Nel 1973 l’uscita della scultura dal manicomio di Trieste accompagnata da 600 «matti». Che cosa è cambiato dalla riforma del 1978 nella cura del disagio mentale?
Marco Cavallo uscì dal manicomio una bella domenica di marzo. Azzurro come il cielo di primavera, arrivò fino a Piazza Unità, il cuore di Trieste, accompagnato da almeno 600 «matti». Era il 1973, Marco Cavallo, la pelle di cartapesta e nella pancia i sogni degli internati, era una scultura: doveva il suo nome a un altro cavallo, lui sì in carne ed ossa, che i pazienti dell’ospedale psichiatrico di Trieste l’anno prima avevano salvato dal macello. Alto tre metri, gli aveva fatto strada Franco Basaglia, psichiatra e direttore della struttura, che con una panchina di ghisa aveva sfondato il cancello di legno che ne bloccava l’uscita