In Portogallo oltre un milione e mezzo di abitanti sono privi del medico di famiglia (il 15% della popolazione), una situazione che è il risultato di anni di politiche di austerity, di fuga di risorse, ma soprattutto dell’incapacità di anticipare l’ondata di pensionamenti prevista tra il 2020 e il 2023.
Il 19 maggio si è celebrata la giornata mondiale del medico di famiglia, una ricorrenza introdotta nel 2010 dall’Organizzazione Mondiale dei Medici di Famiglia (WONCA) caratterizzata da varie iniziative volte a sottolineare la centralità della nostra professione all’interno del Servizio Sanitario Nazionale. In Portogallo però questa ricorrenza è servita anche ricordare che oltre un milione e mezzo di abitanti sono privi del medico di famiglia (il 15% della popolazione), una situazione che è il risultato di anni di politiche di austerity, di fuga di risorse umane verso l’estero e il privato ma soprattutto dell’incapacità di pianificare tempestivamente e anticipare l’ondata di pensionamenti prevista tra il 2020 e il 2023 (Figura 1). Nonostante il picco del problema non sembra esser stato ancora raggiunto, con quasi 1000 medici di famiglia ad andare in pensione quest’anno, dal secondo semestre del 2022 sono stati messi in atto alcuni cambiamenti che potranno permettere di arginare il problema e posteriormente evitare che si riproponga in futuro .
Figura 1 – Evoluzione del numero di pazienti senza medico curante dal 2016 ad oggi (Fonte: Portal de Transparência do SNS)
Il contesto delle cure primarie in Portogallo
Dopo la riforma delle cure primarie del 2007, in Portogallo esistono due tipologie di unità funzionali di cure primarie – le Unidades de Saúde Familiar (USF) e le Unidades de Cuidados de Saúde Personalizados (UCSP). In entrambe le tipologie troviamo le stesse figure professionali – segretari clinici, infermieri di famiglia e medici di famiglia, tutti dipendenti pubblici (Le USF sono un modello organizzativo bottom-up formato da operatori sanitari che decidono di lavorare in equipe. Si dividono in tre modelli – A, B e C – dove il modello A corrisponde solitamente ad una fase iniziale di maturazione del lavoro di gruppo e governance e il modello B a una struttura dove queste caratteristiche sono già consolidate e confermate tramite audit dall’amministrazione regionale. Il modello C non è mai entrato in vigore ma avrebbe permesso a cooperative e privati di offrire servizi di cure primarie alla popolazione in situazioni di particolare carenza da parte del SSN. Le UCSP sono invece delle strutture top-down formate da tutti gli operatori che non fanno parte di una USF, o per scelta o perché sono appena entrati a far parte del distretto. Queste unità funzionali sono caratterizzate da una pratica clinica più individualista e il lavoro di governance viene svolto da operatori sanitari nominati dal Distretto.
(Per maggiori informazioni, consiglio la lettura del mio post precedente)
Risolvere le asimmetrie regionali
Il Portogallo ha aderito all’Unione Europea nel 1986 e da allora ha ricevuto oltre 1 miliardo di euro di fondi europei per migliorare le sue cure primarie. Tuttavia, i finanziamenti non sono stati distribuiti in ugual modo tra le varie regioni del paese, principalmente perché il nord era storicamente più densamente popolato e povero rispetto al distretto di Lisbona. Nel corso degli anni l’amministrazione regionale del nord del paese (ARS Norte) è riuscita a costruire una rete di cure primarie forte e organizzata, con infrastrutture moderne, più USF tipo B, un numero superiore di operatori sanitari e di medici specializzandi. Le conseguenze a livello di offerta di servizi e di stabilità in termini di risorse umane sono evidenti, come lo sono anche le differenze rispetto al numero di pazienti senza medico curante (Tabella 1). Il primo passo per tentare di risolvere queste differenze è stato intrapreso con la pubblicazione del nuovo Statuto del Servizio Sanitario Nazionale e con la creazione di una Direzione Esecutiva (DE-SNS), il cui compito è “coordinare la risposta assistenziale delle unità sanitarie del SSN, garantendo il loro funzionamento in rete, il miglioramento continuo dell’accesso alle cure sanitarie, la partecipazione degli utenti e l’allineamento della governance clinica e sanitaria”. Per quanto riguarda le cure primarie, il prossimo passo in programma da parte della DE-SNS sarà avanzare cona la decentralizzazione della gestione del SSN e trasferire le competenze delle amministrazioni regionali al distretto.
