune criticità relative alla completezza delle informazioni nei dati forniti dalle Ragioni. In particolare, si segnala la necessità di effettuare anche per il 2021 integrazioni con il dato proveniente dalle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) per 350 IVG trasmesse con dati incompleti dalle Regioni Calabria (138), Piemonte (121), Sicilia (33), Emilia-Romagna (31), Basilicata (12), Sardegna (9) e Abruzzo (6). Questa criticità può limitare le possibilità di approfondimento e interpretazione dei dati a causa delle possibili distorsioni che le proporzioni elevate di informazioni mancanti potrebbero introdurre nelle analisi.
Attività di ricerca
Nell’ottobre 2022 è stato avviato il progetto CCM – Azioni centrali “per il miglioramento della qualità dei dati, delle procedure dell’IVG e della divulgazione delle informazioni”, finanziato dal Ministero della Salute e coordinato dall’ISS, che prevede il coinvolgimento di tutte le regioni per rafforzare la rete della sorveglianza. Gli obiettivi specifici del progetto prevedono l’organizzazione di workshop formativi a distanza, in tutte le Regioni e P.A, per restituire e discutere i dati raccolti dal sistema di sorveglianza con i professionisti coinvolti nel percorso IVG e promuoverne il miglioramento della qualità; l’offerta di indicazioni operative per l’offerta dell’IVG farmacologica intra ed extra-ospedaliera; un corso di formazione a distanza sulle procedure di esecuzione dell’IVG chirurgica e farmacologica; uno studio per esplorare la possibile correlazione tra prevalenza d’uso della contraccezione e l’andamento delle nascite e delle IVG in Italia; l’aggiornamento della stima dell’abortività clandestina; l’organizzazione di audit nei punti IVG che ricorrono al raschiamento in percentuale superiore al 15% e la realizzazione di una pagina web sul sito del Ministero della Salute che descriva, con un linguaggio divulgativo, l’andamento dei dati di interesse e fornisca una mappa dei punti IVG nelle Regioni e P.A.
Il ricorso all’aborto farmacologico
Nei primi anni 2000 l’OMS ha inserito mifepristone e prostaglandine, utilizzabili dal 1980 per l’aborto farmacologico, nella lista dei farmaci essenziali. In Italia, il mifepristone è stato autorizzato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) nel 2009 per l’aborto farmacologico entro 49 giorni di gestazione e con necessità di ricovero ospedaliero, in linea con il parere espresso dal Consiglio Superiore di Sanità. Il 16 luglio del 2010 le “Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine”, rilasciate dal ministero della Salute, confermavano queste indicazioni, differenziandosi dagli altri Paesi europei dove l’aborto farmacologico veniva già effettuato fino a 63 giorni di gestazione e in regime di day hospital. A partire dalla sua autorizzazione, in Italia l’accesso all’aborto farmacologico ha presentato forte variabilità per area geografica e tra Regioni. Nel 2010, il sistema di sorveglianza riportava un 3,3% di interventi effettuati con mifepristone e prostaglandine, la soglia del 10% veniva superata nel 2014 e nel 2018 quella del 20%. Nel 2019 la percentuale di IVG farmacologiche era pari al 24,9% e nel 2020 si attestava al 31,9% a livello nazionale. La Circolare di aggiornamento del Ministero della Salute, in accordo al parere tecnico-scientifico espresso all’unanimità dal Consiglio Superiore di Sanità, il 12 agosto 2020 ha autorizzato, anche in Italia, l’esecuzione dell’IVG farmacologica fino a 9 settimane compiute di età gestazionale in regime di day hospital o presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all’ospedale e autorizzate dalle Regioni, nonché presso i consultori familiari. Parallelamente, l’AIFA ha emanato la determina n. 865 “Modifica delle modalità di impiego del medicinale Mifegyne a base di mifepristone (RU486)” che consente l’uso di mifepristone e prostaglandine fino a 63 giorni di età gestazionale e rimuove il vincolo che imponeva il ricovero “dal momento dell’assunzione del farmaco fino alla verifica dell’espulsione del prodotto del concepimento”. Infine, una nuova determina dell’AIFA, pubblicata in GU il 29 settembre 2022, ammette la somministrazione di mifepristone e prostaglandine fino a 63 giorni di amenorrea presso le strutture non ospedaliere, facilitando l’offerta dell’IVG farmacologica nei servizi extra-ospedalieri come prevede la circolare ministeriale dell’agosto 2020. Nel 2021 l’aborto farmacologico mediante mifepristone e prostaglandine è stato utilizzato nel 45,3% delle IVG entro i 90 giorni di gestazione, presentando un’ulteriore crescita rispetto al 2020 (31,9%). Per la prima volta in assoluto, le IVG farmacologiche presentano una frequenza quasi pari a quelle chirurgiche effettuate con isterosuzione o raschiamento (50,7%) a livello nazionale. Il suo uso ha riguardato tutte le Regioni nonostante persista una forte variabilità interregionale sia per quanto riguarda il numero di strutture che lo offrono che per il numero di interventi effettuati. La crescita continua del ricorso all’aborto farmacologico entro i 63 giorni di gestazione, in linea con quanto osservato a livello internazionale, conferma la scelta delle donne per una pratica raccomandata da tutte le linee guida internazionali elaborate dalle principali agenzie di salute come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
I dati 2021
Rispetto al 2020 il tasso e il rapporto di abortività sono ulteriormente diminuiti passando rispettivamente da 5,4 a 5,3 IVG per 1000 donne di età 15-49 anni, con una riduzione percentuale del 2,2%, e da 165,9 a 159 IVG per 1000 nati vivi, con una riduzione percentuale del 4,1%.
