“Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze”: è uno degli obiettivi dell’Agenda 2030. Qual è la situazione in Italia? Gli indicatori di sviluppo sostenibile e di benessere confermano che resta ancora molta strada da fare.
La situazione in Italia
Da quasi 25 anni, per rappresentare attraverso la statistica lo sviluppo o lo stato di salute di un paese, alle tradizionali misure fondate sul Pil, si affiancano altri sistemi, centrati su contenuti più articolati e multidimensionali: gli obiettivi di benessere e di sviluppo sostenibile per tutti. Sono traguardi che coinvolgono una pluralità di fenomeni, che, letti al femminile, consentono di fare un punto della situazione dettagliato e concreto. Una buona base per le politiche.
Il quinto dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile che compongono l’Agenda 2030 impegna i paesi sottoscrittori a “Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze”. Per monitorare, anno dopo anno, l’avanzamento verso l’obiettivo, le Nazioni Unite propongono sette indicatori, che l’Istat articola in 18 misure (tavola 1). Ne consideriamo alcuni.
Violenza: cresce il bisogno, diminuisce il servizio
Nel 2021 è cresciuto di più del 2 per cento il numero di donne che si sono rivolte al numero verde 1522 perché vittime di violenza. L’anno precedente si era chiuso però con una riduzione della risposta dei servizi. Infatti, nel 2020 risultavano attivi 263 centri anti-violenza (281 nel 2019) e 242 case rifugio (257 nel 2019). Per questo, nel 2020, il tasso medio di copertura nazionale è sceso a 1,87 servizi in totale ogni 100 mila donne di età superiore ai 14 anni (era 1,98 nel 2019).
La maggior parte degli omicidi femminili avviene per mano del partner
Nel 2020, in Italia, sono state uccise 116 donne, 5 in più rispetto al 2019. L’83,6 per cento di loro sono state assassinate in ambito domestico: 60 donne (51,7 per cento) per mano del loro partner, 30 (25,9 per cento) da un altro parente e 7 (6 per cento) dall’ex partner.
Il lavoro delle madri con figli piccoli
Nel 2021, il tasso di occupazione delle donne tra 25-49 anni con figli di età inferiore ai 6 anni è pari a 53,9 per cento, mentre quello delle donne della stessa età senza figli è di 73,9 per cento. Il dato è in peggioramento rispetto al 2020.
L’asimmetria nel lavoro domestico
La distribuzione del carico di lavoro di cura familiare all’interno della coppia registra, nel 2021, un leggero miglioramento: la quota di tempo dedicato dalle donne di età fra 25 e 44 anni al lavoro familiare è pari al 62,6 per cento sul tempo di lavoro complessivo della coppia di partner occupati. Restiamo tuttavia ancora lontani dal 50 per cento. L’asimmetria nel Mezzogiorno sfiora il 70 per cento, al Centro si attesta al 62,4 per cento e al Nord registra il 60 per cento.
Il benessere delle donne
Nel progetto Istat di misure sul benessere equo e sostenibile in Italia, la prospettiva di genere è essenziale. La maggior parte degli oltre 150 indicatori, aggiornati ogni anno, possono aiutarci a capire il profilo del benessere (o del malessere) femminile nel nostro Paese. Ne esaminiamo alcuni.
Le donne vivono più a lungo, ma non in buona salute
La speranza di vita alla nascita favorisce le donne. Tuttavia, si vive con più acciacchi. Per gli uomini, la speranza di vita alla nascita nel 2021 è di 80,1 anni, 61,9 dei quali in buona salute. Per le donne, che possono sperare in 84,7 anni di vita, quelli in buona salute si sono ridotti rispetto al 2019 di 10 mesi, e sono solo 59,3. L’attesa di vita senza limitazioni a 65 anni, per le donne, è scesa da 9,8 anni nel 2019 a 9,6 nel 2021. La quota di donne dai 75 anni in poi che soffre di tre o più patologie croniche o che ha gravi limitazioni nel compiere le attività quotidiane abituali è pari al 52,4 per cento, mentre quella degli uomini è il 40,9 per cento.
La salute mentale
L’Organizzazione mondiale della sanità definisce la salute mentale come lo stato di benessere che consente a un individuo di realizzare le proprie abilità, di sostenere i livelli normali di stress della vita quotidiana e di lavorare in modo produttivo e fornire un contributo alla propria comunità.
L’indice di salute mentale, a due anni dallo scoppio della pandemia, nel 2021 assume in Italia il valore di 68,4 (su una base di 100), nel complesso stabile rispetto al 2019 e al 2020. Tuttavia, decresce tra le donne, mentre aumenta leggermente tra gli uomini, con il risultato che nel tempo il divario di genere si è ampliato ulteriormente, passando da 3,7 a 4,9 punti in meno per le donne tra il 2019 e il 2021.
Le condizioni di benessere mentale generalmente si deteriorano al crescere dell’età, ma nel 2021 le differenze tra i più giovani e i più anziani diminuiscono, passando da -10,9 a -6,8 punti tra gli over 75 rispetto ai ragazzi di 14-19 anni. La riduzione del differenziale dipende da un deterioramento del benessere psicologico tra i ragazzi. Anche qui, a essere colpite di più sono le ragazze, che raggiungono un punteggio di 66,6 (-4,6 punti rispetto al 2020), mentre i maschi ne segnano 74,1 (-2,4 punti rispetto al 2020).
Le debolezze nell’educazione
Tra le ragazze e le donne tra i 15 e i 29 anni, nel 2021, il 25 per cento non studia, non fa formazione né lavora. La quota corrispondente per i maschi è il 21,2 per cento.
Tra gli studenti delle classi III della scuola secondaria di primo grado, nel 2021, le ragazze con competenza alfabetica non adeguata (33,5 per cento) sono meno dei ragazzi (44,7 per cento). Per contro, ben il 47,2 per cento delle femmine ha una competenza numerica inadeguata, contro il 43,1 per cento dei maschi. Cifre che la pandemia ha peggiorato.
Lavoro, partecipazione sociale e fiducia
Le donne sono state i soggetti più colpiti nel 2020 dagli effetti della pandemia sul mercato del lavoro. Nel 2021, il tasso di occupazione femminile è salito al 53,2 per cento, con un aumento di +1,1 punti sul 2020 (0,6 punti per gli uomini). Il divario di genere, salito a 19,8 punti nel 2020, nel 2021 torna a diminuire, pur rimanendo molto alto (19,3 punti).
Differenze di genere si rilevano anche nei livelli di partecipazione sociale, che coinvolge nelle attività di volontariato il 17,1 per cento degli uomini e solo il 12,3 per cento delle donne.
La percezione soggettiva della sicurezza, tra le donne, è molto più bassa rispetto agli uomini. Infatti, si sentono molto o abbastanza al sicuro camminando al buio da sole nella zona in cui vivono il 51,2 per cento delle donne e il 74,1 per cento degli uomini.
Esprimono una “fiducia generalizzata”, cioè quella che si è disposti ad accordare ai propri concittadini più uomini che donne (26,9 per cento contro 24,2 per cento). Le differenze di genere, inesistenti nella fascia d’età centrale, si concentrano sia tra le giovani al di sotto dei 34 anni, sia tra le donne dai 65 anni in poi.
C’è una lunga strada da fare.
Tavola 1 – Indicatori e misure dell’Obiettivo di equità di genere dell’Agenda 2030