Pensate di vedervi recapitare un giorno un atto giudiziario che vuole cancellarvi come genitore dei vostri figli. Non avete fatto nulla di male, i bambini stanno bene, vanno a scuola, fanno sport, suonano uno strumento, frequentano l’oratorio. La sera tornate a casa dal lavoro, nella coppia c’è chi cucina e chi carica la lavatrice. Vite ordinarie come quelle di tanti. Eppure, provate a sforzarvi e pensate a quella busta consegnata a mano, provate a sentirne il peso, la consistenza della carta e gli occhi che corrono sulle parole che vi dicono che non dovreste essere più la madre o il padre dei vostri figli.
Questo è ciò che da ieri sta succedendo alle famiglie di Padova che hanno registrato i 33 certificati con il sindaco Giordani, coppie di donne con uno, due, tre figli che dal 2017 sono state riconosciute entrambe come madri dei loro figli e come tali si sono potute occupare di loro in tutti questi anni. Non si è madre o padre solo su un documento e una famiglia arcobaleno questo lo sa meglio di chiunque altro. Così come non si è madri e padri sono nei legami genetici. Ma nella vita di ogni famiglia l’amore di un genitore verso i propri figli non è sufficiente a proteggerli e tutelarli, ogni genitore sa che la vita è fatta anche di firme, autorizzazioni, documenti, responsabilità e burocrazia.
Ora questi 33 bambini rischiano, a distanza di anni, di perdere legalmente una delle loro mamme, di veder spezzati i legami tra fratelli, di vedersi sottrarre parte della loro identità con la cancellazione di uno dei cognomi. E questo avviene con una furia ideologica che più di protezione dei bambini e della cosiddetta “famiglia tradizionale”, ha il sapore di una vendetta: colpire i figli per le “colpe” dei genitori. Chi parla per sentito dire ripetendo che c’è già la stepchild adoption a risolvere tutto (la stessa che nel 2016 le attuali forze di governo hanno fatto di tutto per cancellare dalla legge sulle unioni civili), non sa quale percorso kafkiano sia. La stessa Corte costituzionale l’ha ritenuta insufficiente, lunga e discriminatoria invitando il Parlamento a legiferare. E mi chiedo quale genitore eterosessuale sarebbe disposto ad affrontare un tribunale dei minorenni per adottare il proprio stesso figlio?
Si sta tentando di cristallizzare la famiglia in un ideale astratto e lontano dalla realtà, un collante ideologico per tentare di tenere insieme i pezzi di un mondo che cambia, eppure basterebbe guardare dentro le storie di ognuna delle nostre famiglie di origine per ricordarci che i modi di essere famiglia sono sempre stati tanti e diversi tra loro. Senza dover necessariamente creare delle classifiche di dignità.
Quando mio figlio a 2 anni si è ammalato gravemente e solo la mamma legale, che non ero io, poteva firmare i consensi per le sue cure e ricevere informazioni sulla sua salute, ricordo la signora che puliva il pavimento dell’ospedale pediatrico di Bari che capita la nostra situazione ci disse in dialetto “I figli sono di chi li cresce e li ama”. Non ho mai avuto dubbi che mio figlio fosse tale anche se non l’ho partorito, anche non se ha i miei occhi o il mio Dna. Mio figlio è mio perché l’ho amato talmente tanto da farlo arrivare al mondo insieme all’altra mamma. E lo Stato questo quando lo capirà?
Alessia Crocini è Presidente dell’associazione Famiglie Arcobaleno