Caratteristiche delle donne che ricorrono all’IVG
Nel 2021 il ricorso all’IVG è diminuito in tutte le classi di età rispetto al 2020, tranne per le donne <20 anni. I tassi più alti si confermano nelle donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni. Per la prima volta dal 2011 si registra un lieve aumento del tasso di abortività delle minorenni (2,1 rispetto al 1,9 del 2020). In numeri assoluti nel 2021 le donne di età inferiore ai 18 anni che hanno effettuato una IVG sono state 1,707, pari complessivamente al 2,7% di tutti gli interventi praticati in Italia, un dato che si mantiene costantemente inferiore a quello di Paesi con analoghi sistemi socio-sanitari. La percentuale di IVG effettuate da donne con precedente esperienza abortiva continua a diminuire e, nel 2021, è risultata pari al 24,5% (24,5% nel 2020), tra i valori più bassi a livello internazionale, a conferma della reale diminuzione nel tempo del rischio di gravidanze indesiderate e conseguente ricorso all’IVG, verosimilmente collegato al decremento delle nascite, al maggiore e più efficace ricorso ai metodi per la procreazione consapevole, alternativi all’aborto, secondo gli auspici della legge 194/78.
Le IVG tra le donne straniere, dopo una progressiva stabilizzazione, risultano in leggera diminuzione, in analogia a quanto osservato nei decenni precedenti tra le donne italiane. Nel 2021 sono state il 27,1% di tutte le IVG praticate in Italia (28,5% nel 2020). I tassi di abortività tra le donne di cittadinanza non italiana si mantengono comunque più elevati rispetto a quello delle donne italiane, rispettivamente 12 e 5 per 1.000 donne nel 2020, ultimo anno per cui si dispone del tasso di abortività delle donne straniere.
Tecniche per effettuare l’IVG
L’isterosuzione è la tecnica chirurgica utilizzata più frequentemente in Italia (42,7% del totale delle IVG nel 2021, in netta diminuzione rispetto al 55,8% nel 2020); permane tuttavia un 8% di interventi effettuati con il raschiamento che è una procedura più rischiosa per la salute della donna. Il raschiamento continua a presentare una forte variabilità tra Regioni e un valore massimo in Sardegna (24,9%), indicativa di inappropriatezza assistenziale meritevole di attenzione. Si registra un aumento del ricorso all’aborto farmacologico, in seguito anche alla circolare del 12 agosto 2020 del Ministero della Salute. Nel 2021 l’aborto farmacologico con mifepristone e successiva somministrazione di prostaglandine è stato utilizzato nel 45,3% delle IVG rispetto al 31,9% nel 2020; 24,9% nel 2019; 3,3% nel 2010, con conseguente aumento degli interventi eseguiti senza anestesia (39,8 nel 2021 rispetto al 29,3% nel 2020 e al 23,9% nel 2019) e aumento della percentuale di interventi in epoca gestazionale precoce (61,7% entro le 8 settimane nel 2021 rispetto al 56% del 2020) che sono associati a un minor rischio di complicanze per le donne.
Il ricorso all’aborto farmacologico, tuttavia, varia molto fra le Regioni: si passa dal 19,6% delle Marche al 72,5% della Liguria e 72,0% di Basilicata e Calabria.
