Gentile Direttore,
sono medico di medicina generale. Ho letto con qualche perplessità le dichiarazioni recentemente rilasciate dal presidente Anelli sul notiziario della Fnomceo il 17 agosto u.s (perplessità che esprimo in sintesi in questa lettera ma potete leggere più in dettaglio nel file allegato). Mi sembra che essere chiusi ad oltranza verso una diversa organizzazione della medicina generale è un po’ come restare ancorati ad un nostalgico passato, un po’ come negare che un treno super veloce è certamente più efficiente di una carrozza per farci raggiungere la meta.
È sotto gli occhi di tutti che la medicina generale, pur avendo un ruolo centrale nella gestione delle problematiche del territorio, ha perso di attrattività per i giovani colleghi al punto che i bandi per i corsi di formazione specifica in medicina generale vanno praticamente deserti! Lo sa perfettamente il dott. Scotti, segretario nazionale della Fimmg , che in data 28/8/23, dalle pagine di QS, invoca i giovani medici ad iscriversi al CFSMG, essendo stato prorogato al 30 settembre il termine ultimo di presentazione delle domande, vista la scarsa adesione, ormai cronica, dei neolaureati.
Penso quindi che anche al dott. Anelli non sfugga che certamente il meccanismo di funzionamento della medicina generale convenzionata, tanto ambita al momento della sua istituzione oltre 40 anni fa, si sia logorato ed inceppato irreversibilmente! Del resto è fisiologico che ogni servizio pubblico vada periodicamente revisionato, riammodernato ed adeguato ai tempi e ai cambiamenti inevitabili del tessuto sociale e delle sue esigenze ed aspettative.
Ciò premesso veniamo alle affermazioni del presidente Anelli che mi hanno spinta a queste riflessioni che vorrei condividere con i lettori del suo quotidiano. In questo scenario di oggettiva perdita di appetibilità della nostra professione (che ancora oggi ritengo essere la più nobile, in quanto più “prossima” al cittadino sofferente ed insostituibile), il dott. Anelli invece di analizzare le ragioni di questa crisi vocazionale va a rimarcare che la natura giuridica del rapporto di lavoro dei MMG non è rilevante nel pregiudicare l’ingresso degli stessi all’interno delle costituende Case di Comunità. Ebbene, penso invece che non solo sia necessario che i MMG ci entrino da” dirigenti” ma trovo che questo sia indispensabile per sanare, una volta per tutte, quella dicotomia tra medici liberi professionisti convenzionati che gestiscono il territorio e medici dipendenti che gestiscono l’ospedale: tale dicotomia oltre a creare una innaturale rivalità e conflittualità tra colleghi (cosa che non avrebbe ragion d’essere se il rapporto lavorativo fosse ugualmente inquadrato e se il titolo di MMG fosse acquisito con una regolare scuola di specializzazione) alimenta una insopportabile campagna denigratoria e calunniosa sulla nostra categoria, cui anche il dott. Anelli appartiene, che nell’immaginario collettivo viene ritenuta super-pagata a fronte di un impegno lavorativo minimo!
Dopo la terribile pandemia, cui la medicina generale ha versato il tributo più alto in termini di vittime cadute sul lavoro, senza adeguato e giusto riconoscimento, il carico di lavoro del MMG è aumentato a dismisura, vedendolo impegnato quotidianamente con visite ambulatoriali, ben oltre le cinque ore giornaliere di apertura dello studio previste dall’ACN , con reperibilità telefonica, visite domiciliari da svolgere al di fuori dell’apertura dell’ambulatorio, attività distrettuale con partecipazione ad UVM (unità di valutazione multidisciplinare) per la presa in carico dei fragili che necessitano di assistenza domiciliare complessa. A ciò si aggiunga il back office, dopo la chiusura dell’ambulatorio, che consiste nello smaltimento di decine e decine di mail e messaggistica telefonica ed in ultimo, ma non da ultimo, un carico burocratico sovrabbondante ed in crescita esponenziale negli ultimi anni, imprevedibile al momento della nostra scelta professionale, concausa della irreversibile perdita di identità del nostro ruolo.
Il rapporto fiduciario sappiamo bene, noi addetti ai lavori, che è diventato attualmente un guscio vuoto, in quanto il valore semantico della parola “fiducia” ha perso il suo significato più alto per diventare uno slogan sbandierato da alcuni colleghi che preferirebbero non avviare una riforma strutturale della MG. Molti pazienti/utenti instaurano con i MMG un rapporto squisitamente utilitaristico: basti pensare con quanta facilità buona parte degli assistiti non esiti a revocare il medico “di fiducia”, solo perché gli viene negato, secondo scienza e coscienza, quanto, a volte impropriamente ed insistentemente, richiesto.
La dipendenza oltre a determinare un orario di lavoro definito e tutele per noi medici (ferie, malattia, TFR) spezzerebbe il rapporto tossico e utilitaristico che è diventato l’attuale rapporto medico paziente, nel quale la fiducia c’entra molto poco o solo in una minima percentuale di casi.
In tal modo, MMG dirigenti all’interno delle Case di Comunità, con titolo di specializzazione universitaria in M.G., con un contratto solo a quota oraria e non più capitaria, (sistema quest’ultimo da cui origina, a mio parere, l’atteggiamento talvolta vessatorio di alcuni iscritti che usano e abusano del medico di fiducia) potrebbero rendere un ottimo servizio ai cittadini, riportando il nostro ruolo a quello squisitamente clinico. Saremmo così collocati in una realtà territoriale multidisciplinare, rappresentando un punto di riferimento efficace ed efficiente, in grado di dare risposte a problematiche di salute non urgenti, H24 e per 7 giorni a settimana.
In conclusione: la dipendenza serve per portare i MMG dentro l Ssn e non lasciarli fuori dallo stesso… in condizioni di emarginazione, subordinazione e scarso riconoscimento del ruolo professionale.
Se perdessimo questo treno sono convinta che la medicina generale sparirebbe, e con essa il SSN pubblico.
Dott.ssa Cecilia Ruggiero
Medico di medicina generale, Bitonto
Fonte: https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=116186