Fumo negli occhi. La fondazione Smoke-free world non è credibile. di Lorenzo De Min

Lorenzo De Min

Philip Morris International (PMI), multinazionale leader mondiale nel settore del tabacco, ha di recente dato vita ad una fondazione il cui obiettivo dichiarato è quello di “costruire un mondo senza fumo”. Tale fondazione si dichiara indipendente e non influenzabile dall’industria del tabacco, sebbene sia direttamente finanziata proprio da PMI. La nuova strategia della multinazionale per “ripulire” la propria immagine ed influenzare l’Organizzazione Mondiale della Sanità.


L’impegno globale per la lotta al tabagismo

Il fumo uccide oltre 7 milioni di persone al mondo, ogni anno. Più di AIDS, malaria e tubercolosi messe insieme[1]. Secondo dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), circa 890 000 di questi decessi avvengono in non-fumatori, per effetto dell’esposizione cronica al fumo passivo[2]. Questi i numeri di un’epidemia che vede contrapporsi agli sforzi dell’OMS quelli delle multinazionali del tabacco, impegnate a mantenere elevati i propri profitti.
Nonostante il fumo sia una delle principali cause prevenibili di mortalità, il numero di fumatori nel mondo continua a superare il miliardo. L’80% di essi vive in paesi a basso e medio reddito.

La Convenzione quadro per la lotta al tabagismo (Framework Convention on Tobacco Control – FCTC), entrata in vigore nel 2005, è un trattato internazionale che vincola i 181 paesi ratificanti a mettere in atto una serie di norme per contrastare l’epidemia del tabacco, rafforzando la tutela della salute pubblica3. Nonostante l’elevato numero di paesi che hanno ratificato il FCTC, ancora molto lavoro è necessario per implementare il trattato e al momento la percentuale di persone che nel mondo sono protette da normative antifumo complete ed efficaci si attesta attorno al 20% (Figura 1).

Figura 1

Fonte: WHO Report on the global tobacco epidemic, 2017 (tradotta dall’autore)[2]

Uno dei fattori che stanno rallentando l’applicazione delle norme del FCTC in molti paesi è la forte opposizione da parte dell’industria del tabacco, che ogni anno spende milioni di dollari in attività di lobby e contenziosi legali per ostacolare l’attuazione di nuove norme antifumo. Un esempio riguarda la disputa intentata nel 2010 dalla Philip Morris International (PMI) contro l’Uruguay, colpevole secondo la compagnia di aver adottato delle norme antifumo troppo dannose per il proprio mercato. Tale contenzioso è durato 6 anni e ha visto uscire vincitore l’Uruguay, a cui è stato garantito il diritto alla tutela della propria popolazione[3]. Tuttavia, atteggiamenti di questo tipo possono risultare intimidatori e scoraggiare l’applicazione di norme antifumo più ristrettive anche in altri paesi. In gergo legale, si parla di “chilling effect”, riferendosi alla capacità di inibire l’esercizio di un proprio diritto per il timore di sanzioni legali[4]. Proprio PMI è indicata tra le compagnie che più investono in attività di lobby, come documentato da un recente reportage della Reuters[5].

La strategia di Philip Morris International

Si chiama “responsabilità sociale d’impresa” l’impegno assunto da un’azienda ad adottare pratiche e comportamenti che permettano di conciliare i propri obiettivi economici con obiettivi etici, sociali e ambientali, che tengano conto del territorio in cui opera[6]. L’utilizzo di tale strumento va tuttavia analizzato con occhio critico, in quanto non di rado vi si ricorre per questioni di immagine e di tornaconto economico, più che per motivi realmente etici[7]. Nel mese di settembre, PMI ha dato vita ad una fondazione, chiamata “Smoke Free World”, che dovrà occuparsi di ridurre l’impatto del tabagismo sulla salute della popolazione, in particolare attraverso il finanziamento di progetti di ricerca. Tale fondazione si dichiara indipendente e assolutamente “non influenzabile dall’industria del tabacco” – nonostante PMI si sia impegnata, con molta generosità, a finanziarla con un miliardo di dollari nei prossimi 12 anni[8]. La fondazione dichiara di voler ambire ad un mondo senza sigarette e pubblica spesso sulla propria pagina Twitter articoli in favore dell’utilizzo della sigaretta elettronica e di altri prodotti definiti a rischio ridotto[9].

Inoltre, sul proprio sito PMI ha lanciato una rivoluzione della propria strategia di mercato, annunciata dallo slogan: “Designing a Smoke-Free Future (“Progettare un futuro senza fumo”). L’obiettivo è quello di guidare la transizione del mercato dalle sigarette tradizionali ai cosiddetti prodotti a rischio ridotto, tra cui appunto le sigarette elettroniche[10]. Impossibile non notare come queste due iniziative siano strettamente correlate ed espressione di un unico piano industriale. Ingenuo quindi pensare che la fondazione “Smoke-Free World” sia davvero indipendente.

