Senza soccorso. di Gavino Maciocco

Strage di migranti a Crotone: 70 morti, circa 40 dispersi. Provenivano da Afghanistan, Pakistan, Iraq, Siria e Somalia. Il messaggio del governo Meloni: Non partite, perché nessuno verrà a soccorrervi. Le parole competenti dell’Ammiraglio Alessandro. La frase rivelatrice del Ministro Piantedosi.

Sabato 25 febbraio, alle 22.30 circa, l’aereo Eagle1 di Frontex – l’agenzia europea che aiuta gli Stati membri al controllo delle frontiere  – segnala di avere avvistato un barcone a 40 miglia dalle coste calabresi. Frontex riferisce che il barcone viaggia a sei nodi in buone condizioni di galleggiabilità, con una persona sola visibile sulla coperta, ma la fotografia termica rileva che il ventre della nave è caldo, quindi pieno di gente. Riferisce anche che a bordo c’è qualcuno che ha un cellulare turco, indizio che si tratti di un’imbarcazione condotta da scafisti.

Da Roma si decide di fare uscire in mare non le motovedette della Guardia costiera classe 300, inaffondabili, capaci di affrontare le peggiori condizioni meteo, ma due mezzi della Guardia di finanza per compiere un’operazione di “polizia marittima”. A mezzanotte e mezza escono in mare due unità navali, una motovedetta veloce e un pattugliatore. A causa delle condizioni meteo avverse, per gli uomini delle Fiamme gialle la navigazione diventa pericolosa. Non riescono a trovare il target e ritornano in porto. Nessuno manda in volo un elicottero o un aereo per vedere dove sia finito quel barcone di legno un carico di disperati.

Alle 3.40 il comando provinciale della Guardia di finanza di Vibo Valentia informa la Guardia costiera di quanto accaduto, chiedendo di impiegare loro unità navali per intervenire, “senza avere riscontro”.

Alle 4 del mattino di domenica 26 febbraio, da un numero internazionale giunge alla centrale operativa dei carabinieri di Crotone una telefonata drammatica e poco comprensibile in inglese, con voci disperate di donne. L’operatore localizza la chiamata e avvisa la pattuglia di raggiungere subito Steccato di Cutro. Alle 4 e mezza sono sul posto e cominciano a raccogliere cadaveri e a soccorrere i sopravvissuti. Il bilancio della tragedia è uno dei più gravi registrati nel Mediterraneo: 70 morti di cui 16 minori (di questi 14 non sono stati finora identificati) più un numero imprecisato di dispersi (intorno ai 40), con 79 migranti salvati. Il barcone è partito da Smirne (Turchia) e i principali paesi di provenienza dei migranti sono Afghanistan, Pakistan, Iraq, Siria e Somalia.

Anche se la responsabilità della Guardia costiera è del Ministro dei trasporti, Matteo Salvini, il Governo sulla vicenda parla per la voce del ministro degli interni, Matteo Piantedosi, che ha espresso una posizione che sarà sostenuta da tutta la maggioranza (e dallo stesso presidente Meloni, di ritorno dalla missione in India): “Le operazioni di soccorso non sono partite perché Frontex non ci ha avvertiti su rischio naufragio”. Frontex ha segnalato che loro forniscono le notizie utili a identificare un’imbarcazione, ma che sono i governi interessati a decidere sulle modalità dell’intervento. E in questo caso il governo italiano ha deciso di far partire la Guardia di finanza per un’attività di polizia marittima e non la Guardia costiera per un’attività di salvataggio.

Su questo punto si gioca la credibilità, meglio ancora l’umanità, del governo Meloni. La magistratura di Crotone ha aperto un fascicolo, ma si prevedono tempi lunghi. Nel frattempo è divampato il dibattito politico e anche quello tecnico. Al riguardo è intervenuto, con interventi alla stampa (Gedi) e alla radio (Rai 1, Menabò) l’ammiraglio Vittorio Alessandro, ex portavoce del Comando generale delle Capitanerie di porto, oggi in pensione. Un tempo per la Guardia costiera – afferma in sostanza l’ammiraglio – era motivo di orgoglio salvare le persone in mare ed era automatico che di fronte a una situazione di pericolo la Guardia costiera si mobilitasse per portare soccorso. Oggi non è più così. Il clima politico è cambiato. Le regole d’ingaggio sono complesse e sono influenzate dalla politica. Inoltre nella cultura del mare si è insinuato un vizio pericoloso: se un’imbarcazione galleggia viene definita non in pericolo. E nel caso specifico di Crotone – sostiene Vittorio Alessandro – la barca segnalata da Frontex galleggiava e si muoveva ma, nonostante ciò, c’erano evidenti segnali di rischio di naufragio (vedi anche video di Gedi), infatti:

  • La barca era piena di persone,
  • C’era la presenza di scafisti,
  • La rotta era quella dell’immigrazione,
  • Il mare era terribile, tale da far rientrare in porto le vedette della Guardia di finanza,
  • La barca era diretta verso la costa, ma non verso un porto sicuro: con quel mare in tempesta l’impatto con una spiaggia o con gli scogli poteva essere letale (come poi è stato).

