Ma ora è diventato il nome di una variante del Coronavirus Sars-CoV-2 che sta creando ansie ai lettori dei nostri giornali, in quanto sembra che in India si stia innescando una nuova ondata di contagi, e viene definita da alcuni con aggettivi roboanti come inarrestabile mentre altri la considerano non preoccupante.
La Repubblica, Il Giornale, Il Riformista, Adnkronos, ANSA, Gazzetta ACTIVE
Non sappiamo cosa sarà e staremo a vedere con giusta attenzione, ma forse è il caso di chiederci se le varianti del virus siano state in questi anni così devastanti. Che il coronavirus, come ogni virus, abbia continuamente delle varianti lo sappiamo, ma in questi mesi ogni tanto è stato dato l’annuncio di una nuova variante sempre più contagiosa seppur spesso ritenuta meno patogenetica. Ma è vero che nelle varianti vi sia stata crescente contagiosità?
La velocità di circolazione di un agente infettivo dipende fondamentalmente da tre fattori: la sua capacità di contagiare, la suscettibilità della popolazione ad esserne contagiata, la frequenza delle occasioni di contagio offerte al virus dalla popolazione. Spesso si è data molta più importanza al primo fattore rispetto agli altri due, mentre sicuramente sia il contenimento della suscettibilità prodotta dai vaccini, sia le misure di contenimento dei contatti hanno sicuramente avuta rilevanza maggiore.
Ma ci si può chiedere comunque se il virus in questi tre anni abbia mutato sensibilmente le capacità di contagiare. Un indice che permette di misurare le accelerazioni della circolazione dei contagi è l’indice di replicazione diagnostica (RDt) calcolato come rapporto tra i contagi di due periodi tra di loro sfalsati di un tempo uguale al tempo medio di incubazione che per il coronavirus è stato stimato all’incirca di una settimana, anche se forse ultimamente può essersi ridotto. Si osservi che l’RDt non differisce molto dall’indice Rt pubblicato dall’ISS, che però è calcolato invece sui soli casi sintomatici.
Se in un periodo ci sono stati N1 contagi e dopo sette giorni se ne sono osservati N2, allora RD7 = N2 / N1. Se RDt è maggiore di 1 significa che ogni contagiato infetta in media più di un soggetto e quindi i casi aumentano, se invece è minore di 1 significa che ogni contagiato infetta sempre in media meno di un soggetto e quindi i casi diminuiscono. Dall’inizio della pandemia questo è l’andamento dell’RDt:
L’RDt ha superato il valore 3 solo otto volte e solo nei primi giorni dell’epidemia mentre ha avuto un valore tra 2 e 3 in soli altri 29 giorni. Se andiamo ad analizzare queste giornate con RDt > 2 ci accorgiamo che per lo più c’è stato contemporaneamente un forte aumento di attività diagnostica come ad esempio a fine 2021 quando fu istituito il green pass.
Praticamente, quindi, l’RDt ha avuto quasi solo valore compresi tra 0,5 e 2, cioè la contagiosità osservata si è talvolta dimezzata e talaltra duplicata ma non si è mai osservato una aumento maggiore e costante. Con ciò non si vuol dire che le varianti non possano comportare valori di contagiosità differenti, ma che non si sono osservati valori particolarmente elevati di contagiosità conseguenti alle varianti nonostante gli annunci, e che per lo più gli aumenti sono sembrati associati alle riduzioni delle misure di contenimento.
Il problema, allora, non appare oggi tanto il rischio di una prossima ri-esplosione dell’epidemia quanto invece l’incapacità ad eliminare del tutto la circolazione del virus per liberarcene definitivamente. Sembra ormai infatti che si preferisca disinteressarsene e così ormai ogni giorno della settimana si registrano più o meno gli stessi contagi dei giorni della settimana precedente. Per quanto ancora? speriamo poco, temiamo molto!
Se le frequenze non sembrano voler cambiare se non marginalmente, invece la distribuzione per età dei contagi nel mese di marzo 2023 è decisamente diversa da quella dei mesi di marzo dei due anni precedenti:
Sono aumentate le percentuali delle donne e degli anziani. Non sembra possano esserci spiegazioni cliniche per queste differenze, mentre è probabile che i giovani e gli uomini siano più propensi ad eseguire una autodiagnosi senza notificarla alle ASL. E queste diagnosi che sfuggono alle statistiche potrebbero creare un problema nel rilevare eventualmente per tempo una crescita dei casi dovuta alla supposta maggiore contagiosità di Arturo.
fonte: E&P