L’argomento è stato ripreso da un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet nel mese di ottobre[11]. L’autore dell’articolo sottolinea come dai documenti interni trapelati della PMI non emergano evidenze di una riduzione del cinismo e della disonestà della compagnia. Nell’articolo si fa riferimento al fatto che finanziare progetti di ricerca è da tempo una delle strategie utilizzate dall’industria del tabacco per rafforzare il proprio ruolo, grazie alla possibilità di reclutare ricercatori e di definirne l’agenda. Finanziare la ricerca viene inoltre utilizzato come metodo per provare ad aggirare i limiti imposti dal FCTC, che vieta all’industria di giocare un ruolo nell’influenzare le politiche sanitarie dei paesi.

Ironia della sorte, a capo della fondazione Smoke-Free World c’è Derek Yach, ex funzionario dell’OMS, che fu tra i redattori proprio del FCTC. Dovrebbe far riflettere ed indignare il fatto che Yach abbia di recente inviato un’e-mail ad oltre 300 funzionari dell’OMS, ringraziandoli per il loro supporto ed invitandoli a collaborare in progetti di lotta al fumo, attingendo fondi da quel miliardo di dollari messo a disposizione dalla PMI. Ciò, di fatto, porterebbe i soldi del gigante del tabacco dritti nelle casse del principale organismo a tutela della salute globale. Yach non ha oscurato i nomi dei destinatari della sua email e questo viene letto da alcuni come un tentativo di generare sospetti e creare divisioni all’interno dell’OMS[12].

La posizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità

L’OMS ha da subito preso le distanze da “Smoke-Free World”, riconoscendone la scarsa credibilità e il palese stato di conflitto di interessi. Nel comunicato si afferma che le strategie dimostratesi efficaci per la riduzione dell’epidemia del tabacco sono proprio quelle che PMI cerca di ostacolare in tutti i modi con la sua attività di lobby: tassazione, avvertenze grafiche sui pacchetti e proibizione di qualunque tipo di pubblicità dei prodotti a base di tabacco. Se PMI volesse davvero “un futuro senza fumo” eviterebbe di investire ingenti risorse per intralciare l’attuazione del FCTC.

Il comunicato del’OMS sottolinea inoltre come ci siano ancora molte domande a cui dare risposta quando si parla di lotta al fumo, ma che la ricerca necessaria per rispondere a queste domande non debba essere finanziata dall’industria del tabacco.
L’OMS ha quindi invitato tutti i Governi e gli enti pubblici a non stringere accordi con la fondazione Smoke-Free World e quindi a non svolgere attività di ricerca finanziata con i soldi di PMI[13].

Nel mese di gennaio, diciassette Scuole di Salute Pubblica americane – tra cui Harvard e John Hopkins – hanno accolto l’appello dell’OMS e hanno dichiarato che non collaboreranno con la fondazione presieduta da Yach, in quanto troppo vicina all’industria del tabacco e “ad una compagnia i cui prodotti hanno causato la morte di milioni di persone in tutto il mondo”14.
Lorenzo De Min, medico e studente M. Sc. Global Health, Università di Maastricht, Paesi Bassi

Bibliografia

  1. WHO (2017a). Tobacco fact sheet (consultato il 04/02/2018).
  2. WHO (2017b). Report on the global tobacco epidemic, 2017
  3. WHO (2003). Framework Convention on Tobacco Control [PDF: 543 Kb].
  4. Gruszczynski L. Australian Plain Packaging Law, International Litigations and Regulatory Chilling Effect. European Journal of Risk Regulation 2014; 5(2), 242-247.
  5. Kalra et al. Inside Philip Morris’ campaign to subvert the global anti-smoking treaty. Reuters, 2017 (consultato il 04/02/2018).
  6. ER Imprese (2012). La responsabilità sociale d’impresa. Cos’è? (consultato il 04/02/2018).
  7. Bhattacharya CB. Corporate Social Responsibility: It’s All About Marketing. Forbes, 2009 (consultato il 04/02/2018).
  8. Smoke-Free World – webpage (consultato il 04/02/2018).
  9. Smoke-Free World – twitter (consultato il 04/02/2018).
  10. Philip Morris International – website (consultato il 04/02/2018).
  11. Daube M, Moodie R, McKee M.  Towards a smoke-free world? Philip Morris International’s new Foundation is not credible. The Lancet 2017; 390(10104), 1722-1724.
  12. Bhuyan A. Exclusive: Philip Morris funded anti-smoking foundation targeting public health leaders with grants – The Wire, 2017.  (consultato il 04/02/2018).
  13. WHO (2017c). WHO Statement in Philip Morris funded Foundation for a Smoke-Free World (consultato il 04/02/2018).
  14. Vrotsos (2018). School of Public Health rejects funds from tobacco-linked foundation. The Harvard Crimson (consultato il 04/02/2018).
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