È successo ed è stato un successo. La manifestazione nazionale della CGIL in difesa del Servizio sanitario nazionale. Con decine di migliaia di persone provenienti da tutta Italia e con l’adesione di oltre 100 associazioni laiche e cattoliche. È (finalmente) successo, dopo un periodo troppo lungo di silenzio e di indifferenza a fronte di una crisi del servizio sanitario pubblico voluta e programmata fin dal 2011. Il nuovo appuntamento per il prossimo 30 settembre.
Dopo tanto, troppo tempo la CGIL ha organizzato a Roma una manifestazione nazionale in difesa del Servizio sanitario nazionale. Sabato 24 giugno alle 10 e 30 un corteo di decine di migliaia di persone provenienti da tutta Italia si è mosso da Piazza della Repubblica per arrivare in Piazza del Popolo dove era allestito il palco, su cui si sono alternati – per far sentire la loro voce, le loro denunce, le loro proposte, le loro testimonianze – rappresentanti di varie associazioni e operatori sanitari di prima linea nell’assistenza alle persone.
Il primo intervento è stato di Elena Granaglia del Forum Diseguaglianze e Diversità. Il Servizio sanitario nazionale non può vivere senza il finanziamento della fiscalità generale: si è dovuto aspettare il 1997 perché venissero fiscalizzati i contributi sanitari con l’introduzione dell’IRAP, voluta dal Ministro Visco. La delega fiscale del Governo Meloni prevede l’abolizione dell’IRAP, insieme all’aumento delle agevolazioni per mutue e assicurazioni private. Dal Forum Diseguaglianze e Diversità arrivano tre proposte: 1) Sostenere il progetto di costituire una infrastruttura europea del farmaco, finanziata da fondi pubblici, per produrre senza finalità di lucro ricerca su farmaci e vaccini; una ricerca aperta e utilizzabile da tutti per contrastare il regime dello sfruttamento privato dei brevetti. 2) Rimuovere il blocco sul pubblico impiego, selezionando competenza e dedizione alla cosa pubblica, per rivalutare il valore del lavoro pubblico; 3) Realizzare le Case della comunità, come luogo per organizzare in una logica unitaria i diversi interventi sanitari e sociali oggi iperframmentati; per ridare centralità alla salute – compresa la salute mentale – contro la riduzione della salute a mero consumo di prestazioni.
Negli altri interventi sono risuonati nella calda piazza romana gli argomenti che, aggiustati l’uno accanto all’altro, compongono il tragico mosaico della crisi del SSN.
- Il progressivo impoverimento del servizio sanitario pubblico, soprattutto in personale, ma anche in strutture e tecnologie. Un vuoto, deliberato e programmato, che è stato riempito dalla rapida espansione del settore privato sia sul versante dell’offerta e della produzione di servizi, che in quello assicurativo.
- Una crisi che si accanisce con i più poveri costretti ad aspettare molti mesi per aver una visita specialistica o a rinunciarvi o a indebitarsi per pagare una visita privata. E con i pazienti anziani con patologie croniche che in caso di scompenso finiscono in interminabili code in Pronto-soccorso sguarniti di personale e di competenze.
- La frustrazione e la rabbia degli operatori sanitari e socio-sanitari pubblici che non riescono a fornire le cure adeguate ai pazienti e la loro esposizione a episodi di violenza.
- I bassi salari, la crescita della precarietà, le false cooperative, e anche la scelta di fuggire all’estero.
- L’inaccettabile numero di morti sul lavoro e la colpevole scarsità dei servizi di prevenzione e controllo.
- L’attacco alla Legge 180 e la nascita di nuovi manicomi, pubblici e privati.
- Il deludente confronto statistico con altri Paesi, con l’Italia sempre in fondo alle classifiche: nella spesa sanitaria pubblica, nel numero dei posti letto, nella quantità degli infermieri.
- Le crescenti divisioni tra Sud e Nord del paese nella salute e nell’assistenza sanitaria, le migrazioni sanitarie, il trasferimento di miliardi di euro pubblici delle regioni meridionali alle strutture private lombarde. Il rischio che questo squilibrio sia aggravato dall’incombente autonomia differenziata richiesta dalla Lega.
- E infine la pandemia, l’elemento comune a tutti gli interventi: l’incredulità nel vedere così clamorosamente smontata la solenne promessa che dopo la Pandemia niente sarebbe stato più come prima: niente più tagli, più risorse alla sanità pubblica e in particolare ai servizi territoriali e alle cure primarie debitamente rinnovate.
Nell’intervento conclusivo il Segretario generale della CGIL, Maurizio Landini, ha ripreso alcuni temi in discussione: la pandemia, la precarietà (“il male assoluto”), i bassi salari.
Contro l’autonomia differenziata: “Già adesso abbiamo 20 Regioni e 20 diversi sistemi sanitari. La modifica del Titolo V, fatta vent’anni fa da un governo di sinistra, è stata un errore clamoroso: come non eravamo d’accordo allora, a maggior ragione non siamo d’accordo oggi con un sistema che aumenta ancora di più le diseguaglianze nel paese”.
Contro i tagli e l’iniquità fiscale: “È ora di dire basta, ci siamo stancati: basta ai tagli e alle nostre tasse usate per favorire la sanità privata. I tagli colpiscono i più deboli: gli anziani, i non autosufficienti, la sanità mentale, i consultori, la sicurezza sul lavoro”.
La stagione dei tagli – ricorda Landini – è iniziata con la crisi economica del 2010, con la lettera della Banca Centrale Europea (agosto 2011, le firme di Trichet e Draghi) in cui si ordinava al governo italiano di tagliare la spesa pubblica e favorire le privatizzazioni. Da allora “tutti i governi di destra, di sinistra e colorati” si sono piegati alla logica europea dei tagli.
È vero: i governi si sono piegati alle logiche europee dell’austerità che hanno indebolito, non solo in Italia, i sistemi sanitari nazionali finanziati dalla fiscalità generale. Ma era chiaro fin da subito che si trattava di un assalto all’universalismo, con gravi conseguenze per il SSN e per la salute dei cittadini (leggi qui, qui e qui), mentre la politica rimaneva sorda e muta, intenta caso mai a ricavare vantaggi collaterali dalla debolezza del servizio pubblico, a favore del settore privato profit e low-profit (“terzo settore”) e del mercato assicurativo che registrava una forte espansione, soprattutto nel campo delle assicurazioni integrative aziendali (con il supporto dei sindacati).
Certo i tagli, ma anche una diffusa infatuazione neoliberista ha contribuito ad affossare il SSN. La riprova si è avuta con la pandemia: passata la fase acuta – in cui la spesa sanitaria è salita per far fronte alle emergenze cliniche – si è tornati alla politica dei tagli, mancando la volontà politica di togliere i tetti di spesa del personale, che azzoppano il servizio pubblico e aprono la strada ad appalti e privatizzazioni.
Il ritorno in campo della CGIL a favore della sanità pubblica è una buona notizia. Landini ha promesso di battere il ferro non solo con il Governo centrale ma anche con Regioni e Comuni. Il prossimo appuntamento è per il 30 settembre.
fonte: https://www.saluteinternazionale.info/2023/06/e-successo/