«Tutte le famiglie iscrivono i loro figli a scuola con molti mesi di anticipo e dopo averlo fatto hanno la certezza che il proprio figlio andrà a scuola per tutto l’anno scolastico. Le famiglie, invece, che vivono condizioni di disabilità, pur effettuando l’iscrizione con i medesimi tempi e con le stesse modalità, non solo non sono certe di poter godere dello stesso diritto altrui, ma anche quando avviene, quel diritto diventa “parziale” o “a tempo determinato”»: lo scrive Fortunato Nicoletti, centrando l’attenzione in particolare sulla carenza dell’assistenza sanitaria a scuola
Questa esperienza totalizzante ci ha consentito di imparare tantissimo rispetto alle priorità di quella che consideriamo la vita precedente all’arrivo di Roberta tra cui la condivisione di questa sorta di “vita 2.0”, non solo con le tantissime altre famiglie che vivono una condizione di non autosufficienza, ma anche con tutta la società civile, che ritengo avrebbe il dovere di prendersi carico della fragilità altrui. È proprio per questo che quasi quattro anni fa ho fondato un’Associazione della quale sono vicepresidente, che si chiama Nessuno è Escluso e che si occupa di disabilità e malattie rare per ogni aspetto riguardante il sostegno e il supporto alle famiglie, oltreché di tutela (advocacy) rispetto alla garanzia del diritto, anche attraverso specifiche proposte normative.
Ho deciso di scrivere questa lettera aperta, perché tra i tantissimi problemi che appesantiscono la vita delle famiglie come la nostra, spesso molto più della stessa condizione disabilitante, il tema della scuola ritengo sia quello che sposta gli equilibri presenti e anche e soprattutto quelli futuri. La scuola, infatti, è relazione, è socialità, è autonomia, è indipendenza, è acquisizione di competenze più che di conoscenze.
Oggi si parla spessissimo di inclusione scolastica, di accessibilità, di integrazione, ma se questi concetti vengono affrontati con superficialità e poca consapevolezza, non potranno nemmeno appartenere al futuro.
Il concetto di scuola accessibile, ad esempio, non può essere legato solo alla questione dell’accesso fisico alla struttura, ma anche e soprattutto alla fruizione di tutti gli spazi e di tutti i servizi, ed è per questo che al concetto di accessibilità possiamo affiancare quello dell’accoglienza, se è vero che insieme determinano un diritto costituzionale inalienabile, come quello all’istruzione.
Qui non mi riferisco al consueto tema degli insegnanti di sostegno, per altro importantissimo e tuttora irrisolto, visto che le nomine di tali docenti avvengono solo dopo che sono stati coperte tutte le classi; mi riferisco invece a una figura assistenziale assolutamente necessaria, anzi vitale per alcuni studenti che ne necessitano, ossia l’infermiere. Anche gli studenti con disabilità molto complesse, infatti, hanno il diritto di frequentare la scuola esattamente come tutti gli altri “normodotati”. Ed è questo l’argomento che vorrei mettere al centro: il tema dell’assistenza sanitaria scolastica, riguardante un numero esiguo di studenti rispetto alla totalità di quelli con disabilità varie, ma in realtà una tipologia di assistenza che quando manca, o anche solo quand’è parziale, comporta una vera e propria negazione di un diritto costituzionale.
Purtroppo conosco benissimo la questione, sia per esperienza diretta – Roberta necessita di un infermiere per tutte le ore di frequenza scolastica – sia perché attraverso l’Associazione Nessuno è Escluso, da quando abbiamo sollevato il tema, ci arrivano segnalazioni da ogni parte del Paese, sull’impossibilità di garantire la scuola a tantissimi studenti con disabilità.
Ecco quindi il motivo di questo mio appello: cercare di accendere la luce rispetto a una questione certamente emergenziale e della quale praticamente nessuno parla, ma che credo non sia più possibile ignorare. Per far capire meglio cosa intendo dire, propongo un esempio pratico.
Roberta è assistita a domicilio (poco rispetto ai suoi bisogni), attraverso il servizio ADI (Assistenza Domiciliare Integrata), gestito dall’Azienda Socio Sanitaria Territoriale (ASST) tramite un sistema di accreditamento alle Cooperative. Tale servizio, quando la bambina comincia la frequenza, dovrebbe consentire di assisterla in classe per tutto l’orario di frequenza previsto, ma a causa di un sistema poco efficace e di scarse risorse umane, questo non succede praticamente mai, cosicché accade che Roberta a scuola non ci vada proprio oppure che il caregiver – cioè uno dei genitori -, si debba recare a scuola e passare le proprie giornate in questo modo, rinunciando al lavoro, con tutto quello che ciò significa economicamente, socialmente e per la famiglia.
E non è tutto, perché noi sappiamo solo il venerdì di ogni settimana quale e quanta sarà l’eventuale copertura scolastica infermieristica della settimana successiva, con un impatto realmente devastante per la frequenza di Roberta e per l’organizzazione familiare.
Tutte le famiglie iscrivono i loro figli a scuola con molti mesi di anticipo e dopo averlo fatto hanno la certezza che il proprio figlio andrà a scuola per tutto l’anno scolastico. Le famiglie, invece, che vivono condizioni di disabilità, pur effettuando l’iscrizione con i medesimi tempi e con le stesse modalità, non solo non sono certe di poter godere dello stesso diritto altrui, ma anche quando avviene, quel diritto diventa “parziale” o “a tempo determinato” il che, nel 2023, in un Paese che si ritiene civile, non è tollerabile, in quanto discrimina le persone e noi questo non possiamo permettercelo.