La Corte europea dei diritti umani ha giudicato l’Italia colpevole di aver violato il diritto alla vita familiare e privata di una bambina, nata nel 2019 in Ucraina con il ricorso alla maternità surrogata, impedendone il riconoscimento legale nel rapporto di filiazione con il padre biologico, rendendola così un’apolide.
Le autorità italiane dovranno versare 15 mila euro alla bambina per danni morali e 9.536 euro per le spese legali sostenute dal padre biologico e dalla madre intenzionale.
La sentenza – (Ricorso n. 47196/21)
Nell’odierna sentenza della Camera 1 nel caso C c. Italia (ricorso n. 47196/21) la Corte Europea dei Diritti Umani ha ritenuto, a maggioranza, che vi erano stati:
una violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea sulla Diritti umani per quanto riguarda l’instaurazione di un rapporto legale di filiazione tra i richiedente e suo padre biologico, e nessuna violazione dell’articolo 8 per quanto riguarda l’instaurazione di un rapporto legale tra genitori e figli tra la ricorrente e la sua futura madre.
Il caso riguardava il rifiuto delle autorità italiane di riconoscere il rapporto legale di filiazione stabilito da un certificato di nascita ucraino tra C, un bambino nato attraverso una maternità surrogata gestazionale accordo all’estero, nonché il padre biologico e la futura madre.
La Corte ha osservato che, come aveva riscontrato in cause precedenti (principalmente Mennesson c. Francia e Labassee c. Francia), ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione, il diritto interno doveva prevedere la possibilità di riconoscimento del rapporto giuridico tra un bambino nato attraverso un accordo di maternità surrogata all’estero e il padre designato laddove era il padre biologico. … leggi la sentenza della CEDU (fr)
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