Il caldo ha conseguenze rilevanti per la salute, e gli epidemiologi ne misurano gli effetti con la abituale pazienza e cautela. Ma con il passare degli anni – visto che praticamente l’anno che viene è quasi sempre più caldo dell’anno che se ne va -, il livello di allarme è salito e ci si chiede se non sia il caso di considerare le ondate di calore e gli altri eventi climatici una questione sanitaria che merita un’attenzione particolare. Parlano esplicitamente di minaccia per la salute pubblica i quasi 100 scienziati che hanno firmato una lettera aperta rivolta ai giornalisti, un vero appello a parlare della crisi climatica, ma soprattutto a farlo non trascurando le sue cause e le sue soluzioni. La lettera degli scienziati – tra cui il premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi – ricorda che è chiarissimo quali siano le cause principali del cambiamento climatico: le emissioni di gas serra prodotte dall’utilizzo di combustibili fossili. E che è altrettanto chiaro quali siano le soluzioni prioritarie: la rapida eliminazione dell’uso di carbone, petrolio e gas, e la decarbonizzazione attraverso le energie rinnovabili. E concludono che siamo ancora in tempo per scegliere un futuro sostenibile che metta al primo posto la sicurezza, la salute e il benessere delle persone, come previsto dagli obiettivi europei di riduzione delle emissioni del 55% al 2030 e di neutralità climatica al 2050. E possiamo farlo anche grazie a una corretta comunicazione e alla cooperazione tra noi tutti. A partire dai mezzi di informazione.
L’impatto sulla salute del caldo, alla luce delle analisi più recenti, si dimostra forte, in particolare per il nostro Paese.
Ondate di calore e mortalità
Un seminario svoltosi il 10 luglio all’Imperial College di Londra sugli effetti delle ondate di calore ha dato utili aggiornamenti sugli impatti che il cambiamento climatico ha sulla salute umana. Ci si è concentrati sul 2022 perché l’esperienza dell’anno passato è ricca di suggerimenti per il futuro. Un contributo al seminario dell’Imperial College di Joan Ballester di Barcellona (pubblicato su Nature Medicine) ha mostrato infatti che su circa 61.000 decessi in più attribuibili all’ondata di calore del 2022 in Europa, 18.000 si sono verificati in Italia: quasi un terzo del totale, a dispetto del fatto che la popolazione italiana rappresenti un decimo della popolazione considerata. Per motivi che non sono ancora chiari, le donne sono più vulnerabili alle ondate di calore, con il 63% del totale delle morti in eccesso; inoltre è particolarmente suscettibile la popolazione anziana.
I fattori che modificano la suscettibilità alle ondate di calore sono stati indagati da Aina Roca Barcelò, dell’Imperial College, che ha studiato la popolazione di San Paolo del Brasile. Secondo il concetto di “sindemia” già espresso dal direttore di Lancet Richard Horton e altri (qui l’articolo di Paolo Vineis ed Emilie Courtin), eventi epidemici che si manifestano a ondate, come COVID-19 e le morti da calore, mietono vittime prima di tutto nei più suscettibili, che sono simili nel caso della pandemia e delle ondate di calore: non solo gli anziani, ma anche le persone affette da malattie croniche come diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari, e le persone appartenenti alle classi sociali più basse. Naturalmente i meccanismi esplicativi sono diversi per le due condizioni, poiché l’effetto della temperatura dipende per esempio dalla facilità di accesso ad aree verdi e dalla disponibilità di aria condizionata.
Il caldo dà anche alla testa
Le indagini epidemiologiche non si limitano agli effetti delle ondate di calore sulla mortalità. Jessica Gong, di University College London, ha riportato quanto si sa sugli effetti a livello cerebrale e cognitivo. Le ondate di calore sono state infatti associate al declino cognitivo (vedi qui). Temperature superiori a 40 gradi paiono perfino accelerare la deposizione nell’encefalo di placche di beta-amiloide (depositi proteici nell’encefalo collegati alla demenza, anche se oggi pare dubbia l’ipotesi dell’amiloide come origine dall’Alzheimer). Il problema è particolarmente serio in quanto le persone con demenza sono fragili, convivono con la multimorbidità, e dipendono fortemente da chi le assiste per le attività e le funzioni quotidiane. Inoltre le persone affette da demenza hanno una ridotta consapevolezza cognitiva dell’ambiente e quindi possono essere meno propense a percepire le minacce legate all’esposizione al calore sui cambiamenti fisiologici. Vanno anche considerati gli effetti collaterali dei farmaci antipsicotici o psicotropi sulla termoregolazione.
