Un adeguato livello di finanziamento del Ssn in grado di assicurare la sostenibilità dei servizi erogati e la loro qualità. È questa la priorità per salvare il servizio sanitario pubblico e il diritto universale alla Salute.
“Il sottofinanziamento del Ssn, iniziato con la crisi economica del 2008 … ha portato, nel 2019, a un sottofinanziamento del Fondo sanitario nazionale per oltre 10 mld di euro rispetto ai 125,34 mld programmati, portando l’incidenza sul Pil al 6,4% contro il 9,9% della Germania, il 9,3% della Francia e l’8% del Regno Unito. Parallelamente abbiamo assistito, nel nostro Paese, a una crescita della spesa sanitaria privata, che nel 2021 ha superato i 40 mld di euro, rompendo l’argine del 25% della spesa sanitaria annua complessiva”.
La rotta è sembrata invertirsi nel 2020, quando “finalmente i finanziamenti in sanità hanno raggiunto livelli adeguati, pari a un’incidenza sul Pil del 7,4%”. Tuttavia è stata una boccata d’aria solo momentanea, dal momento che questo straordinario stanziamento di risorse ha coinciso con l’arrivo della pandemia da Covid 19, che oltre a fagocitare tutte le risorse disponibili, ha portato a spese ulteriori a cui le Regioni hanno dovuto sopperire con risorse proprie per garantire i pareggi di bilancio. Parliamo, solo per il 2021, di 3,8 mld di euro di spese Covid non rimborsate dallo Stato (nonostante gli accordi previsti), a cui si sono aggiunti i costi sostenuti contro la pandemia nel 2022 (per i quali non erano previsti rimborsi). Infine, il “Caro Bollette” causato dalla guerra Russia-Ucraina. “Una circostanza quest’ultima che ha pesato soprattutto sulle Regioni che hanno un sistema sanitario pubblico e universalistico più forte e capillare, come quello dell’Emilia-Romagna. Le regioni, nel loro insieme, nel 2022 hanno pagato, per coprire le spese energetiche delle strutture sanitarie pubbliche, 1,4 mld in più rispetto al 2021. Soldi che nessuno ci rimborserà mai”.
Le Regioni “non possono sostenere un ulteriore anno di bilancio sanato con risorse proprie. È evidente che o arrivano risorse dallo Stato o sarà necessario prendere decisioni pesanti, che significa aumentare le tasse o tagliare i servizi. Una prospettiva inaccettabile, perché legata a elementi non imputabili alla nostra gestione”.
Dopo una prima iniezione di risorse, peraltro, il finanziamento del Ssn ha ripreso a scendere, “nonostante le promesse dei ministri, che dicevano che non ci sarebbero più stati tagli alla sanità. Al contrario, il Governo Meloni sembra più che mai impegnato mai ad affossare il Ssn”. A dimostrarlo … è la “preoccupante prospettiva che il livello di finanziamento del Ssn per il 2025 possa atterrare addirittura al 6,0% del Pil, secondo quanto programmato dalla Nota di Aggiornamento al DEF – Versione rivista e integrata del 4 novembre 2022, per la verità in continuità con quanto già previsto nella Nota di Aggiornamento al DEF del 28 settembre 2022 predisposta dal precedente Governo Draghi”.
Per invertire nuovamente la rotta: “La prima cosa dare fare potrebbe essere quella di consentire alle Regioni di elaborare un piano di ammortamento dei costi non coperti nel 2022 in un congruo numero di anni, così da non gravare in modo irreparabile sui bilanci e sui servizi”. Ovviamente, poi, “servirebbero risorse per coprire i costi dell’erogazione delle prestazioni e nuovi investimenti per alzare il livello di qualità delle stesse”. Questo anche per dare una risposta alla seconda grande criticità del nostro Ssn: la carenza di professionisti, anche a causa dell’incremento del fenomeno delle dimissioni inattese. Una situazione che preoccupa in modo importante anche l’Emilia-Romagna, “perché se è vero che il nostro servizio sanitario regionale è sempre stato molto attrattivo per i professionisti, è anche vero che oggi è nel privato che il professionista cerca un salario migliore e migliori condizioni di lavoro. Essendo quello dell’Emilia-Romagna un sistema altamente a dimensione pubblica, il timore di fuga verso il privato, quindi fuori regione, è più che mai sentito”.
In realtà in questo ambito … “il Governo ha già dato forti segnali, con una serie di provvedimenti di natura legislativa che noi avevamo incoraggiato”. Il riferimento è in particolare, al cosiddetto Decreto Bollette che prevede, tra le altre cose, che le aziende del Ssn possano incrementare la tariffa oraria delle prestazioni aggiuntive del personale sanitario e che i medici in formazione specialistica di possano assumere incarichi libero-professionali presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri. Misure importanti, tuttavia non risolutive: non si procede contestualmente a “una revisione del tetto di spesa del personale basata su una metodologia in grado di definire il fabbisogno effettivo”. È poi urgente “rivedere il numero chiuso all’Università” ed “eliminare quelle condizioni che oggi rendono meno attrattive alcune specialità, ad esempio quelle dell’Emergenza-Urgenza”. Dunque, avanti con la “valorizzazione economica e retributiva dei professionisti”. Ripensando, ad esempio, il procedimento di approvazione dei CCNL, “spesso in ritardo rispetto alle esigenze del sistema”. L’incremento delle retribuzioni del personale potrebbe inoltre essere ottenuto attraverso la defiscalizzazione di quote di salario accessorio, come già previsto in alcuni settori del lavoro privato)”. C’è poi il capitolo della valorizzazione professionale, ad esempio attraverso la “piena equiparazione degli incarichi gestionali e professionali in modo da disegnare percorsi di carriera per la dirigenza e il comparto”, ma anche attraverso “lo sviluppo delle competenze avanzate per le professioni sanitarie”.
Le condizioni per mettere più risorse sul Ssn e investire sui professionisti ci sono: “Prima di incrementare la spesa agli armamenti bisogna investire le risorse in sanità. Basta non spendere 3 mld per gestire un condono fiscale, basta non attuare la flat tax e la diminuzione della pressione fiscale sui ceti più ricchi. Questi sono solo alcuni esempi, ma potrei farne altri. Serve però la volontà del Governo”.
Serve, in definitiva, “un confronto serrato ai tavoli predisposti e con il ministro della Salute, che in realtà credo condivida pienamente le nostre osservazioni, auspicando che lo stesso ministro venga poi ascoltato dai suoi colleghi di Governo”. Il Governo deve comunque avere chiara una cosa: “Se le Regioni continueranno a non ricevere risposte, i rapporti tra Stato e Regioni ne usciranno irreparabilmente compromessi”.
fonte: QS