Il disegno di legge Calderoli, Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri[1], costituisce un rischio per l’unità nazionale, poiché contiene le condizioni per cristallizzare i divari esistenti e aumentare le disuguaglianze.
Mettere in ordine le argomentazioni a sostegno di tale tesi[2] può aiutare a rendere esplicite due idee di sistema istituzionale, una che si basa sulla frammentazione e mina l’unitarietà delle politiche pubbliche e una fondata sulla solidarietà, la perequazione e il diritto a pari prestazioni a prescindere dal luogo di residenza.
I Livelli essenziali di prestazione (Lep) costituiscono a ragione il cuore del provvedimento, poiché ad essi si affida la garanzia di eguaglianza tra territori. Per consentire a tutti gli italiani di godere degli stessi diritti di cittadinanza, la Costituzione prevede all’articolo 117.II.m che lo Stato abbia l’onere della “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. L’importanza dei LEP e dei conseguenti costi standard è ribadita con forza anche nella legge 42/2009 attuativa del federalismo fiscale. Tale determinazione non è però mai avvenuta, dal 2001 ad oggi, nonostante la costituzione di numerose Commissioni e Gruppi di Lavoro[3]. Infatti il passaggio da un sistema di finanziamento basato sulla spesa storica ad uno basato su parametri oggettivi di fabbisogno e di costo è tuttora assai complesso, soprattutto tecnicamente, ma anche perché esso richiede un’azione politica di mediazione degli interessi delle diverse comunità e parti coinvolte. L’uso di diversi indicatori tecnici può infatti produrre esiti assai differenti. Pare quindi francamente difficile che sia possibile liquidare la definizione dei Lep nello spazio di pochi mesi con un Dpcm, come proposto dal disegno di legge e dalla legge di bilancio per il 2023, specialmente se parliamo di 23 materie, quali quelle già elencate da alcune regioni che hanno avviato il procedimento di richiesta allo Stato per l’attribuzione delle competenze legislative.
Inoltre, non basta definire i Lep per garantirli: il vero problema è infatti quello del loro finanziamento[4], alla luce del fatto che, secondo il decreto Calderoli, dall’applicazione della legge e delle conseguenti intese “non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica” e al tempo stesso è garantita “l’invarianza finanziaria (…) per le singole regioni che non siano parte dell’intesa”. Inevitabilmente quindi la ricognizione dei Lep, come dichiarato nella Relazione illustrativa, “dovrà estendersi alla spesa storica a carattere permanente dell’ultimo triennio, sostenuta dallo Stato sul territorio di ogni Regione”, cioè implicitamente assumendo che quanto lo Stato nazionale spende ora per le funzioni Lep sia esattamente quanto necessario per finanziarli ed il rischio di tale scelta è molto alto, essendo la spesa storica pesantemente e storicamente antidistributiva[5].
In altri termini significa che saranno bilancio e risorse disponibili a determinare i Lep, in contrasto anche con la sentenza n. 275/2016 della Corte costituzionale che sancisce, al contrario, che deve essere «la garanzia dei diritti incomprimibili a incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione». In un mondo di disuguaglianze tale assunzione cristallizza i divari sull’istantanea dell’esistente, come ha notato l’Ufficio parlamentare di bilancio[6] rinunciando all’obiettivo di un Paese più giusto.
Le richieste di delega sono estesissime e riguardano tutte le politiche pubbliche, dalla sanità alla scuola, all’energia, alla previdenza complementare, all’ambiente, generando grande confusione nelle responsabilità tra livelli di governo. Se, infatti, alcune materie appaiono ormai di gestione addirittura sovranazionale, per altre, come l’istruzione e la sanità, si apre la grande questione, in presenza di severe disuguaglianze, di politiche pubbliche omogenee. Il rischio è quello di adattare l’intensità dell’azione pubblica alla ricchezza dei territori, vanificando quella che dovrebbe essere la principale funzione ad esempio dell’istruzione, cioè quella di colmare i divari. Inoltre, una richiesta così estesa di competenze da parte delle Regioni del Nord, dall’energia ai trasporti, dalla politica industriale alla ricerca, appare oggi incompatibile con il piano di ammodernamento del Paese previsto dal PNRR, in cui si prevedono soprattutto politiche nazionali.
