Il suicidio in adolescenza rappresenta un problema importante di sanità pubblica essendo la seconda causa di morte in Europa delle persone fra i 15 e i 19 anni, e la quinta nel mondo. Quasi 46mila adolescenti muoiono a causa di suicidio ogni anno, più di uno ogni 11 minuti. La salute mentale e il benessere psicosociale dei bambini e degli adolescenti è una delle priorità individuate dall’UNICEF Italia, sulle quali si chiede al Governo e al Parlamento di concentrare i propri sforzi. L’UNICEF in Italia chiede di: aumentare significativamente gli investimenti a lungo termine nei servizi di salute mentale e benessere psicosociale dal momento che, in base ai più recenti dati Ocse, in Italia la spesa pubblica per questo settore è tra le più basse d’Europa; garantire un sistema uniforme e integrato di servizi di assistenza neuropsichiatrica infantile e adolescenziale; promuovere su tutto il territorio nazionale interventi a sostegno della genitorialità consapevole rispetto al tema del benessere mentale; permettere a tutte le bambine, i bambini e gli adolescenti di beneficiare di un supporto per la salute mentale nelle scuole e nelle comunità; garantire, consolidandone la diffusione, i servizi di prevenzione e sostegno psicologico nei contesti educativi e comunitari.
Conseguenze della pandemia
La pandemia da Covid 19 ha avuto un forte impatto sulla salute mentale dei ragazzi e delle ragazze che hanno frequentato l’ambiente scolastico solo virtualmente attraverso la Dad e non hanno avuto contatti vis à vis con il gruppo dei pari.
Molte importanti istituzioni scientifiche hanno segnalato l’esacerbazione, dopo tale periodo, dei disturbi psichici in adolescenza, comprese ideazioni e tentativi suicidari (anche se il trend era già in aumento prima della pandemia). Ad esempio, durante il Congresso Scientifico Nazionale dei pediatri di famiglia (ottobre 2022) sono emersi questi dati molto allarmanti, relativi all’Italia: le richieste di consulenze neuropsichiatriche per stati ansiosi o depressivi, anche in urgenza, sono lievitate di 40 volte in due anni; un adolescente al giorno tenta il suicidio; circa 100 mila ragazzi hikikomori in Italia vivono l’isolamento sociale (DoRS si è occupato del fenomeno già a luglio 2021).
Strategie di prevenzione nel setting scuola
L’Organizzazione Mondiale della Sanità OMS identifica tra le strategie per la prevenzione del suicidio l’individuazione dei soggetti a rischio, la restrizione all’accesso ai metodi letali, il lavoro con i media perché riportino in maniera responsabile le notizie riguardanti il suicidio e l’incremento delle risorse dei giovani e delle giovani nell’affrontare le difficoltà. Gli interventi nelle scuole basati sulla gestione delle situazioni di crisi, sul rafforzamento dell’autostima e sullo sviluppo delle capacità di affrontare i problemi e di prendere decisioni per la propria salute si sono rivelati efficaci nel ridurre il tasso di suicidio fra gli/le adolescenti.
Una recente metanalisi (Walsh EH, McMahon J, Herring MP. 2022) ha analizzato gli interventi di prevenzione del suicidio realizzati nel setting della scuola primaria e secondaria: programmi universali e selettivi mirati alla riduzione di pensieri e atti suicidari, coerenti con le indicazioni della letteratura che raccomandano contenuti correlati al tema dei sucidi, prevenzione inserita all’interno di strategie più ampie di promozione della salute mentale, interventi indiretti con oggetto fattori di rischio/fattori protettivi.
E’ stato dimostrato che questi interventi school-based riducono i pensieri/atti suicidari del 13-15% e i tentativi di suicidio del 28-34%, e hanno altri effetti positivi sugli adolescenti in termini di benessere, in particolare se hanno una durata pari ad almeno una settimana, coinvolgono più stakeholders, prevedono un follow up a 12 mesi: sono perciò raccomandati in quanto rappresentano una strategia clinicamente rilevante di prevenzione del suicidio, per i quali però è necessario approfondire l’influenza di vari fattori (ad esempio il contesto) che influiscono sulla variabilità dell’efficacia.
L’apprendimento delle competenze socio-emotive (SEL – social-emotional learning) è un obiettivo spesso inglobato all’interno dei programmi di prevenzione del suicidio realizzati nel setting scuola: è stato dimostrato (Posamentier J, Seibel K, DyTang N. 2022) che tali competenze mitigano in maniera diretta i principali fattori di rischio del suicidio in adolescenza (mancanza di speranza, ansia, uso di sostanze, abuso sessuale in età infantile), il loro apprendimento perciò è raccomandato, trasversalmente per ogni programma di prevenzione school-based.
