Gentile Direttore,
iI Consiglio dei Ministri del 28 marzo ha approvato il Decreto Bollette che contiene, come ha documentato Quotidiano Sanità, una serie di articoli concernenti la sanità, inseriti su proposta del Ministro della Salute Orazio Schillaci.
Di particolare rilevanza mi pare sia l’Articolo 11 che elimina le incompatibilità per attività effettuate al di fuori dell’orario di lavoro per le professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione appartenenti al personale del comparto sanità.
Con tale provvedimento si intende – immagino – rispondere ad una richiesta di vari sindacati, prevalentemente infermieristici, che hanno reclamato una equiparazione, in tale ambito, alla professione medica che ha da tempo diritto di esercitare l’attività libero professionale in intramoenia.
Si intende peraltro – nuovamente immagino – rispondere a un problema cronico e ingravescente del nostro Paese: la carenza di personale infermieristico.
Abbiamo infatti una dotazione di 5.7 infermieri x 1.000 abitanti a fronte di una media (UK, Francia, Spagna e Germania) di 9.4; rispetto alla popolazione > 75 anni gli infermieri per 1.000 abitanti in Italia sono 48.9 a fronte di a una media del 95.6.
Questa situazione è il risultato delle condizioni di lavoro e retributive nella sanità pubblica italiana con stipendi fino al 40% più bassi degli altri paesi europei. L’Italia è l’unico paese europeo in cui gli stipendi medi della popolazione negli ultimi trent’anni sono calati: meno 2.9% a fronte di aumenti che in Francia, Grecia e Germania sono stati di oltre il 30%.
Queste condizioni di lavoro sono alla radice di più fenomeni: una scarsa attrattiva della professione infermieristica cosicché i posti disponibili in formazione vanno in parte deserti e nel 2002 si è assistito a un ulteriore calo di iscrizioni al corso triennale di scienze infermieristiche (nel 2022 – 8,6% rispetto all’anno precedente). Inoltre la migrazione all’estero è diventata un fenomeno rilevante e attualmente oltre 7.000 infermieri italiani sono impiegati in altri paesi europei, mentre in Italia solo il 4.8% degli infermieri viene dall’esterno a fronte dell’8.9% in Germania, 15.4% in UK, 25.9% in Svizzera.
Di fronte a tale quadro che ha indebolito gravemente il Servizio sanitario nazionale nel corso quanto meno dell’ultimo decennio il provvedimento assunto solleva in realtà rilevanti problematiche.
L’attività libero professionale intramoenia dei medici è da più parti sottoposta a critica in particolare nella misura in cui si è trasformata da un percorso finalizzato (o ipotizzato per tale scopo) a permettere la scelta del professionista all’interno della struttura pubblica a quello di ricorrervi per saltare le liste di attesa, che si sono progressivamente allungate. Peraltro i criteri di regolamentazione previsti, per i quali la intramoenia doveva essere sospesa in caso di non ottemperanza al rispetto dei tempi di attesa, vengono totalmente disattesi.
Quanto previsto nell’articolo 11 del Decreto Bollette tuttavia non è un ampliamento della attività intramoenia per tali professioni, che la esercitano già, in misura limitata, in forma di equipe, ad esempio quando l’infermiere partecipa a una attività operatoria che il medico effettua in libera professione.
Si tratta invece di autorizzare lo svolgimento della professione fuori dell’orario di lavoro (ci mancherebbe!) in strutture esterne al servizio sanitario pubblico, cioè, in sostanza, private.
Quale effetto sul nostro SSN? Le conseguenze sono facilmente prevedibili: il personale delle professioni sanitarie di cui all’articolo 11, terminato il proprio orario di lavoro, farà attività in forma libero professionale in strutture private: ambulatori, cliniche, RSA.
Sovraffaticamento? Burn out, specie per chi lavora nei settori di competenza del servizio pubblico e più impegnativi, quali oncoematologia infantile, Pronto soccorso, Terapia intensiva, Centro ustioni ecc.? Mancanza di tempo per aggiornamento? Pazienza! (o più esattamente… chi se ne frega).
Sarà tale personale disponibile a straordinari o attività aggiuntiva in ambito pubblico? Ovviamente no, e non importa se il recupero di liste di attesa sarà ancora più difficile.
Il privato se ne avvantaggerà: utilizza part time e con flessibilità personale preparato, e aggiornato in ambito pubblico, che si riversa nel privato a basso costo. Fornito – immagino – di partita Iva tassata al 15%. Altro che leale concorrenza pubblico – privato come alcuni predicano!
Mi domando se tale provvedimento, che è un’ulteriore picconata al Servizio sanitario nazionale, non verrà inevitabilmente esteso ad altre figure che operano in ambito sanitario: farmacisti, fisici sanitari, ingegneri clinici ecc. e se la richiesta di “liberi tutti” non coinvolgerà, inevitabilmente, l’insieme del pubblico impiego.
Non era stato promesso, durante la pandemia, che il Servizio sanitario nazionale sarebbe stato rafforzato e potenziato, anche per far fronte a nuove emergenze?
Si è trattato di uno spergiuro?
Marco Geddes da Filicaia
fonte: Lettere al Direttore QS