IL TAPPETO: storia n. 98 di infortunio sul lavoro

Pino è deceduto a seguito di un infortunio, avvenuto all’interno di un silos che fa parte di un mangimificio che produce mangimi per terzi e per le proprie esigenze di allevamento avicolo.

Il tappeto del salotto buono della zia Emma, chissà perché quello, oggi, le viene in mente. La tovaglia in pizzo, la gondola di pezza ricordo della gita a Venezia, la scatola di alluminio con dentro tutto il mondo e il tappeto davanti al sofà. Il tappeto rosso scuro, con le foglie gialle autunno inserite nella trama. Il tappeto che riempiva la stanza e che ancora si ricorda quando lo portarono. Tutto arrotolato come un grande cilindro rosso e gli operai della ditta di traslochi che con un gesto brusco lo stendevano sul pavimento.

Francesca Sofia Arcuri, già nipote di zia Emma e medico dell’istituto di medicina legale di Brescia guarda il tappeto davanti ai suoi occhi.

Il silos 547

Arrivato sul luogo dell’infortunio, osservavo in silenzio il grande silos grigio. Grigio come tutto quello che stava intorno. Tubi, raccordi, motori, pompe, sacchi e poi lui… il silos 547. Cinquequattrosette, come la prima normativa che avevo studiato sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Ironia del destino, come quel cognome altisonante, Piccofaccio, che mi portavo dietro, che faceva sembrare doppio tutto quello che invece dovevo fare da solo. Mi avvicinai al grande contenitore, pestando con le scarpe la farina di soia che era sparsa dappertutto, e toccai il metallo del silos. Come una foglia penzolante da un albero, vicino a un foro di ingresso, dondolava un coperchio, appeso come per miracolo con un bullone, uguale a quelli sparsi a terra, fra la soia …leggi tutta la Storia n. 98

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FONTE: DORS

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