Il mercato dell’allattamento artificiale. di Adriano Cattaneo

Accalappiare genitori e operatori sanitari per vendere sostituti del latte materno. Questo marketing è associato a una riduzione di prevalenza e durata dell’allattamento, e pertanto a danni per la salute e la nutrizione. Il fatturato di questi prodotti è cresciuto dai 1.5 miliardi di dollari del 1978 ai 55.6 miliardi del 2019, un aumento di 37 volte in 40 anni.

Dal 2003, con cadenza di 4-6 anni, il Lancet dedica una serie di articoli all’allattamento. L’ultima è uscita nel numero dell’11 febbraio 2023. Si compone di tre corposi articoli principali, di un editoriale e di un commento. Come per le serie precedenti, c’è da aspettarsi che nei prossimi numeri vi siano altri commenti e numerose lettere con relative risposte, visto il modo in cui è stato affrontato l’argomento. I tre lunghi articoli principali sono accompagnati da appendici con dettagli sui metodi usati e sulle fonti di dati. Hanno delle enormi bibliografie: 174, 168 e 296 voci, rispettivamente, per un totale di 638 riferimenti bibliografici. Bisogna dedicare almeno tre giorni per leggere il tutto, compresa la lettura di qualche riferimento bibliografico che può essere sfuggito anche a un appassionato del tema, come sono io.

Il primo articolo comincia con una breve e aggiornatissima rassegna delle conoscenze scientifiche su latte materno e allattamento.(1) Dopo aver citato numerose ricerche sulle proprietà, ancora in larga parte sconosciute, degli ingredienti finora conosciuti del latte materno, gli autori concludono che “stiamo appena iniziando a capire la complessa biologia di questo incomparabile alimento funzionale, e le implicazioni sociali e psicologiche dell’interazione dell’allattamento”. Passano poi ad analizzare i fattori che ostacolano l’allattamento. Il primo è l’uso scriteriato e abbondante delle cosiddette aggiunte, che nelle popolazioni con stile di vita occidentale sono costituite da quantità più o meno abbondanti di formula, mentre presso altri popoli possono essere rappresentate anche da alimenti e liquidi a carattere rituale. Non ci sono molti dati sulle aggiunte di formula nei paesi ad alto reddito, ma negli USA, per esempio, sono usati di routine nei due terzi dei reparti di maternità. Si stima che nei paesi a reddito medio e basso circa un terzo dei neonati riceva aggiunte di formula. La ricerca mostra che l’uso di aggiunte nei primi giorni di vita è associato a minore esclusività e durata dell’allattamento, con le note conseguenze sulla salute presente e futura di madri e bambini.

L’industria della formula sfrutta molti meccanismi per aumentare l’uso di aggiunte, che va ovviamente a proprio favore. Oltre alle strategie di marketing rivolte a sistemi e operatori sanitari, di cui parla il secondo articolo della serie, con il marketing rivolto alle famiglie l’industria fa passare l’idea che comportamenti normali del neonato, come il pianto, l’irrequietezza, i rigurgiti e i risvegli notturni, siano in realtà dei problemi da affrontare medicalmente. Ed ecco che molte mamme, spesso incoraggiate dagli operatori sanitari di riferimento, cominciano a pensare che il loro latte sia insufficiente, oppure che non sia buono. La soluzione è ovviamente a portata di mano: una formula “normale” per completare il latte materno, oppure una formula “speciale” per fare dormire meglio il neonato, per non farlo rigurgitare, per ridurre il rischio di allergia alle proteine del latte di mucca. Proteggere le famiglie da queste strategie di marketing è tanto essenziale quanto costruire e mantenere un sistema sanitario che promuova e sostenga l’allattamento, con operatori competenti e liberi da interessi commerciali.

Il secondo articolo, oltre ad analizzare la tendenza di vendite, marketing e consumo di formula, mostra come l’industria usi la ricerca scientifica e gli operatori sanitari per costruire fiducia nei suoi prodotti, approfittando della debolezza dei sistemi sanitari.(2) In risposta alle dimostrazioni e ai boicottaggi della seconda metà del secolo XX, culminati con l’approvazione, nel 1981, del Codice Internazionale sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno di OMS e UNICEF, l’industria ha creato una vasta rete globale di lobbisti, ha inventato la cosiddetta responsabilità sociale delle imprese, ha scoraggiato o impedito l’elaborazione e l’applicazione di regole, ha investito per riparare e abbellire la sua immagine, e ha diversificato la sua gamma di prodotti per sfuggire in continuazione alle leggi vigenti. Le vendite delle 4 categorie di formula (infantile, fino a 6 mesi; di proseguimento, fino ai 12 mesi; di cosiddetta crescita, fino ai 3 anni; speciali, per condizioni spesso mal definite) sono cresciute dai 1.5 miliardi di dollari del 1978 ai 55.6 miliardi del 2019, un aumento di 37 volte in 40 anni. Un mercato globale controllato al 60% da sei multinazionali (Abbott, USA; Danone, Francia; Feihe, Cina; Freisland Campina, Olanda; Nestlé, Svizzera; Reckitt Benckiser, Gran Bretagna). Difficile ottenere da queste, soprattutto da quelle che producono migliaia di altri alimenti oltre alla formula, dati sulla spesa per il marketing, ma le stime variano da 1% a 33% del ricavato delle vendite annuali. I dati di una ditta che produce solo formula riportano una spesa per marketing di 627 milioni di dollari nel 2016, il 16.7% delle vendite (3743 milioni) e il 46.7% del costo di produzione (1341 milioni), a fronte di un guadagno netto di 2402 milioni di dollari.

