La catastrofe che arriva dalle viscere della terra, dai poeti latini a Dante, dal Vajont a Zamberletti, ci insegna che cosa serve per evitare un’ecatombe di morti, prima, durante e dopo. La storia politica di Erdogan punteggiata dai terremoti.
Stazio, un grande poeta antico, spiega a Dante cosa significhi la terra che trema. Dante, il nostro cronista, riporta accuratamente nel Purgatorio al canto XXI e seguenti quel che ha appreso dal collega. Il trambusto – chiamiamolo così – è causato da un’anima che ha pagato anni a sufficienza ed entra in Paradiso. Tra poeti ci s’intende.
L’effetto tellurico, il sisma, lo sconquasso non è avvertibile fuori dal Purgatorio, ma deve essere chiaro a tutti che si tratta di un fenomeno che trascende l’umana comprensione, un fatto esemplare, non solo una tragedia. Uno di noi si è salvato dalle fiamme eterne; dobbiamo certo rimpiangerlo: è morto uno di noi, un fratello, ma dobbiamo essere ugualmente felici e orgogliosi del perdono che ha meritato e alla fin fine ottenuto. Stazio ha pagato 500 anni per l’accidia e sei o sette cento anni almeno per la sua prodigalità. Ora è salvo, è libero.
Fuori di là, fuori dal Purgatorio, i terremoti sono presenti in ogni memoria umana e non dovrebbe essere difficile capirne la causa. Essi sono frequentissimi, più o meno forti. C’è in effetti una corrispondenza tra terremoti e zone abitate, per lo più prossime agli specchi d’acqua: di mari, di fiumi, di oceani; ma in fondo è là che vive la gente. C’è però – o c’è stata – un’interpretazione predominante che ancora sotto sotto serpeggia. I terremoti sono intesi dalle varie religioni come una volontà da parte di un dio di una qualche forma di sacrificio da ottenere, di punizione da infliggere. Non è difficile per i sacerdoti e i potenti trovare una colpa, un’omissione, un rifiuto, una disobbedienza che meriti il castigo, per poi punirlo ancora in modo umano, chiedere un sacrificio, un dono per scongiurare così un’espiazione ancor più crudele e minacciata. Per secoli la storia umana è andata avanti così.
LOT
Tra i terremoti più spaventosi e conosciuti della nostra breve storia umana è quello di Lot e della città che ha solo di recente raggiunto, dopo essersi separato da Abramo: Sodoma (Genesi,19). Lot “seduto alla porta della città” accoglie, come si faceva un tempo, ospiti stranieri sconosciuti, venuti chissà da dove: offre la casa e li difende dai sodomiti che volevano abusarne. Li difende al punto da offrire le sue due ragazze in cambio degli ospiti che sono sacri per lui. I sodomiti non accettano. Cambia la sequenza: Lot adesso è trascinato in casa dai nuovi amici che ha accolto; essi sbarrano le porte e poi accecano gli assalitori “giovani e vecchi”, impedendo così loro di entrare. Nella notte gli ospiti consigliano Lot di partire subito portando via moglie e figlie, e di andare lontano, senza voltarsi indietro. Come anche i bambini sanno, la moglie, si chiamava Or, è curiosa. Così Or si volta per guardare la città in rovina e in fiamme e subito si trasforma in una statua di sale. Quali poi siano stati i casi della vita di Lot e delle figlie, questo ai bambini non sempre lo si insegna. Ma torniamo ai fatti principali. Il Signore, dice la Bibbia, “fece piovere sopra Sodoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco” e poco dopo si legge che Abramo guardando la pianura dalla parte delle due città “vide che dalla terra si alzava un fumo simile al fumo di una fornace”. Zolfo, fuoco, fumo: un terremoto aveva già davvero queste caratteristiche? In molti cercarono nei secoli di capirci qualcosa, di raccogliere qualche segno costante per saperne di più.
PLINIO
Lo fece tra gli altri uno dei più celebri studiosi conosciuti nella storia antica, Plinio il vecchio. Plinio morì nel corso di un terremoto connesso a un’eruzione del Vesuvio. Tra una scossa e l’altra cercava di andare in aiuto con la flotta di cui era ammiraglio, alla popolazione della costa, compresa una sua cara amica. Voleva utilizzare le navi e voleva anche utilizzare la sua scienza; tra le tante cose che studiò e catalogò c’è anche la scienza della natura. Come ci si prepara a un terremoto imminente? Come ci si difende, come si scampa in tempo, se si può? Certo sono gli dei in azione; ma ci siamo anche noi che possiamo far qualcosa, perfino far muovere la flotta, per ridurre l’effetto dell’ira degli dei. E’ la furia di qualche dio, Nettuno, per fare un esempio sapiente, a causare il soqquadro, quindi non c’è niente da fare; ma è proprio sempre così? Un tempo, si facevano sacrifici a un dio concorrente e se ne ricavava qualche aiuto. Ma, più in generale, si può e come si può prevedere e anche prevenire il disastro? I segnali, possibili, da tenere presenti tra gli altri, sono almeno quattro, lo sapeva Plinio il Vecchio: “tremito leggero e tintinnio degli edifici”; agitazione degli animali, per esempio degli uccelli; acque dei pozzi torbide “con odore nauseabondo”; formazione di una nebbia “sismica”.