Ondate di calore, sistema respiratorio e inquinamento
L’intervento di Garyfallos Konstantinoudis dell’Imperial College si è concentrato invece sugli effetti dei picchi di caldo sull’apparato respiratorio nel Regno Unito, dove è stata osservata una chiara relazione lineare tra l’aumento della temperatura ambientale e le ospedalizzazioni per asma e broncopneumopatia cronico-ostruttiva. L’effetto è evidente soprattutto tra i maschi in età da lavoro, suggerendo l’importanza di sistemi di allerta per le persone più fragili ed esposte a rischio per motivi professionali.
È stata anche evidenziata una interazione fra caldo e inquinamento dell’aria. Quest’ultimo, come riferisce un recente studio italiano, è responsabile di più di 72.000 decessi annuali (pari all’11,7% del totale dei decessi) in Italia, di cui più di 39.000 sono stati stimati nelle regioni della Pianura Padana. Nonostante questi segnali poco rassicuranti, nel 2023 le quattro regioni padane Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna si sono opposte alla revisione della direttiva UE sulla qualità dell’aria, chiedendo valori limite degli inquinanti meno stringenti rispetto a quanto proposto dalla Commissione europea, e una deroga temporale.
La situazione italiana
L’Italia avrebbe in realtà molti motivi per attivarsi, sia sul fronte della mitigazione sia su quello dell’adattamento agli impatti del clima che cambia, come mostra il recentissimo volume Cambiamenti climatici e salute: l’importanza dei co-benefici sanitari nelle politiche di mitigazione, di Epidemiologia e Prevenzione. La monografia legge le criticità climatiche che interessano l’Italia alla luce delle conseguenze di salute, riportando dati aggiornati sulle ondate di calore, la siccità, gli incendi, il sistema alimentare, la migrazione e altre dimensioni rilevanti.
I risultati di questa importante ricerca a più mani, che segue la metodologia di Lancet Countdown, mostrano, per esempio, un aumento costante dei giorni-persona di esposizione alle ondate di calore degli adulti di età superiore ai 65 anni in Italia, con una media di 109,5 milioni di giorni-persona di esposizione in più all’anno nel periodo 2012-2021, rispetto al periodo di riferimento 1986-2005. L’inasprimento delle temperature estreme non trova il nostro Pese del tutto sguarnito almeno sotto il profilo del monitoraggio e dell’adattamento. L’Italia infatti, grazie in particolare al Dipartimento di epidemiologia della Regione Lazio, è stato fra i primi paesi al mondo a dotarsi di un sistema rapido di sorveglianza della mortalità da caldo (in 34 città), a cui con il tempo si sono associati un monitoraggio dei dipartimenti di emergenza degli ospedali, campagne educative, l’identificazione di sottogruppi particolarmente suscettibili o ad alto rischio, protocolli di intervento e altre iniziative (vedi anche www.salute.gov.it/caldo).
Un altro aspetto da tenere monitorato è la siccità. In Italia le giornate di siccità grave o estrema sono aumentate considerevolmente negli anni più recenti (Figura 1), mettendo a rischio la sicurezza idrica, i servizi igienico-sanitari e la produttività dell’agricoltura, oltre ad aumentare la probabilità di incendi e l’esposizione agli agenti inquinanti. Come è noto, l’estate del 2022 è stata un periodo critico in termini di siccità e carenza idrica, con 5 regioni italiane che hanno ottenuto lo stato di emergenza. L’Italia, il secondo Paese europeo (dopo la Grecia) per prelievo di acqua dolce per l’approvvigionamento idrico pubblico, con 153 m³ di acqua estratta per abitante nel 2018, è particolarmente a rischio di siccità.