Tabella 1. Distribuzione dei medici di famiglia e di assistiti privi di MdF nelle varie Regioni del Portogallo
Ridare autonomia al distretto
In Portogallo l’assunzione di nuovi operatori sanitari è gestita dall’Amministrazione Centrale del Sistema Sanitario (ACSS) tramite concorsi nazionali. Questo meccanismo, forse necessario in passato, è considerato da molti obsoleto perché molto rigido e incapace di garantire il turnover in maniera attempata: ad esempio, osservando la Figura 1 si può vedere come il numero dei pazienti senza medico curante cresca gradualmente con due riduzioni all’anno, che corrispondono all’inizio delle nuove assunzioni dettate dai due concorsi all’anno per i medici del SSN. Al tempo stesso, il distretto non era finora autorizzato a stipulare contratti individuali per sopperire, ad esempio, alle necessità dettate dagli operatori sanitari assenti per malattia per periodo indeterminato oppure in congedo parentale. L’alternativa legale finora in vigore permetteva solamente di reclutare medici sostituti tramite agenzie interinali, ovviamente ad un valore orario più svantaggioso per le casse dello Stato e molte volte senza alcuna garanzia di qualità del servizio prestato, e con chiara precarizzazione del lavoro medico.
Con il nuovo Statuto del SNS, ogni distretto potrà definire e praticare, parallelamente ai concorsi nazionali, una propria politica di risorse umane adattando la tipologia di contratto nazionale esistente alle proprie necessità, con la creazione di posti di lavoro a tempo determinato per medici sostituti, e sono già visibili i primi accordi tra distretti e comuni (ad esempio, Sintra e Mafra) per cercare di attrarre medici di famiglia nelle aree con più carenza offrendo alloggio oppure incentivi monetari e al tempo stesso stimolare la creazione di nuove USF tipo B.
Generalizzare il modello USF tipo B
Come già accennato, in Portogallo esistono tre tipologie di unità funzionali che erogano servizi di cure primarie – le UCSP, le USF tipo A e le USF tipo B. Negli ultimi anni la grande maggioranza degli specializzandi viene formata in USF tipo B (Figura 3), un successo in parte dettato dalla presenza di incentivi monetari (510€ al mese) per i medici di queste unità funzionali che accettano di essere tutor di formazione. Vien da sé che un maggior numero di specializzandi vuol dire quindi anche maggior capacità da parte del distretto di sostituire i medici in uscita, facilitando inoltre l’integrazione dei nuovi specialisti in un contesto già ampiamente conosciuto durante il loro percorso formativo.
Figura 3 – Numero di medici specializzandi per amministrazione regionale e tipologia di unità e per anno di specialità (Fonte: Sistema de Dados Mestre – ACSS)
Già nelle prime settimane di lavoro la nuova Direzione Esecutiva ha confermato l’intenzione di generalizzare il modello USF tipo B a tutte le unità funzionali, una notizia confermata a più riprese dall’Associazione Nazionale delle USF (USF-AN), che a sua volta ha dato il via ad una serie di iniziative per aiutare le equipe delle UCSP e USF tipo A a preparare la propria transizione e promozione. Dal punto di vista delle risorse umane, indubbiamente le USF tipo B sono in grado di garantire maggior stabilità perché offrono salari più elevati rispetto agli altri due modelli, oggigiorno una necessità se si tiene in considerazione che gli stipendi dei medici non sono stati alterati dal 2012, con una perdita di potere d’acquisto stimata di circa 20% ad oggi. Questa perdita di poter d’acquisto, alla quale si aggiunge l’assenza di flessibilità finora vigente nella gestione delle risorse umane, ha fatto si che un numero crescente di medici abbia optato per abbandonare il SSN ed entrare nelle filiere del sistema privato, rendendo assolutamente necessaria un nuovo accordo salariale tra sindacati medici e Ministero della Salute e la ripresa delle negoziazioni rimaste in sospeso a causa della pandemia di COVID-19.
Migliorare le condizioni di lavoro
Fino al 2012, in Portogallo i medici potevano decidere di lavorare esclusivamente nel SSN (dedicação exclusiva) e ricevere un aumento salariale di circa 40%, con un ulteriore aumento del 25% caso optassero per lavorare 42 ore alla settimana invece di 35. Successivamente, la legislazione introdotta con il programma di austerità noto come troika ha revocato la dedizione esclusiva e ha ridotto i diritti lavorativi dei medici. Nel particolare, il Decreto Legislativo n. 266-D/2012 ha introdotto un orario di lavoro settimanale di 40 ore, modificando il salario base a 2746,24€ (nel primo scalino della categoria di assistente, corrispondente approssimativamente a 1700€ netti). Inoltre, è stato aumentato il tempo dedicato al Servizio di Pronto Soccorso da 12 a 18 ore settimanali a livello ospedaliero, e il numero di pazienti per medici di famiglia è stato aumentato da 1500 a 1900 persone. È importante notare che, con la fine del programma di austerità, i medici sono rimasti gli unici lavoratori del SSN a svolgere un orario di lavoro settimanale di 40 ore. Le negoziazioni tra sindacati medici e Ministero della Salute sono iniziate nuovamente negli ultimi mesi del 2022, inizialmente con ben pochi risultati: i due sindacati medici (FNAM e SIM) hanno quindi organizzato uno sciopero totale l’8 e 9 marzo (Figura 4), con un’adesione di quasi il 90% in vari reparti ospedalieri e USF, portando nuovamente questa questione sotto i riflettori dell’opinione pubblica e mettendo pressione sul Ministero. Tra le varie richieste dei sindacati troviamo l’annullamento delle misure introdotte dalla troika e l’aumento del 30% dei salari, che con il passare degli anni sono diventati tra i più bassi d’Europa.
