COVID-19 e sistemi sanitari. di Specializzandi UNIFI

Oltre 17 milioni di morti. Questo è lo sconcertante bilancio della pandemia. Troppi governi non hanno rispettato le norme basilari di razionalità e trasparenza istituzionale, troppe persone non hanno rispettato le precauzioni basilari per la salute pubblica, e maggiori potenze mondiali non hanno collaborato per controllare la pandemia. Ma il bilancio dei morti non è uguale nelle diverse Regioni del mondo.

A livello globale la pandemia COVID-19 ha provocato un numero cumulativo di 6.9 milioni di morti registrati dall’Institute for Health Metrics and Evaluation al 31 maggio 2022, con un numero stimato ben superiore e pari a 17.2 milioni (Figura 1). “Questo sconcertante numero di morti – si legge nel The Lancet Commission on lessons for the future from the COVID-19 pandemic (1) – è al tempo stesso una profonda tragedia e un enorme fallimento globale a più livelli. Troppi governi non hanno rispettato le norme basilari di razionalità e trasparenza istituzionale, troppe persone – spesso influenzate dalla disinformazione – non hanno rispettato e hanno protestato contro le precauzioni basilari per la salute pubblica, e le maggiori potenze mondiali non hanno collaborato per controllare la pandemia”.

Essa ha però prodotto effetti molto differenti in termini di mortalità nelle varie Regioni dell’OMS (Figure 1 e 2), . Ogni regione ha infatti adottato strategie diverse di gestione della pandemia che hanno determinato differenze regionali nei tassi di mortalità. È importante non solo distinguere le differenti strategie adottate (quali ad esempio la soppressione e la mitigazione), ma anche individuare i motivi di fondo (politici, strutturali, organizzativi) che hanno determinato così clamorose differenze nella mortalità. È importante anche distinguere, all’interno delle regioni OMS, i differenti i paesi.

Figura 1. COVID-19. Numero cumulativo di morti – notificati (barre rosse) e stimati (barre celesti) – per milione di abitanti a livello globale e a livello delle Regioni OMS, al 31 Maggio 2022 (Institute for Health Metrics and Evaluatione – IHME).   

Figura 2. Le Regioni dell’OMS

La Regione del Pacifico occidentale ha registrato mediamente un livello di mortalità cumulativa 10 volte inferiore rispetto alle regioni europea e americana. Come si può notare dalla Figura 3 i paesi appartenenti a questa regione hanno infatti superato quasi indenni la prima fase della pandemia, mentre hanno cominciato a registrare livelli significativi di mortalità (ma sempre molto inferiori rispetto a quelli delle altre regioni) con l’impatto delle varianti Delta e Omicron (Taiwan ha resistito anche alla variante Delta, ma non alla Omicron). I paesi di questa regione hanno adottato con successo strategie di soppressione, rese possibili da sistemi di sanità pubblica attrezzati in termini organizzativi, di personale e di tecnologie. Fino all’arrivo delle varianti sono riusciti a far fronte in modo ottimale alle ondate epidemiche tramite strumenti di individuazione precoce e tempestiva dei casi, tracciamento dei contatti, isolamenti, quarantene e lockdown mirati. Solo nel 2022 è stata interrotta la strategia di soppressione e conseguentemente adottata una strategia di mitigazione, in seguito alla comparsa della variante omicron caratterizzata da un’elevata trasmissibilità. I paesi dell’Asia orientale avevano appreso la lezione dalla precedente epidemia da coronavirus (SARS) del 2002-03. Fra i paesi del Pacifico occidentale la Cina è un caso a parte; essa infatti ha mantenuto una linea soppressiva (politica zero COVID) fino al dicembre 2022, quando il governo ha reagito alle proteste della popolazione ponendo fine alla maggior parte delle restrizioni. Questa improvvisa inversione di tendenza ha causato una rapida diffusione dell’infezione in molti milioni di cinesi. Il sistema sanitario è entrato in crisi con il risultato alti livelli di mortalità tra le persone anziane. La scelta di allentare le restrizioni è stata aggravata dall’insufficiente tasso di vaccinazione tra gli anziani, l’imminente Capodanno lunare cinese con la conseguente ondata di viaggi in tutto il paese.