Una pratica promettente
L’Università di Torino ha lanciato, a febbraio 2023, un progetto di contrasto al disagio psichico in età adolescenziale, e uno studio per verificarne l’efficacia, al fine di prevenire il suicidio. Il progetto SPES – Sostenere e prevenire esperienze di suicidalità nasce con lo scopo di dare una risposta alla crescente difficoltà in termini di fragilità di salute mentale della popolazione adolescente, attraverso la sperimentazione di un modello innovativo di intervento diretto a insegnanti e operatori della salute mentale, indiretto su ragazzi e ragazze, volto a implementare le competenze degli adulti nel riconoscere e gestire il disagio psichico in età evolutiva. Viene impiegata la metodologia della pedagogia teatrale (teatro educativo e sociale), riconosciuta internazionalmente come formazione alle “life and soft skills” per sostenere insegnanti e operatori nella relazione educativa e didattica.
La correlazione tra cyberbullismo e suicidio
Leggi: https://jaapl.org/content/51/1/112.long
L’onnipresenza di smartphones, messaggistica on line, social network, favorisce la socializzazione on line a scapito di quella in presenza, ed aumenta il rischio della progressione dal bullismo al cyberbullismo.
Questo tema rientra all’interno della questione più ampia che riguarda l’impatto dei social media sulla salute mentale dei giovani (Gupta C, Jogdand DS, Kumar M. 2022) sulla cui valenza negativa – così come sugli aspetti positivi quali ad esempio le opportunità di connessione, l’aumento dell’autostima, il reperimento di informazioni sanitarie cruciali – c’è evidenza, ma pochi studi.
Il CDC – Center for Disease Prevention e Control ha recentemente dichiarato che il 14.9% degli adolescenti statunitensi sono stati vittime di cyber-bullismo e il 13.6% ha tentato seriamente il suicidio, riprendendo il concetto di “cyber-bullicidio”, coniato da due ricercatori a inizi anni 2000 (Sameer Hinduja e Justin Patchin): suicidi influenzati direttamente o indirettamente da azioni aggressive on line o da cyberbullismo.
C’è un’ampia letteratura sul cyberbullismo e sulle varie forme in cui esso può manifestarsi, ma pochi studi epidemiologici ne affrontano specificamente la correlazione con il suicidio, pertanto i dati derivano principalmente da testimonianze e racconti. Si è osservato, ad esempio, un aumento della consapevolezza di casi di suicidio in cui atti di violenza tra pari qualificati come bullismo e cyberbullismo vengono percepiti come collegati: un’ipotesi esplicativa punta sull’anonimato dell’aggressore, garantito dal mezzo virtuale (differentemente da quanto accade nelle aule e nei cortili scolastici), che comporterebbe una diminuzione del senso di rimorso pro-sociale e una incapacità da parte della vittima di evitare gli attacchi per la difficoltà di sganciarsi dalla “vita on line”.
Anche i media spesso attribuiscono casi di suicidio di adolescenti a fenomeni di cyberbullismo, ma la correlazione non necessariamente implica una causa – effetto, è perciò necessario approfondire le indagini sulle cause spesso multifattoriali di un suicidio.
Depressione e ansia sociale come agenti causali
Ad esempio, la depressione, disturbo largamente diffuso tra gli adolescenti, è correlata a ideazioni e atti suicidari, per la quale sono stati individuati numerosi fattori di rischio psicosociali (trascuratezza o maltrattamento infantile, perdita di un familiare, relazioni conflittuali, tipologia di schemi cognitivi, stati emotivi quali la disperazione, condizioni socio-economiche fonte stressogene) e biologici (storia familiare di depressione, mutamenti ormonali durante la pubertà, condizioni di malattia cronica come il diabete, il genere femminile e l’uso di sostanze). Tra i fattori protettivi, che possono mediare l’impatto stressante di depressione e suicidalità, il supporto della comunità, dei pari e della famiglia: una elevata coesione sociale è associata a una minore quota di depressione e ansia negli adolescenti, e relazioni sociali forti tra pari proteggono da disturbi mentali e sviluppano competenze di resilienza e stati d’animo positivi.