Figura 4 – Sciopero dell’8 marzo 2023, manifestazione di fronte al Ministero della Salute.
E la situazione politica?
Nell’analizzare un progetto di riforme del sistema sanitario e in particolare modo delle cure primarie è indispensabile tenere in considerazione il contesto politico. La Ministra della Salute Marta Temido si é dimessa a fine agosto 2022, dopo un’estate segnata dall’incapacità di garantire il normale funzionamento di vari pronto soccorsi dell’area metropolitana di Lisbona, culminata con la morte di una partoriente per assenza di incubatrici libere nel più grande ospedale del Portogallo. Da allora, e per motivi che vanno ben oltre la gestione sanitaria del paese, la maggioranza assoluta ottenuta nel 2019 dal Partito Socialista è andata via via perdendo terreno, con gli ultimi sondaggi a dare la destra parlamentare per la prima volta in vantaggio dal 2015. L’attuale Ministro Manuel Pizarro deve agire in fretta, messo alle strette da un’opinione pubblica stanca di assistere al degrado del SSN e logorata dall’aumento dei prezzi e dall’inflazione, con un’opposizione che insiste nella competizione pubblico-privata con l’apertura di USF tipo C (gestite da privati) oppure la compartecipazione delle spese sostenute con la medicina privata[1].
Come mitigare la situazione?
Essendo un problema quasi esclusivo dell’area metropolitana di Lisbona, è importante concludere descrivendo cosa sta succedendo a livello locale. Una volta eletto il sindaco di Lisbona Carlos Moedas ha mantenuto la sua promessa elettorale offrendo un’assicurazione sanitaria gratuita a tutti gli anziani di Lisbona. Ancora è presto per vedere i risultati ma sembra che il budget dedicato sarà insufficiente per dar risposta a tutti, e che non saranno inclusi eventuali esami o accertamenti considerati necessari.
Nonostante la carenza di medici, è importante ricordare che in Portogallo i pazienti rimangono sempre associati ad un’unità funzionale e possono continuare a richiederne i servizi, non dovendo per forza ricorrere esclusivamente ai servizi di continuità assistenziale. Nonostante in alcuni contesti più periferici e con maggior numero di pazienti senza medico curante l’offerta sia francamente insufficiente, l’assenza di una figura di riferimento viene in parte oltrepassata dall’esistenza di un fascicolo sanitario unico e consultabile in tutto il paese.
Alcuni distretti più virtuosi sono riusciti a riorganizzarsi e hanno creato dei progetti alternativi sullo stile walk-in clinics, dove tutti i pazienti senza medico curante possono richiedere un consulto medico in giornata – i casi con particolari necessità vengono poi segnalati e gestiti parallelamente, garantendo un follow up adeguato e l’esistenza di un operatore sanitario di riferimento, in genere un infermiere.
In queste strutture, fianco a fianco lavorano specializzandi all’ultimo di formazione e medici di famiglia del distretto[2], permettendo al tempo stesso di offrire una risposta di qualità alla popolazione e un’opportunità formativa gratificante per i futuri medici del distretto, garantendo le tutele degli specializzandi attraverso la supervisione clinica da parte di medici specialisti.
Fabrizio Cossutta, Medico di famiglia. Coordinatore della USF Almirante, ACES Lisboa Central, Lisbona.
[1] Dal 2011 i medici di famiglia del SSN non possono emettere impegnative su richiesta di medici ospedalieri o medici liberi professionisti. Gli esami richiesti dai medici di famiglia vengono poi realizzati in struttura private convenzionate, senza alcun costo per i pazienti.
[2] in casi di straordinaria necessità può essere richiesto a tutti gli operatori sanitari del distretto di svolgere lavoro supplementare – nel caso dei medici di famiglia, il limite dettato dal contratto nazionale é di 150 ore annue.
fonte: https://www.saluteinternazionale.info/2023/07/medici-di-famiglia-in-portogallo/