Nell’intervista alla radio l’ammiraglio ha aggiunto questo commento:

Inviare la Guardia di finanza, invece della Guardia costiera, in una situazione a rischio di naufragio è come mandare la polizia alla ricerca dei piromani, invece dei pompieri, nel caso di un incendio.

Nell’occasione il Ministro Piantedosi ha ribadito l’impegno del governo italiano nell’ostacolare le partenze dei migranti dalle coste che si affacciano nel Mediterraneo, aggiungendo che  «la disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli ».

«Se valesse la logica di Piantedosi, – ha obiettato Chiara Saraceno, in un articolo su Repubblica –  secondo la quale non c’è situazione intollerabile che giustifichi il mettere a rischio la vita, non solo non si dovrebbe mai fuggire da situazioni intollerabili, ma non ci si dovrebbe mai ribellare. Sventate e imprudenti sono, in questa logica, anche le donne iraniane che da mesi sfidano, con il concreto rischio di essere incarcerate e/o uccise, un regime che non solo le vuole velate e sottomesse, ma, si è scoperto, avvelena le scolare per avere una scusa per chiudere le loro scuole. O le afghane che si rifiutano di essere ricacciate nell’ignoranza e nella subordinazione ai maschi. O gli ucraini, che si ostinano a difendersi dall’invasione russa, anche con il nostro aiuto, nonostante ciò stia costando migliaia di morti. A meno che non si pensi che il diritto a una vita dignitosa e alla libertà valga più per alcuni che per altri, così come ci sono migranti “per disperazione” più o meno meritevoli di accoglienza a seconda del Paese di provenienza: gli ucraini sì, gli afghani, i siriani, i pakistani, i nigeriani no».

«Io glielo dirò, domani, cosa avete fatto – ha scritto sul suo profilo Facebook  Enrico Galiano, professore di Pordenone e scrittore affermato -. Entrerò in classe e leggerò ai miei studenti le dichiarazioni del ministro che ha detto: “Io non partirei se fossi disperato perché sono stato educato alla responsabilità”. Le leggerò e mi siederò lì ad ascoltare cos’hanno da dire. Hanno dodici anni, i miei studenti. Ed è giusto che sappiano.

Lo vedranno da soli che avete fatto arrestare chi voleva salvare delle persone. Che avete scritto e detto cose orrende, che avete l’anima sporca di parole che nessuno potrà cancellare.

Glielo dirò che avete costretto in porto le navi che avrebbero potuto salvarli.
Glielo dirò che sono anni che usate la vita delle persone per raccattare quattro voti in più.
Glielo dirò che cosa avete fatto.
Cosa abbiamo fatto, in realtà. Perché siamo tutti responsabili. Glielo dirò che quelli che c’erano prima non erano così diversi, solo che sapevano nasconderlo meglio.
E mandatemi la Digos, mandate chi volete, toglietemi la cattedra, la classe.
Alla fine è tutto quello che sapete fare: usare la forza con i più deboli. Con quelli davvero forti non ci provate neanche.
Sospendetemi pure: voglio poter dire a mia figlia, quando sarà grande e vedrà cosa stava succedendo in questi giorni, in questi anni, quando mi chiederà dov’ero, voglio l’orgoglio di poterle rispondere, a testa alta: dall’altra parte».
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Le politiche migratorie del governo Meloni si esauriscono in un unico, sterile, vano obiettivo: quello di bloccare le partenze dai paesi di provenienza. Così com’è sterile, e oltretutto offensivo, l’ammonimento del ministro Piantedosi a non partire per senso di responsabilità nei confronti dei propri figli. La storia ci dice che le migrazioni continueranno, soprattutto se queste sono “forzate”, cioè provocate da condizioni di vita intollerabili che spingono le persone a fuggire dalla propria terra. La soluzione è quella di rendere le migrazioni legali (in Italia oggi impossibili con l’attuale legge Bossi-Fini), di usare per tutti la degna accoglienza che è stata riservata ai profughi ucraini. Ne ha bisogno l’Europa, ne hanno assoluto bisogno molti suoi paesi come l’Italia in pieno inverno demografico.

Nel frattempo cambiate subito le regole d’ingaggio della Guardia costiera affinché non si ripetano tragedie come quella di Steccato di Cutro.

fonte: https://www.saluteinternazionale.info/2023/03/senza-soccorso/ 

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