Obiezioni di coscienza
I dati del 2021, benché in lieve diminuzione, confermano un’alta percentuale di obiettori (63,4% dei ginecologi, 40,5% degli anestesisti e 32,8% del personale non medico) con ampie variazioni regionali per le tre categorie. Dal 2020 la relazione contenente i dati definitivi fornisce nuovi parametri per approfondire il tema dell’obiezione di coscienza e in particolare l’impatto che l’esercizio del diritto all’obiezione di coscienza da parte del personale sanitario può avere sull’accesso al servizio IVG da parte delle donne e sul carico di lavoro degli operatori sanitari non obiettori. In base a questi parametri, nel 2021 il 59,6% delle strutture con reparto di ostetricia e/o ginecologia (335/560) in Italia ha effettuato IVG, con forte variabilità interregionale. Risultano disponibili 2,8 punti IVG ogni 100.000 donne in età fertile e il carico di lavoro medio settimanale di ogni ginecologo non obiettore dal 2017 al 2021 presenta valori in diminuzione nel tempo (0,9 IVG medie settimanali nel 2021; 1 nel 2020; 1,1 nel 2019 e 2018; 1,2 nel 2017). Le Regioni in cui si osserva un carico di lavoro più alto per i ginecologi non obiettori sono Molise (2,8 IVG medie settimanali), Campania (2,4) e Puglia (2,1). È auspicabile che le Regioni che presentano le maggiori criticità possano valutare soluzioni per garantire quanto indicato nell’articolo 9 della legge 194/78, “gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La Regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale”.
Il ruolo dei consultori
I consultori familiari offrono un percorso di presa in carico e accompagnamento delle donne che richiedono l’IVG che include il counselling prima della procedura, il rilascio del documento/certificato per l’IVG e il counselling contraccettivo post IVG. L’analisi dell’attività dei consultori familiari per l’IVG nel 2021, come negli anni precedenti, è stata effettuata attraverso un monitoraggio ad hoc del Ministero della Salute. I consultori familiari che hanno dichiarato di effettuare counselling per l’IVG e di rilasciare certificati per l’intervento sono 1379 e corrispondono al 68,4% del totale dei consultori familiari. Come negli anni passati, il numero di colloqui IVG supera quello dei certificati rilasciati dai consultori (46.194 colloqui vs 31.065 certificati) verosimilmente per il supporto offerto alle donne con l’obiettivo di “rimuovere le cause che le porterebbero all’interruzione della gravidanza” (art. 5, 194/78). Per quanto riguarda i controlli post IVG risulta un numero minore rispetto a quello dei certificati rilasciati dai consultori, un dato che dimostra la necessità di migliorare l’integrazione ospedale-territorio e facilitare il ritorno in consultorio dove, grazie alle équipe multi-professionali esperte nella promozione della salute, le donne possono accedere a una varietà di consulenze anche di carattere psico-sociale e a counselling personalizzati.
Il progetto CCM “Analisi delle attività della rete dei consultori familiari per una rivalutazione del loro ruolo con riferimento anche alle problematiche relative all’endometriosi”, coordinato dall’ISS, ha fotografato i consultori a oltre 40 anni dalla loro istituzione ed evidenziato come oltre il 95% di tali presidi riferisca di offrire, senza differenze per area geografica, quanto previsto dalla legge 194 alle donne che fanno richiesto di IVG, dalla fase pre-intervento al counselling contraccettivo post intervento.
Da agosto 2020, a seguito della Circolare del Ministero della Salute, sia gli ambulatori sia i consultori, autorizzati dalle regioni, possono effettuare l’aborto farmacologico. Nel 2021 solo la Regione Lazio ha offerto tale opportunità in 4 consultori prevedendo la somministrazione del mifepristone in consultorio e l’auto-somministrazione del misoprostolo a domicilio in autonomia da parte della donna, come raccomandato dalle linee guida internazionali ed effettuato in molti Paesi europei.
—> sul sito EpiCentro leggi il commento delle ricercatrici ISS ai dati sull’indagine “I Consultori Familiari a 40 anni dalla loro nascita tra passato, presente e futuro” e la pagina dedicata ai risultati del progetto CCM “Analisi delle attività della rete dei consultori familiari per una rivalutazione del loro ruolo con riferimento anche alle problematiche relative all’endometriosi”
—> visita la pagine dedicate all’IVG sul sito del Ministero della Salute
—> consulta i siti delle associazioni LAIGA (Libera Associazione Italiana Ginecologi non obiettori per l’Applicazione della 194) e AMICA (Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto).
fonte: EpiCentro ISS – Testo scritto da: Serena Donati, Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute, Iss