Susanna Ronconi racconta il rapporto dell’ONU su droghe e diritti umani per la rubrica di Fuoriluogo su il manifesto dell’11 ottobre 2023. Per approfondire ascolta l’episodio 34 del podcast di Fuoriluogo!
«Abbandonare gli approcci punitivi è cruciale per affrontare le sfide sul piano dei diritti umani causate o facilitate dalle politiche repressive sulle droghe. (…) Adottare alternative alla criminalizzazione, alla tolleranza zero e all’abolizione delle droghe attraverso la decriminalizzazione del consumo (…) Assumere il controllo dei mercati illegali attraverso una regolazione responsabile». Questa una delle raccomandazioni elaborate dall’Alto Commissariato Onu dei diritti umani (OHCHR) nel rapporto redatto su incarico del Consiglio dei diritti umani (HRC) in vista della sessione della Commission on Narcotic Drugs (CND) che nel marzo 2024 a Vienna avrà il compito di valutare progressi e risultati della strategia globale sulle droghe varata nel 2019 e in scadenza nel 2029. Il rapporto – stilato sulla base di oltre cento contributi di stati, agenzie internazionali e ONG (fra cui quello di Forum Droghe) – rappresenta la base su cui a Vienna il tema dei diritti umani sarà portato dallo HRC come elemento di valutazione della adeguatezza, sostenibilità ed efficacia delle politiche globali, avendo il rispetto dei diritti come fattore dirimente. La CND del prossimo marzo si annuncia come un passo avanti non di poco conto, se davvero gli organismi Onu sui diritti conquisteranno, come annunciato e perseguito in tanti atti negli ultimi anni, un ruolo istituzionalmente più forte nell’ambito delle politiche sulle droghe. Una sfida sempre aperta, perché se senza dubbio gli ultimi dieci anni hanno visto crescere la serrata critica alla war on drugs da parte di un crescente numero di agenzie, le resistenze e le controffensive sono molte, sia da parte degli enti preposti (UNODC e INCB) che dal cartello degli stati iper-proibizionisti, Russia e Cina in testa.
Il Rapporto è il più radicale ad oggi tra i tanti documenti Onu che nel tempo hanno preso posizione sul nesso politiche globali-violazioni dei diritti: presenta una impressionante disamina di tutti i diritti fondamentali violati nell’ambito e a causa della war on drugs – salute e accesso ai servizi e alla Riduzione del Danno, iper-incarcerazione, militarizzazione nei processi di controllo, sproporzione nelle pene soprattutto per i reati minori, pena di morte, discriminazione di alcuni gruppi sociali ed etnica, impatto sui popoli indigeni – ma soprattutto dimostra e denuncia il nesso criminalizzazione-violazioni, con un appello, mai così esplicito, non solo a rinunciare all’approccio repressivo, ma, per la prima volta, a considerare l’opzione di una regolazione legale dei mercati.
Le raccomandazioni finali, che articolano quello slittamento strategico citato qui in premessa, a ben vedere suonano come un programma di riforma, e questo a molti non piacerà. Per esempio al governo italiano, che pur se ha sottoscritto l’impegno dello HRC per Vienna 2024, sta marciando contro corrente: se l’OHCHR raccomanda di decriminalizzare i reati minori, l’Italia inasprisce le pene per i fatti di lieve entità; se raccomanda la RdD come politica cruciale per il diritto alla salute, l’Italia la stigmatizza e la boicotta; se invita a considerare ipotesi di controllo legale dei mercati l’Italia demonizza la legalizzazione della cannabis; se considera fondamentale il rispetto di chi consuma, la destra italiana rigetta l’acronimo PUD, Persone che usano droghe, perché legittimerebbe l’uso di sostanze. E via elencando.
È pensabile che l’Unione Europea si presenterà compatta a Vienna, e che vorrà sostenere le raccomandazioni dello HRC. Come movimento per la riforma delle politiche sulle droghe abbiamo da lavorare perché Mantovano non reciti il ruolo che fu di Giovanardi nel 2009, quando alla CND che doveva varare la nuova strategia ONU, l’Italia si alleò con Russia e Cina contro la RdD (vedi F. Corleone in questa rubrica del 25 febbraio 2009). Un brutto film.