E’ perciò raccomandato (Grossberg A, Rice T, 2022) un assessment diagnostico che orienti verso una specifica terapia (psicosociale, psicoterapeutica, farmacologica) all’interno di uno specifico setting (ospedale, ambulatorio, ecc), e preveda interventi educativi e supportivi per l’intero contesto familiare
Negli ultimi 15 anni sono stati studiati vari interventi specificamente mirati a contrastare il suicidio, da cui è emerso che le terapie familiari sono più efficaci (Waraan L, et al, 2022) se confrontate con altre tipologie di psicoterapia. In particolare: la DTB – Dialectical Behavior Therapy ovvero Terapia Dialettico Comportamentale (Linehan, Heard Armostrong, 1993) si è dimostrata efficace nel ridurre i sintomi depressivi, l’ideazione suicidaria e gli atti di auto-lesionismo nei ragazzi con personalità borderline, e l’ FFT – Family Focused Treatment (Goldstein e Miklowitz, 2006) riduce l’ideazione suicidaria – presente già con livelli elevati a inizio terapia – nei ragazzi a rischio di sviluppo di un disturbo bipolare. Tali interventi sono pertanto raccomandati nel setting sanitario e di comunità.
Una recente metanalisi (Leigh E, Chiu K, Ballard ED, 2023) ha analizzato gli studi che indagavano l’ ansia sociale, in affiancamento ai sintomi depressivi, evidenziando una associazione con la suicidalità, intesa come tentativi di suicidio, ideazione suicidaria, rischio suicidario, nei ragazzi e nei giovani di 10 – 25 anni. Si evidenzia altresì che l’ansia sociale è un fattore di rischio potenzialmente modificabile, in quanto oggetto di teorie psicologiche che ne hanno identificato i costrutti/componenti quali ad esempio le credenze sulla mancata accettazione o rifiuto da parte dei pari e la disconnessione/isolamento sociale (ad esempio la Teoria Interpersonale del Suicidio di Joiner et al. del 2005, O’Connor’s integrated-volitional model of suicide del 2014)
I pensieri e gli atti suicidari degli adolescenti possono essere contrasti e ridotti, identificando precocemente i segnali di ansia sociali e proponendo/realizzando programmi di prevenzione scolastici mirati e interventi terapeutici efficacia quali ad esempio la psicoterapia cognitivo-comportamentale – raccomandata nelle linee guida per adulti del NICE (National Institute for Health and Care Excellence) del 2018, e utilizzata con gli adolescenti con effetti collaterali controllati.
Minority stress: i giovani LGBT+ maggiormente vulnerabili
Il concetto di “minority stress”, che possiamo tradurre con “stress delle minoranze”, descrive alti livelli di stress affrontati dai membri di gruppi minoritari stigmatizzati, vittime di pregiudizio, ostilità, persecuzioni, bullismo, esclusione, fino ad aggressione fisica e verbale. Questa discriminazione riguarda in particolare le persone appartenenti alla categoria LGBT+, soprattutto adolescenti, la cui stabilità psico-emotiva viene messa a dura prova dall’omo-trans-fobia manifestata dai pari ma frequentemente anche dalla propria famiglia. Una recente metanalisi (de Lange J, et al. 2022) ha approfondito la questione, evidenziando una chiara associazione tra i fattori che compongono il minority stress (tra cui vittimizzazione, omonegatività interiorizzata, consapevolezza dello stigma) ed esiti suicidari tra gli adolescenti e i giovani adulti LGBT di età compresa tra i 12 e i 25 anni. Inoltre, i dati del gruppo di ricercatori del Trevor Project , campagna che negli USA si occupa specificamente del suicidio degli adolescenti LGBT+, mostrano che il suicidio è tentato 4 volte più spesso dai giovani di 10-24 anni appartenenti a questa categoria. Infine, viene confermata la valenza di fattore protettivo e di mediazione delle capacità di coping sia attivo sia passivo (ad esempio con strategie di evitamento).
Download & link
Prevenire il suicidio di adolescenti e giovani è possibile?
Una panoramica della letteratura scientifica: interventi efficaci e raccomandazioni
Articolo pubblicato sulla newsletter dors il 21 maggio 2019
https://www.dors.it/page.php?idarticolo=3282
Per approfondire la DBT – Terapia Dialettico Comportamentale
https://www.stateofmind.it/dbt-dialectical-behaviour-therapy/
Per approfondire l’ FFT – Family Focused Treatment
https://www.coloradodepressioncenter.org/family-focused-therapy/
Per approfondire il concetto di minority stress
https://www.sanitainformazione.it/salute/minority-stress-lo-stress-delle-minoranze-rifiutate-dalla-societa/
Per approfondire il concetto di Coping
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36056550/
fonte: DORS a cura di Rita Longo e Marina Penasso, Dors Piemonte