Figura 3. COVID-19. Numero cumulativo di morti notificati per milione di abitanti al 14 gennaio 2023. Paesi selezionati della Regione del Pacifico Occidentale

La Regione Europea – al pari della Regione delle Americhe – detiene il massimo livello di mortalità cumulativa per milione di abitanti (Figura 4). Gli effetti catastrofici della pandemia sono attribuibili a un mix di fattori. Il più importante è il processo di indebolimento dei servizi sanitari pubblici e di progressiva privatizzazione come è avvenuto nei due principali sistemi sanitari modello Beveridge, ovvero quello britannico e quello italiano. Questi sistemi sono arrivati stremati all’appuntamento con la pandemia, entrambi privi di un piano pandemico. Va inoltre segnalato che in Inghilterra, nella prima ondata l’eccesso di mortalità è da attribuire anche alla scelta, poi riveduta, di lasciare liberamente circolare il virus per raggiungere l’immunità di greggeDa notare che questa strategia è stata portata avanti con determinazione dalla Svezia che ne ha pagato le conseguenze con livelli di mortalità decisamente superiori rispetto agli altri paesi scandinavi (Figura 5). Tutti i paesi europei hanno comunque pagato un prezzo alto per non avere servizi di sanità pubblica pronti ad affrontare una pandemia da coronavirus (ad esempio, la Germania ha contenuto i tassi di mortalità nella prima ondata, che sono però nettamente aumentati con l’arrivo delle varianti). Diversi paesi dell’est-Europa hanno registrato alti livelli di mortalità conseguente ad una scarsa vaccinazione della popolazione (vedi Bulgaria).

Figura 4. COVID-19. Numero cumulativo di morti notificati per milione di abitanti al 11 gennaio 2023. Paesi selezionati della Regione Europea

Figura 5. COVID-19. Numero cumulativo di morti notificati per milione di abitanti al 15 gennaio 2023. Paesi scandinavi della Regione Europea.

Anche nella Regione delle Americhe effetti catastrofici della pandemia sono attribuibili a un insieme di fattori (Figura 6). Fra tutte spiccano le situazioni politiche di USA e Brasile dove la presenza di presidenti negazionisti ha certamente facilitato la diffusione della pandemia e il raggiungimento di elevati livelli di mortalità. Negli USA la situazione non è complessivamente molto migliorata con il cambiamento della presidenza perché le politiche sanitarie (uso di mascherine, chiusure, vaccinazioni) sono decise dai singoli stati. Citando il documento Lancet: “Gli Stati Uniti, come molti Paesi membri dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, hanno cronicamente ridotto gli investimenti nella sanità pubblica prima della pandemia, dedicando alla sanità pubblica solo il 2,5-3% del budget totale destinato al settore sanitario alla sanità pubblica” (pag. 19).” Come in molti altri Paesi, gli Stati Uniti hanno investito poco nei servizi di salute pubblica a livello di comunità. All’interno del settore sanitario, l’attenzione si è concentrata sull’assistenza sanitaria secondaria e terziaria piuttosto che sull’accesso universale di quella primaria” (pag. 31). La regione americana è piena di sistemi sanitari deboli e largamente privatizzati dove la pandemia ha dilagato, come in Perù che registra livelli di mortalità cumulativa per milione di abitanti doppi rispetto a quelli di USA e Brasile: “Siamo in seconda ondata, le dosi dei vaccini non arrivano e ricoveriamo sempre più giovani sotto i 40 anni in terapia intensiva, anche a causa delle nuove varianti del virus” – ha detto Francesco Segoni, Responsabile progetti MSF. “Sembra una storia già sentita: la seconda ondata, la mancanza di ossigeno, le terapie intensive piene e il personale sanitario stremato. Ma qui in Perù tutto questo è ancora una drammatica realtà e ha già comportato la morte di oltre 180.760 persone. Il sistema sanitario pubblico è a pagamento, le persone evitano di chiedere assistenza perché non sono in grado di pagare. In molte città ci sono file lunghissime per riempire le bombole di ossigeno e sperare di curare i parenti malati di Covid-19 in casa con conseguenze disastrose.” I lockdown che via via sono stati adottati nella regione americana, non hanno fatto parte di una strategia integrata soppressiva, ma avevano solo la finalità di appiattire la curva dei contagi al fine di evitare un eccesso di pazienti covid negli ospedali. Questo si è associato alla propaganda anti-vaccinale e alla spiccata vulnerabilità della popolazione americana (dovuta all’età avanzata, all’elevato carico di malattie croniche e alle numerose disuguaglianze sociali). Tutto questo spiega gli alti tassi di mortalità.