Questo marketing è associato a una riduzione di prevalenza e durata dell’allattamento, e pertanto a danni per la salute e la nutrizione. Gli autori dell’articolo stimano che per ogni kg/bambino di formula venduta, i tassi di allattamento si abbassino dell’1.9%, con variabilità legata alla situazione socio-economica del paese. E le vendite vanno da 1-2 kg/bambino nei paesi più poveri fino a punte di 50 kg/bambino in quelli più ricchi. Le strategie di marketing sono comunque uguali e sono ben descritte e analizzate in due rapporti dell’OMS pubblicati nella prima metà del 2022.(3,4) Quello che desta maggiore preoccupazione e che sta progressivamente soppiantando il marketing convenzionale è il marketing digitale: costa molto meno (per individuo raggiunto), è più efficace, e soprattutto può essere personalizzato e arrivare al momento giusto (alle 3 di notte, se il neonato a quell’ora piange e la mamma avverte la suocera via social media). Inoltre, ne è più difficile il monitoraggio (lo sa solo la persona che lo riceve) e il controllo (ci vorrebbero regole globali, difficili sia da concordare sia da applicare). Non manca comunque il marketing convenzionale, quello per esempio basato su falsi claims sulle etichette delle confezioni (vedi immagine di copertina).

Gli operatori sanitari sono un target privilegiato del marketing dei sostituti del latte materno. Grazie alla loro esposizione al marketing delle formule speciali parzialmente idrolizzate, cui è falsamente attribuita efficacia contro le allergie, le vendite delle stesse sono aumentate di centinaia di volte in pochi anni, senza che vi sia stato un parallelo aumento dell’incidenza delle allergie.(5) Questo marketing, che comprende finanziamenti per ricerche di qualità discutibile,(6) sostegno allo sviluppo di linee guida e sponsorizzazioni di congressi e altre attività educative, è presentato come una forma di collaborazione professionale; purtroppo molti operatori ci credono. A dimostrazione di quanto gli operatori sanitari siano importanti per l’industria, vale la pena citare un esempio dal Sud Africa. Anni fa, una multinazionale ha chiesto a un’agenzia di marketing di elaborare una mappa delle persone e delle istituzioni più importanti per influenzare politiche e linee guida, allo scopo di aumentare le vendite. L’agenzia ha prodotto una lista di nomi e cognomi, con relative affiliazioni, divisa per credibilità e potenziale influenza sui pari, e propensione nei confronti di possibili avances da parte della ditta. Inutile dire che i danni del non allattamento (per la salute di mamme e bambini, per l’economia familiare, per i sistemi sanitari, per l’ambiente) non sono mai nominati nelle attività di marketing.

L’articolo conclude che l’industria mette in campo una serie di strategie sofisticate e altamente efficaci per trasformare le preoccupazioni di famiglie e operatori sanitari in opportunità per fare affari. Nel far ciò, distorce sistematicamente la scienza, accalappia genitori e operatori, altera l’opinione pubblica e influenza gli incaricati di elaborare politiche.

Porre un limite a questo marketing è necessario, ma non sufficiente. Bisognerebbe anche modificare o rimuovere le barriere strutturali e sociali che lo rendono possibile. Per far questo ci vogliono impegno politico e investimenti, con il sostegno della società civile. Nel frattempo, gli operatori sanitari e le loro associazioni potrebbero dare un taglio ai loro legami, finanziari e non, con l’industria, come ha fatto in Gran Bretagna il Royal College of Paediatrics and Child Health,(7) e in Italia l’Associazione Culturale Pediatri (8).

Adriano Cattaneo, Epidemiologo, Trieste

Bibliografia

  1. Pérez-Escamilla R, Tomori C, Hernández-Cordero S et al. Breastfeeding: crucially imporant, but increasingly challenged in a market-driven world. Lancet 2023; (published online Feb 7.) https://doi.org/10.1016/S0140-6736(22)01932-8
  2. Rollins N, Piwoz E, Baker P et al. Marketing of commercial milk formula: a system to capture parents, communities, science, and policy. Lancet 2023; (published online Feb 7) https://doi.org/10.1016/S0140-6736(22)01931-6
  3. M&C Saatchi World Services, WHO, UNICEF. Multi-country study examining the impact of marketing of breast-milk substitutes on infant feeding decisions and practices: commissioned report. Geneva: World Health Organization, United Nations Children’s Fund, 2022 https://apps.who.int/iris/handle/10665/354094
  4. WHO. Scope and impact of digital marketing strategies for promoting breastmilk substitutes. Geneva: World Health Organization, 2022 https://www.who.int/publications/i/item/9789240046085
  5. van Tulleken C. Overdiagnosis and industry influence: how cow’s milk protein allergy is extending the reach of infant formula manufacturers. BMJ 2018;363:k5056
  6. Helfer B, Leonardi-Bee J, Mundell A et al. Conduct and reporting of formula milk trials: systematic review. BMJ 2021;375:n2202
  7. Royal College of Paediatrics and Child Health. RCPCH statement on relationship with formula milk companies. Feb 13, 2019. https:// www.rcpch.ac.uk/news-events/news/rcpch-statement-relationship-formula-milk-companies
  8. Associazione Culturale Pediatri. Impegno di autoregolamentazione dei rapporti con l’industria. 2022 https://acp.it/it/codice-deontologico

fonte: saluteinternazionale.info

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