Il percorso sancito dal Decreto attribuisce al Parlamento un ruolo marginale, di mera ratifica di quanto deciso in altre sedi, su una questione che investe pienamente l’interesse generale. I meccanismi di finanziamento delle regioni e ancor più la determinazione dei Lep rappresentano una decisione politica di grandissima rilevanza, che non può che essere presa dal Parlamento. Significa definire quali sono i reali diritti sociali esigibili da ogni cittadina e cittadino italiani e soprattutto impegnarsi a destinare cospicue risorse per far sì che questi livelli siano raggiunti in tutto il paese. E’ una operazione che non può non avvenire con un grande dibattito pubblico e, soprattutto, preservando il Parlamento nell’esercizio delle sue prerogative.
L’art. 9 del Decreto individua come perequativi solo gli interventi riconducibili all’art. 119 quinto comma della Costituzione che dovrebbero svolgere una funzione addizionale attraverso interventi speciali e aggiuntivi, quindi non ordinari, mentre non si fa cenno ai meccanismi di solidarietà finanziaria a favore dei territori più deboli e di interventi per la riduzione dei divari strutturali di cui al comma 3 dello stesso articolo (“La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante”).
L’articolo 119 che, come noto, fissa i principi generali delle modalità di finanziamento delle Autonomie territoriali, riporta invece un esplicito richiamo alle esigenze perequativo-solidaristiche dell’intero sistema di finanza pubblica multilivello, incluse anche le eventuali forme di federalismo differenziato: anche le Regioni che assumono competenze rafforzate devono partecipare al sistema di redistribuzione interregionale delle risorse attivato dal governo centrale.
[1] Disegno di Legge Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario, 1febbraio 2023
[2] Molto si è scritto ed argomentato in questi mesi a sostegno di tale tesi. Vedi soprattutto G. Viesti, Verso la secessione dei ricchi? Laterza 2019 e i numerosi altri interventi recenti dell’autore e SVIMEZ, Rapporto 2022, Il Mulino e SVIMEZ, Un paese due scuole, http://lnx.svimez.info/svimez/un-paese-due-scuole-2
[3] Alta Commissione di Studio per la definizione dei meccanismi strutturali del Federalismo Fiscale (ACoFF) – 2002; Ministero per la semplificazione Normativa – Gruppo di lavoro per l’attuazione del disegno di legge sul federalismo fiscale – 2008; Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale (COPAFF); Gruppo di Lavoro COPAFF “Fabbisogni/costi standard, LEP e funzioni fondamentali” – 2010; Spending review (Cottarelli) – Gruppo di lavoro “Fabbisogni e costi standard” – 2014
[4] M. Bordignon, L. Rizzo, G. Turati, Ma come si finanziano i LEP? La Voce, 10/2/2023
[5] Cfr. M. Volpe, Federalismo Differenziato. Qualche riflessione a supporto di un dibattito solido e informato, http://www.osservatoriodelsud.it/2019/02/16/federalismo-differenziato-di-mariella-volpe/; L. Bianchi, M. Volpe, Regionalismo differenziato e diritti di cittadinanza in un Paese diviso, Rivista economica del Mezzogiorno, n. 1 2019
[6] Audizione della Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio nell’ambito dell’attività conoscitiva preliminare all’esame del disegno di legge recante bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025, 5 dicembre 2022, https://www.upbilancio.it/wp-content/uploads/2022/12/Audizione-UPB-DDL-bilancio-2023.pdf
l’Autrice Mariella Volpe, economista, si occupa di economia pubblica, finanza pubblica a livello territoriale, valutazione di politiche pubbliche. E’ membro dell’Assemblea del ForumDD.
Fonte: Forum DD