L’autore di questa rilettura di Plinio il Vecchio si chiama Helmut Tributsch e ha scritto un libro, “Prima del terremoto”, pubblicato anni fa da Armenia. So poco della questione, ma penso che Armenia sia un editore che vuole restare ai margini; tra i libri che consiglia vi sono anche “Parapsicologia come scienza” di J. Gaither Pratt o “Radio mentale “ di Upton Sinclair, o “L’uomo Lupo” di Italo e Paola Sordi. Tributsch dà molto spazio all’attenzione degli animali che precede il terremoto e insiste soprattutto sull’aerosol diffuso nell’aria che precederebbe l’evento tellurico. Sostiene anche Tributsch che la sua “nebbiolina” che precede il sisma è stata riconosciuta come un esistente e valido argomento di studio sui terremoti da alcune tra le riviste scientifiche più accreditate. Tutto sta nel riconoscere l’aerosol il più presto possibile e saperlo far capire agli interessati: i professori, i leader politici, la popolazione. In buona sostanza si sostiene che esiste (esisterebbe, potrebbe esistere) una scienza preventiva e possibilmente di massa da portare alla luce, da insegnare nelle scuole, tanto da convincere la gente, o almeno alquante persone, senza costringere nessuno con pratiche religiose o politiche. (Detto tra parentesi: è diffusa l’idea che Erdogan, il turco, si sia molto avvantaggiato nel successo elettorale per l’incapacità del governo in carica allora nell’affrontare il terremoto del 1999. Ora si troverebbe nella stessa situazione, nello stesso pericolo di essere spodestato).
Non è necessario stare fermi a bocca aperta, attendere inerti il disastro in arrivo. Ciascuno di noi, soprattutto in alcuni paesi, in alcune località, sa già abbastanza; il terremoto è una memoria di famiglia. Occorre inoltre conoscere le esperienze di altre popolazioni spesso terremotate: in Cina, in Giappone, in Medio Oriente, lungo le Ande cilene, in California, ma anche in Calabria, o seguendo l’Appennino. Ci si accorge di sentire di qua, di là il racconto degli stessi fenomeni, la vicenda di qualche spirito avventuroso o temerario che ha spostato in tempo persone in pericolo, famiglie e così via, avendo visto gli uccelli impazziti, i cani frenetici e spaventati, i pollai in rivolta.
MERCALLI
Di regola leggiamo i valori dei terremoti, contentandoci di conoscerne la portata con le scale Mercalli o Richter. Chi non ha sentito, non ha letto di animali in subbuglio, dalle formiche, ai serpenti, agli elefanti, in prossimità, subito prima di un terremoto?
Siamo cresciuti scherzando sulle dicerie raccolte dal primo dei due studiosi citati, scherzando sui suoi modi tanto desueti, e riflettendo di più sul Big One che l’altro individuerebbe. Quello che spesso ci sfugge è che tanto l’antiquato Mercalli che il più moderno Richter erano personaggi, anzi scienziati capaci di studiare e far crescere le conoscenze. Si prenda Giuseppe Mercalli, un prete di Milano, amico di papa Ratti, capace di sviluppare un’informazione preventiva, di raccogliere insomma i dati dei terremoti precedenti, decine e centinaia, nei secoli, tra forti e minori, in zone come la Calabria o il Piemonte, facendo leggere gli archivi, per esempio le memorie ecclesiastiche, per anni e decenni ottenendo così un quadro significativo di ciò che era avvenuto e di come le persone si erano comportate. Il risultato è la conoscenza approfondita del passato sismico di una zona e perfino una presunzione di un prossimo futuro non troppo diverso. Adesso sembra non scientifico, approssimativo, leggere la scala dei valori fisici dei terremoti di Mercalli, il quale, invece, con il suo sparuto gruppo di assistenti, devoti ma non laureati, informa su quanto è avvenuto, racconta la storia dei disastri e delle persone e consente (consentirebbe) di fare buon uso di quel poco che sappiamo.
Richter e gli scienziati come lui avevano strumenti di indagine capaci di registrare le variazioni profonde. E perciò misuravano con precisione gli spostamenti di terra e acqua (anzi: di tera e aqua, come dice la canzone). Impararono a disegnare le faglie e a spiegarne sviluppi e direzione raggiungendo una sorta di geografia del sottoterra: quali materie erano presenti, quali acque, quali percorsi, come la famosa faglia di Sant’Andrea che dovrebbe spaccare in due la California. Al cinema abbiamo imparato anche noi qualcosa; se non altro a entusiasmarci per il famoso Big One il disastro atteso nel futuro indecifrabile che recenti epigoni degli scienziati come quelli di Richter prospettano nel corso del 2024.
