Non possiamo che salutare con favore la sentenza della Corte Costituzionale che dichiara illegittimo il diniego automatico del rinnovo del permesso di soggiorno per la persona straniera che sia stata condannata ai sensi dell’art 73 comma 5 del Testo unico sulle droghe. Il comma 5 fa riferimento ai fatti di lieve entità, ovvero a quei comportamenti che per le circostanze con cui sono messi in atto sono evidentemente non riconducibili a persone criminali dedite al grande spaccio. Questo comma permette ai giudici di evitare di comminare pene totalmente sproporzionate, quali quelle del 309/90, ad una miriade di persone che hanno a che fare con le sostanze stupefacenti in maniera marginale, spesso consumatori che per alimentare il proprio consumo in un mercato illegale, fanno commercio o scambio minuto di quantità di droga. La Corte ha ben sentenziato che “l’interesse dello Stato alla sicurezza e all’ordine pubblico non subisce alcun pregiudizio dalla sola circostanza (…) della presenza di una condanna per i reati di cui si tratta”.
Il richiamo alla ragionevolezza ed alla proporzionalità che dovrebbe caratterizzare gli interventi penali, le norme in genere, e tutte quelle procedure finalizzate ad erogare sanzioni amministrative o valutare dinieghi e limitazioni di diritti fondamentali per le persone, è la sottotraccia di questa sentenza.
Tanto che forse si potrebbe sperare che questa possa interrompere una volta per tutte la vergognosa abitudine di usare come una clava la normativa sulle droghe (309/90), la più “sproporzionata” delle leggi in quanto a limiti edittali, per punire ed aumentare il controllo e la sorveglianza ai danni di tutti i cittadini, come troppe volte è stato fatto negli ultimi anni, inserendo in ogni decreto finalizzato ad una sempre meno identificabile “sicurezza” (da ultimo Minniti e Salvini, e prima ancora i sindaci sceriffo sparsi per lo stivale), un riferimento al testo unico sulle droghe.
Balza di nuovo occhi di tutti quanto irragionevolmente si perpetui anche l’ingiustizia delle sanzioni amministrative per il semplice uso personale delle sostanze stupefacenti (art 75 del 309/1990), in cui incappano quasi 15.000 persone all’anno. Sanzioni che impattano notevolmente sulla vita delle persone fino alla perdita del lavoro. Sospensione della patente di guida e del passaporto, sono fra le sanzioni maggiormente inflitte sulla base della valutazione arbitraria di funzionari prefettizi, che a macchia di leopardo da Trento ad Enna infliggono con più o meno severità. La stessa Corte Costituzionale si è però espressa lo scorso anno in maniera negativa sull’ammissibilità dei referendum che avrebbero certamente interrotto questa assurda crociata ai danni soprattutto di giovani e consumatori di cannabis. La questione incrocia anche le condizioni di decine di richiedenti asilo politico, che hanno subito le espulsioni dal sistema di accoglienza perché trovate a consumare sostanze stupefacenti, consumi che spesso iniziano durante il viaggio migrante proprio per poter sopportare condizioni si sofferenza indicibili, e che non si interrompono immediatamente.
Abbiamo bisogno urgente di ragionevolezza, mentre intorno a noi i paesi più attenti ai diritti parlano di legalizzazione e depenalizzazione, ed anche il Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU richiama l’Italia ad una maggiore proporzionalità nelle pene per i reati di droga, e a non sacrificare il diritto alla salute ed a servizi di supporto e riduzione del danno a favore di arresti e carcerazioni; le uniche parole che si sono sentite pronunciare dai referenti governativi sul tema, sono un disco rotto degli anni 90, quando la famigerata legge è stata varata, causando lo scandalo del costante sovraffollamento carcerario e più di 1 milione e mezzo di segnalazioni per uso personale ai danni di innocenti cittadini.
fonte: Fuoriluogo