Siccità in Italia. Percentuale di superficie interessata da almeno un mese di siccità grave (rosso) ed estrema (blu). Le linee sottili tratteggiate e continue rappresentano la percentuale annuale di superficie colpita. Le linee spesse rappresentano le medie mobili quinquennali (fonte Lancet Countdown, leggi qui)
Per quanto riguarda le malattie trasmissibili, altro osservato speciale della monografia, nel periodo 2012-2021 in Italia i dati modellati per la Dengue trasmessa dalla zanzara Aedes albopictus hanno rivelato un R0 ancora relativamente basso (0,26 in media). Tuttavia, questo rappresenta un aumento del 73% rispetto al periodo di riferimento 1951-1960, in cui l’R0 era pari a 0,15. In questo periodo, l’aumento maggiore dell’R0 si è osservato nel Nord Italia, in particolare in Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Lombardia e Liguria.
Il caldo chiama la politica, ma la politica non risponde
L’impatto del cambiamento climatico sulla salute non si può più ignorare, specialmente in Italia, che costituisce attualmente il fronte più avanzato delle ondate di calore in Europa. Eppure, manca sia a livello di governo sia di molte regioni una reale consapevolezza della posta in gioco e della gravità dei ritardi che abbiamo accumulato nell’azione di mitigazione. Come spiega il primo articolo della monografia, l’Italia dovrebbe diminuire le emissioni di gas serra di 17 Mt CO2 eq all’anno a partire dal 2020 per raggiungere l’obiettivo del Green Deal europeo di una riduzione del 55% entro il 2030, seguito da un taglio di 12 Mt CO2 eq all’anno nei 20 anni successivi per arrivare a emissioni zero (nette) entro il 2050.
Ma ce la faremo? Difficile, se in nome di un presunto realismo e invocando i ritardi negli anni passati, l’attuale governo italiano continuerà ad aderire solo a parole agli obiettivi di decarbonizzazione del Green Deal, precisati e rafforzati con i piani climatici ed energetici Fit for 55 e Repower EU, già sapendo che non li raggiungerà né alla scadenza del 2030 né a quella dello zero netto del 2050, come mostra il basso profilo della nuova proposta di piano energetico (PNIEC) governativo.
Che dire? Chi si agita e vorrebbe premere sull’acceleratore passa per “ideologico”… Speriamo che ci siano le forze e la chiarezza di idee, nutrita da dati scientifici sempre più precisi (ma di quanti altri abbiamo bisogno?), per opporsi a questa rassegnata presa d’atto dei nostri ritardi e far valere le ragioni dell’attivismo in campo climatico. Magari seguendo le priorità d’azione ricordate anche in una rassegna, pubblicata lo scorso 18 luglio su Nature Medicine a firma di quattro esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità, Diarmid Campbell-Lendrum, Tara Neville, Christian Schweizer e Maria Neira:
Il cambiamento climatico può essere la più grande minaccia per la salute del ventunesimo secolo, con un impatto diretto e indiretto sulle vite umane, minando i determinanti ambientali e sociali della salute. Un’azione rapida per decarbonizzare le economie e costruire la resilienza è giustificata da motivi di salute, diritti umani, ambiente ed economia. Sebbene la risposta necessaria per la salute sia ampia, può essere in gran parte racchiusa in tre grandi sfide: (i) promuovere azioni che riducano le emissioni di carbonio e migliorino la salute; (ii) costruire sistemi sanitari migliori, più resilienti al clima e a basse emissioni di carbonio; e (iii) attuare misure di salute pubblica per proteggere dai rischi climatici per la salute. La comunità sanitaria può dare un contributo unico e potente, unendo la sua voce molto ascoltata alla leadership e advocacy climatica, fornendo prove per l’azione, assumendosi la responsabilità della resilienza climatica e della decarbonizzazione dei sistemi sanitari e guidando altri settori le cui azioni hanno un impatto sostanziale sulla salute, sulle emissioni di carbonio e sulla resilienza climatica