ZAMBERLETTI
Il cinema è un buon insegnamento, ma per i terremoti serve poco, in pratica. Nel Bel Paese (titolo scelto dal geografo Antonio Stoppani che tra l’altro fu il maestro di Mercalli) negli ultimi decenni è stato il Vajont il disastro più rilevante, ma sono in pochi a parlare nel caso di terremoto. Il monte Toc che sovrasta la vallata è crollato nel lago artificiale della centrale elettrica, provocando un’onda che ha sommerso Erto e Casso e più a valle, Longarone. Non era la prima volta. Il vicino monte Antelao ha avuto frane nel 1347, 1737, 1814, 1868. La memoria, gli archivi servono anche a questo, a non fare sciocchezze. La frana del Toc non era la prima, ma si era già verificata il 22 marzo del 1959 e il 4 novembre del 1960. Una giornalista dell’Unità, Tina Merlin, raccontò i fatti con preoccupazione suggerendo di fermare la diga e non riempirla di acqua e ottenne soltanto l’accusa di “sciacallaggio” da parte di Indro Montanelli. Questi accusava chi non era d’accordo con gli interessi dell’industria elettrica Sade che aveva ormai completato l’impianto; e insinuava trattarsi di figure al soldo dell’Enel, Ente Nazionale dell’Industria Elettrica, appena nato. Il 9 ottobre 1963 il Toc precipitò nel lago artificiale e l’onda di piena sommerse i paesi vicini e Longarone, più sotto, nella valle. Ci furono duemila morti. La Sade fu condannata attraverso un pugno di suoi dirigenti che avevano mentito per realizzare la centrale elettrica.
Una decina di anni dopo, sempre nell’Italia del Nord-Ovest ci fu il terremoto del Friuli. Qui nessuno tenne conto dei pericoli previsti dalla popolazione. Non fu però un terremoto in qualche modo simile agli altri: il governo italiano, per una volta, si mise in funzione un meccanismo che esiste ancora e non fa vergognare: la protezione civile, istituita nel 1992, dopo lunghe discussioni parlamentari e due gravi terremoti, Friuli e Irpinia-Napoli. Giuseppe Zamberletti, sottosegretario democristiano, fu incaricato di organizzare gli aiuti una prima volta e poi a cose fatte rimandato a casa. Racconta che lo richiamarono in servizio per il terremoto successivo, in Irpinia. Era avvenuto che Sandro Pertini, presidente della Repubblica, si era precipitato in Irpinia subito, quando la popolazione aspettava aiuti pratici, non presidenti. Ne uscì una baraonda di fischi, tanto che il ministro dell’Interno, Virginio Rognoni, richiamò Zamberletti che racconta in un’intervista a Inchiesta la storia della nascita della Protezione e financo le sue difficoltà di trovare quella volta un posto in aereo, richiamato finalmente in servizio.
Risulta, in altre parole, che si può sbagliare prima del terremoto, non riconoscendolo per quello che di fatto è (caso del Vajont) oppure fare male e poi bene dopo il terremoto (Friuli, Irpinia), ma che in ogni caso c’è un compito e una responsabilità da parte del governo, di ogni governo, come anche da parte di ricercatori indipendenti.
Si pensi soltanto allo specialista Ovgun Ahmet Ercan che, racconta Domani (9 febbraio 2003), ha fatto una stima di 180 mila vittime partendo dal numero di seimila edifici collassati, moltiplicato per il numero dei piani di ciascun edificio.
Proviamo a riflettere ancora una volta sugli effetti del sisma sulla vita e sulla morte delle persone, soprattutto di quelle indifese, come i bimbi o i molto vecchi. In alcune aree non si deve costruire, si deve sempre far uso di materiali e tecniche edilizie appropriate, progetti accurati e dedicati al bene comune. Esistono progetti contro il terremoto che si possono copiare, in un certo senso non costano niente, perché il terremoto, da questo punto di vista è un unicum, è materia di tutti.
Quando si “sente” arrivare il terremoto, allora non si deve accusare qualcun altro di sciacallaggio, come faceva quel tale, ma cercare, in fretta di capire e di spiegare agli altri. Quando poi il terremoto è arrivato, allora si deve sviluppare al massimo la collaborazione, la voglia di fare qualcosa, di dare una mano. Ciascuno di noi conosce qualcuno che ha rinunciato al suo lavoro e ai suoi affetti ed è partito per fare la sua parte di aiuto, mettendo a disposizione intelligenza, cultura, arte, braccia. Ci sarà sempre molto da fare, da ricostruire, da cambiare. Serve solo un po’ di pace; e muoversi in fretta.
fonte: sbilanciamoci.info
fonte immagine: https://www.today.it/mondo/famiglia-italiana-morta-terremoto-turchia.html – ANSA epa