Nella regione americana spiccano però due eccezioni. La prima è il Canada, che è riuscito a contenere la pandemia anche per aver sperimentato nel 2002-03 l’arrivo della SARS che produsse alcune decine di morti. La seconda è Cuba, che grazie al suo servizio di sanità pubblica ha superato senza danni la prima ondata e ha contenuto l’arrivo della variante delta con una completa copertura vaccinale garantita da un efficace vaccino prodotto localmente (Soberana) e l’organizzazione di una campagna vaccinale incisiva e rapida.

Figura 6. COVID-19. Numero cumulativo di morti notificati per milione di abitanti al 11 gennaio 2023. Paesi selezionati della Regione delle Americhe

La Regione con il più alto numero di morti (in numeri assoluti, stimati) è quella del Sud-est asiatico per la presenza dell’India che ha registrato nel primo semestre del 2021 una diffusione catastrofica del coronavirus, da cui è originata la variante delta, con un picco drammatico di contagi e decessi. Successivamente a questa ondata, i casi sono scesi in modo consistente e si sono concentrati gli sforzi per aumentare la copertura vaccinale (più del 70% della popolazione era completamente vaccinata a settembre 2022). Per questo nonostante l’ondata omicron a gennaio 2022, il numero di ospedalizzazioni e morti è rimasto basso.

Nella Regione africana, nonostante le limitate politiche di contenimento, il numero dei casi e dei morti riportati è stato basso. In realtà è probabile che molti casi non siano stati segnalati perché, trattandosi di una popolazione giovane, c’è stata una quota elevata di soggetti asintomatici o paucisintomatici.

Infine nella Regione del mediterraneo orientale a causa dei conflitti presenti in vari stati i sistemi sanitari hanno avuto una limitata capacità di controllo della pandemia. I tassi di mortalità sono stati bassi, ma verosimilmente sottostimati. La copertura vaccinale è fortemente eterogenea passando dal 90% negli Emirati Arabi al 2% nello Yemen.

In conclusione, si è rilevato che i paesi dotati di sistemi di sanità pubblica ben equipaggiati e nei quali le politiche sanitarie hanno investito un congruo numero di risorse, hanno potuto incidere sui livelli di mortalità in maniera significativa. Per fronteggiare le sfide pandemiche sono inoltre necessarie solide relazioni con le popolazioni residenti, la creazione di un senso di collettività e una spiccata coscienza comunitaria.

Il presente post è frutto del lavoro collettivo di un gruppo di medici e mediche in formazione specialistica (del primo anno della specializzazione in Igiene e Medicina preventiva dell’Università di Firenze) sul Rapporto di Lancet Commission on lessons for the future from the COVID-19 pandemic

Tale lavoro ha comportato l’analisi e la rielaborazione del Rapporto, la presentazione in aula con discussione e la produzione di 3 post. A quello pubblicato oggi seguiranno altri due titoli: Una pandemia diseguale e Cosa abbiamo imparato dalla pandemia.

Il gruppo “Specializzandi UNIFI” è formato da: Simone Baldacci, Manjola Bega, Andrea Benincampi, Raffaele Caldararo, Ludovica Costantini, Erika Del Prete, Debora Fontana, Veronica Gironi, Elena Morelli, Giulia Napoli, Neda Parsa, Concetta Francesca Rosania, Gianluca Pollasto, Francesco Toccafondi, Marcello Settembrini, Lediana Spaho, Elvis Vassallo.

 

Bibliografia

  1. Sachs JD et Al. The Lancet Commission on lessons for the future from the COVID-19 pandemic. Lancet. 2022 Oct 8;400(10359):1224-1280.

fonte: https://www.saluteinternazionale.info/2023/05/covid-19-e-sistemi-sanitari/

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